di Paolo Ficara – D come Disastro. Per il secondo anno consecutivo, la Reggina non riesce a vincere sul campo il proprio girone interregionale. Per quello che è il blasone e la storia della piazza di Reggio Calabria, è un risultato inaccettabile. Tuttavia, come più volte scritto nelle ultime settimane, ci inchiniamo davanti alla squadra. A prescindere dal secondo posto finale.
Quattordici vittorie su sedici incontri nel girone di ritorno, di cui dieci consecutive. Tutti tecnicamente inferiori, gli avversari mandati al tappeto. Ma non è affatto facile mantenere la concentrazione e la forma, specie quando sei costretto ogni settimana ad inseguire una chimera. I senatori che hanno spinto affinché si interrompesse il rapporto col primo allenatore stagionale, Rosario Pergolizzi, hanno poi profuso massimo impegno dopo aver condiviso col club la scelta di richiamare Bruno Trocini.
“Non c’è altro posto al mondo in cui vorrei essere, se non qui in questo momento”. Questa la frase da libro cuore di Trocini, all’atto della sua ripresentazione a Reggio Calabria. La realtà può offrire altre sfumature: non c’è altro posto al mondo in cui lo hanno chiamato ad allenare, se non qui. Per due anni di fila, l’unico a levarlo dal divano di casa è stato il maestro Nino.
Si è detto che Trocini abbia ripreso da subito le fila del lavoro interrotto a primavera 2024. Vero è che ha debuttato con una vittoria esterna, così come è vero che quella Vibonese non ha superato la metà campo più per demeriti propri. Se di impatto felice si è trattato, allora non si spiegano i successivi pareggi contro Pompei e Nissa, nel girone d’andata. Mezzi risultati che hanno fatto accumulare alla Reggina un gap mai più recuperato. Pergolizzi ha lasciato la squadra a -2 dalla vetta, ed in quel -2 c’era anche il pareggio ottenuto in casa di un Akragas poi ritiratosi.
Pergolizzi prima e Trocini dopo, avrebbero dovuto fare la differenza negli scontri contro le uniche due formazioni attrezzate per primeggiare. Ossia Scafatese e Siracusa. Vuoi per sfortuna (vedi il palo di Ragusa al “De Simone”), vuoi per fase rem quando il Siracusa ci ha martellato nella nostra metà campo al “Granillo”, non c’è stato verso. Al big-match Reggina-Siracusa, gli amaranto ci sono arrivati a -3 “grazie” alla gestione Trocini. E sulle oggettive responsabilità del mister in quella singola gara, ci siamo già soffermati a caldo. Ha fatto la differenza, ma in negativo.
E ora veniamo alla società, con dirigenza annessa. La filosofia di non effettuare il passo più lungo della gamba, in linea generale, potremmo anche condividerla. Contestualizzando, riteniamo difficile applicarla a Reggio in Serie C o D. Campionati in cui serve solo arrivare primi. Fatta questa doverosa premessa, riteniamo che questa società e questa dirigenza abbiano due grossi problemi. Primo: la gamba è cortissima. Secondo: la lingua è esponenzialmente più lunga della gamba.
Partiamo dal primo problema, che è quello dirimente. La scorsa estate, alla Reggina sono stati accostati diversi giocatori importanti per la categoria. Quasi tutti, accasatisi altrove. Restringiamo il cerchio a quattro di questi. Il difensore Baldan ed il centrocampista Candiano, che ben presto hanno firmato per il Siracusa; e gli attaccanti Loiodice e Malcore, persuasi dal Casarano.
Adesso immaginate i prossimi svincolati di lusso del calcio mondiale, come il difensore Alexander-Arnold ed il centrocampista De Bruyne, che ricevono proposte da Juventus ed Udinese. Ed entrambi scelgono di accasarsi in Friuli. Oppure, tornando indietro alla scorsa estate, Mbappè che declina la possibilità di indossare la maglia del Real Madrid per firmare con il Girona. Alla Reggina non è accaduto nulla di diverso. Non uno, non due, non tre, ma almeno quattro giocatori determinanti per la Serie D non hanno accettato la corte del club che è di gran lunga il più blasonato, in mezzo alle 168 partecipanti iniziali sparse nei nove gironi. Perché evidentemente non c’era il portafogli adatto. L’ex ds Pellegrino lo aveva capito, e si era dimesso. Risultato: il Siracusa (con Baldan e Candiano) ha vinto il girone I davanti alla Reggina, il Casarano (con Loiodice e Malcore) ha vinto il combattutissimo girone H con due turni d’anticipo.
I numeri dell’attacco amaranto, in teoria, sono più che buoni. Doppia cifra sia per Barranco che per Ragusa, entrambi rinforzi estivi. Ma con tutto il rispetto per Acireale, Enna, Licata e compagnia cantante, torniamo sempre lì. Quanti gol hanno segnato gli attaccanti della Reggina, negli scontri diretti contro Scafatese e Siracusa? Zero. È servito il difensore Girasole, per sfruttare le palle inattive grazie al gioco aereo.
Ad inizio stagione c’era in organico Marko Rajkovic, sparito dai radar proprio dopo Siracusa-Reggina. Non torniamo qui sul discorso del permesso di soggiorno. Sta di fatto che un centravanti di peso come il serbo, non è stato sostituito. Il direttore sportivo Bonanno, aveva dichiarato che in ogni caso c’era Rosseti. E lo abbiamo visto, Rosseti. In tribuna. Stesso luogo dove, ultimamente, si è accomodato anche il portiere Martinez. Entrambi con il premio presenza. Rajkovic si è poi accasato al Brindisi, diventando capocannoniere del girone H con 15 reti. Nonostante fosse arrivato in Puglia a dicembre. Sarebbe servito Rajkovic al ritorno contro Scafatese e Siracusa? Non abbiamo la controprova. Ma la presa in giro sul suo mancato rimpiazzo, si poteva evitare.
E ora passiamo al secondo problema: la lingua oltremodo lunga.
Il termine attribuito dai reggini al proprio acerrimo rivale calcistico, sia verso la tifoseria giallorossa che a chi la rappresenta, è quello di buddace. Ossia, per chi non lo sapesse, un pesce dalla bocca sempre aperta. Metafora utile per etichettare chi parla e straparla prima che si arrivi alla resa dei conti, credendo sia tutto facile e scontato, per poi uscirne spesso sconfitto. Oggi bisogna prendere atto che se il maestro Nino ed il megagalattico Peppe Bocconi fossero alla guida del Messina, sarebbero oggetto di scherno quotidiano a Reggio Calabria. Ed invece, ce li abbiamo in casa nostra a comandare.
Peppe Bocconi, poco prima di Pasqua, era euforico. Ricostruendo le sue varie ospitate, si vantava di essere ad un soffio dal primo posto, di aver riaperto il negozio e di aver rifondato il settore giovanile. Gonfiando il petto nel sostenere che a questa società bisogna dire grazie e tributare un plauso. Ma grazie di che? Cosa ha vinto? Oltre a tenere costantemente informata la popolazione su come si veste e sui posti che frequenta, per via della miriade di foto pubblicate tramite social, la sua presenza a cosa serve? Quale contributo concreto ha offerto alla causa amaranto? Il dossier post Caltanissetta? Lo slogan della campagna abbonamenti è – era – “UniCo Obiettivo”, chissà chi lo ha ideato.
“Da questo momento, chiusa ogni trattativa. Dobbiamo pensare tutti quanti insieme, tranne due o tre che non ce ne frega niente, a creare le condizioni per vincere il campionato. Chi sta con noi, bene. Chi non sta con noi è contro la Reggina”. Indovinate un po’ a chi appartiene questo virgolettato. Indizio: risale al 5 gennaio scorso. No, lui non possiamo etichettarlo come buddace. C’è il rischio che si offenda… qualche messinese. Se nella sua università si studia Sciascia, magari avrà presente il concetto di quaquaraquà.
Ma se veramente era convinto di vincere il campionato, forse senza nemmeno arrivare a mettere a budget i due terzi del monte ingaggi del Siracusa, allora deve essere molto credente. Sperava in un miracolo. In tal caso, meglio citare il cinico Diogene di Sinope: “Il successo e la prosperità degli improbi, argomentano contro ogni idea di provvidenza divina”.
In mezzo a 20 mesi di bave, riportiamo solo quella frase del 5 gennaio perché ci è rimasta particolarmente impressa. Sia per la pantomima di mettere in vendita la Reggina e poi ripensarci dopo due vittorie. Ma soprattutto perché, per la prima volta, ad un tifoso del Catania è stato concesso il lusso di venire a Reggio e bollare come nemico chi è cresciuto a pane e Reggina.
Le chiacchiere stanno a zero, come il numero di promozioni ottenute. Peccato però che per il business plan, a quest’ora la Reggina dovrebbe avere i documenti già pronti per iscriversi in Serie B.
Vengono vantati i risultati del settore giovanile, con Under 19 ed Under 17 capaci di sconfiggere nientepopodimeno che il Fasano (ai rigori) ed il Rosina. Un’impresa degna del famoso Domenico Joni, detto Meco. Lo stesso centro sportivo in cui sono stati allevati un Campione del Mondo (Perrotta) ed uno d’Europa (Di Lorenzo), oggi vede pullulare figli di papà che mettono in imbarazzo i compagni, oltre che in forte difficoltà gli allenatori. Ne ha fatto le spese Tobia Assumma, esonerato nei mesi scorsi con tanto di comunicato delirante. Dove gli si rimproverava lo scarso utilizzo di giocatori attenzionati da club di A e B. Assumma nel frattempo è tornato alla Lazio, come responsabile dell’attività di base. Forse era lui quello attenzionato da un grande club.
A meno che non accada qualcosa di clamoroso, in settimana dovremo dedicare qualche pensiero ai veri artefici di questo vergognoso scempio: Falcomatà, Brunetti e Versace.