Uno dei giocatori più iconici nella storia della Reggina, capace di ampliarne la fama a livello globale. Shunsuke Nakamura, due anni dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, si è concesso ai taccuini di Gazzetta dello Sport per parlare dei suoi trascorsi in maglia amaranto, nonché delle proprie intenzioni future.
Alla domanda del giornalista Francesco Pietrella su cosa sia la Reggina in un flash, Nakamura risponde prontamente: “Facile: il presidente Foti. Lo vidi per la prima volta in Giappone. Era il 2002. Mi si avvicinò e mi mise in mano la numero dieci della Reggina. Io ero un ragazzino, la Serie A era una sorta di Eldorado… poi iniziò a parlare in italiano. Non capivo niente. Ma fu convincente. Sono molto affezionato a lui. Ricordo riunioni in cui entrava in sala stampa o nello spogliatoio e iniziava a parlare ad alta voce. Lo faceva per spronarci. A volte succedeva anche all’intervallo”.
L’ambientamento della stella giapponese non fu semplice: “All’inizio, molto strano. Gli italiani erano diversi. Quando le cose andavano bene, eri un eroe. Uscivi in strada e ti assalivano, ti chiedevano autografi, ti offrivano caffè e ogni cosa. Era difficile perfino andare a fare la spesa al supermercato. Ne rimasi colpito. Ma ho amato Reggio e la Reggina, sono stato da Dio – sottolinea Nakamura alla Gazzetta dello Sport – Anche se quando le cose andavano male i tifosi entravano nel campo d’allenamento e si fermavano a parlare con noi. Ci chiedevano cosa non andasse e come mai avessimo perso qualche partita. Lì per lì avevo un po’ di paura. Qui da noi queste cose non si vedono”.
Collegato dalla sua Yokohama, Nakamura svela anche chi era il suo migliore amico alla Reggina: “Giovanni Morabito. Nel mio primo anno, il 2002-03, stavamo sempre insieme. Lui è nato e cresciuto a Reggio, mi prese sotto la sua ala, giravamo la città. Inoltre, i suoi genitori avevano una pizzeria e mangiavamo lì. Ma dormire in camera con lui era un incubo. Ricordo una delle prime sere, in ritiro. Uscì dal bagno in mutande e andò a dormire così. Noi, in Giappone, stiamo sempre in pigiama. Quante risate ci siamo fatti, è un ottimo amico”.
Spazio anche agli allenatori: “Bortolo Mutti è stato un secondo padre – rivela Nakamura alla Rosea – mentre con Walter Mazzarri comunicavamo a gesti, o scrivendoci sui fogli. Ma grazie a lui, ho imparato molto. L’avversario a cui sono più legato? Roberto Baggio. Il 5 ottobre 2002, segnai il mio primo gol su punizione al Granillo, contro il suo Brescia. Ora voglio fare l’allenatore. Ammiro il Como di Fabregas, stravedo per Simone Inzaghi”.