di Paolo Ficara – La misura è colma. Se il giocatore del Benevento non avesse fatto plank davanti a Ravaglia, in occasione del bel tiro di Acampora valso il pareggio al Benevento, oggi avremmo concentrato i commenti sui cambi di Pippo Inzaghi. Il quinto difensore messo sul 2-1 senza inserire alcun attaccante, poi, sul 2-2 per esempio.
Invece siamo qui a procedere per esclusione circa la questione arbitrale. Le cose sono due: o la Reggina non ha protestato nelle precedenti settimane – tramite il canale giusto, ossia il buon Mauro Balata già invitato per le passerelle di calendari e derby col Cosenza – oppure, se lo ha fatto, è riuscita a peggiorare la situazione.
Qualora non si fosse ancora verificata la seconda ipotesi, prima di ulteriori danni preferiamo spostare l’obiettivo. O se preferite, invertire l’ordine degli addendi. Se la Reggina non va dai vertici del settore arbitrale – per interposto canale – ci tocca sperare che accada il percorso opposto. Perché ci piacciono le soluzioni. Non i problemi. E qui il problema è enorme.
Qualora il presidente dell’AIA – Associazione Italiana Arbitri, per esteso – fosse uno qualsiasi, potremmo pure immergerci con muta da sub nel mare del qualunquismo. Ed insinuare nelle teste dei tifosi la teoria del complotto. La malafede. Laddove il mancato richiamo al var per l’oceanico fuorigioco del 2-2, non può passare come mediocrità o impreparazione.
Il caso vuole che il vertice degli arbitri sia Alfredo Trentalange. Uno a cui la Reggina sta simpatica più di alcuni componenti dell’attuale organigramma amaranto. Di gran lunga, il nostro fischietto preferito in mezzo a tutti quelli degli anni ’80 e ’90, ma diremmo di tutti i tempi. Il direttore di gara dello spareggio Reggina-Virescit. Colui che ha cordialmente accettato di arbitrare anche una partita di vecchie glorie a Reggio, a scopo benefico, nel 2015.
Non è possibile che Trentalange ce l’abbia con noi.
Dunque, qualora al presidente Trentalange passassero davanti le immagini del 2-2 di Reggina-Benevento, in assenza di gare di Serie A, può chiedere un approfondimento. Non per simpatia, ma per oggettiva assenza di problematiche più urgenti. Oltre che per evitare nuove topiche, che ricadrebbero sull’operato suo e del designatore Gianluca Rocchi. Può convocare il signor Zufferli assieme agli arbitri di Modena-Reggina e Parma-Reggina, nonché i rispettivi colleghi al var, per chiedere se c’è qualcosa che non va.
Può chiedere se per caso al “Granillo” qualche arbitro sia mai stato costretto a farsi la doccia con l’acqua fredda. O se la terna arbitrale, vedendo in qualche occasione che venivano offerti arancini alla dirigenza avversaria, si aspettasse uguale gesto di ospitalità. Possono sembrare sciocchezze, ma non lo sono. Specie se si sommano.
Così come è corretto capire se la presenza di un presidente come Marcello Cardona sia condizionante. Ci può stare che alcuni o tanti o quasi tutti gli arbitri, pur di mostrare rettitudine, nel dubbio tendano a non favorire mai la squadra di un ex collega. Ma il fuorigioco di domenica non è un dubbio: si deve capire se sia il segnale di una malcelata antipatia.
Se esiste un problema tra gli arbitri e la Reggina, è più facile che sia il capo degli arbitri a risolverlo. Rebus sic stantibus, è altrettanto facile che sia la Reggina a peggiorarlo.
Reggina-Benevento, le immagini che inchiodano Zufferli: il 2-2 è irregolare