Istat: "La pandemia ha accentuato il divario tra Nord e Sud". A rischio il 45% delle imprese

imprese-lavoro"Una "mappa della solidità" delle imprese indica che circa il 45% di esse è strutturalmente a rischio: esposte a una crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l'operatività. Queste imprese sono numerose nei settori a basso contenuto tecnologico e di conoscenza. All'opposto, solo l'11% risulta solido, ma spiega quasi la metà dell'occupazione e oltre due terzi del valore aggiunto complessivi": lo rileva l'Istat nel rapporto sulla coompetitività dei settori produttivi. "La crisi pandemica ha inciso anche sulle strategie di finanziamento delle imprese che, per fronteggiare la crisi di liquidità, hanno utilizzato un insieme ampio di strumenti nell'ambito dei quali il credito bancario ha rivestito un ruolo centrale. In generale, sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese per il 2021, le modifiche ai canali di finanziamento indotte dalla pandemia appaiono transitorie e legate per lo più alle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria. L'insolvenza di molte imprese, che costituisce il principale rischio nei mesi a venire per il sistema produttivo italiano, aumenta l'esposizione del sistema bancario a possibili trasmissioni dello shock dal segmento non finanziario, implicando possibili tensioni sia sui bilanci delle banche, sia sui rapporti banca-impresa", aggiunge l'Istat.

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La crisi scatenata dalla pandemia di coronavirus, inoltre, ha accentuato il divario tra le aree geografiche italiane. Secondo l'Istat, delle sei regioni il cui tessuto produttivo risulta ad alto rischio combinato, cinque appartengono al Mezzogiorno, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna) e una al Centro Italia (Umbria). Le sei regioni classificabili a rischio basso si trovano invece tutte nell'Italia settentrionale (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento).

Nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, l'istituto di statistica sottoliea che aanche utilizzando come unità di osservazione i 610 Sistemi locali del lavoro (Sl) emerge una chiara dicotomia nel Paese: dei 245 Sl ad alta o medio-alta fragilità, oltre tre quarti sono localizzati nelle regioni del Centro-Sud; tra queste ultime, Puglia, Campania e Basilicata si caratterizzano per un grado elevato di fragilità, con punte massime in Calabria, Sicilia e Sardegna. Oltre che tra Nord e Sud del Paese, le analisi evidenziano una dicotomia tra grandi centri urbani - caratterizzati da una maggiore diversificazione delle attività economiche - e le altre realtà locali, a specializzazione più elevata: indipendentemente dalla macro-ripartizione di appartenenza, le prime mostrano una fragilità di grado basso o medio-basso.