di Paolo Ficara – A livello mediatico, attorno alla Reggina e a ciò che astrattamente ne resta, il 2023 si è chiuso come o peggio del 2022. Ed il 2024 è iniziato come o peggio del 2023. L’unica differenza è che i neuroni della tifoseria amaranto, in percentuale, sembrano reagire con maggiore lucidità di fronte agli ennesimi ed ingiustificati tentativi di travisare la realtà. Per disegnare un iperuranio al quale in pochi, stavolta, hanno abboccato.
Da qualche mese, Gabriele Gravina è preso di mira dagli insulti di diversi tifosi rimasti orfani della propria Reggina. Non sta a noi giudicarne l’operato complessivo da presidente della Figc, ma forse è ora di spezzare una lancia in suo favore. Non che ne avverta bisogno, ma un ripasso di storia recente può risultare utile.
Si tratta dello stesso Gabriele Gravina che era presidente della Lega Pro nell’estate del 2016. Quando la società che aveva appena mutato la propria denominazione da Asd Reggio Calabria ad Urbs Reggina, otteneva il ripescaggio in Serie C. Dopo essersi piazzata quarta in D, dietro la Frattese e la Cavese. Gravina, sempre lui, era anche il presidente di quel Consiglio Federale che ufficializzava la promozione sul campo della Reggina nel giugno 2020. In barba a qualche consigliere della Lega Pro, che voleva farci disputare i playoff solo per invidia e non di certo da regolamento.
Quindi ci rifiutiamo di pensare che il presidente Gabriele Gravina ce l’abbia con la Reggina e con la città di Reggio Calabria. I fatti, nemmeno troppo datati, dicono l’esatto contrario.
Ora, è vero che da parte di Gravina non è stata espressa alcuna parola di conforto verso i tifosi, all’atto della prima bocciatura dell’iscrizione della Reggina nel luglio scorso. Magari sarà stata una dimenticanza. Ma come si sarebbe dovuto comportare verso una società che lo ha sfidato in più modi? Bucando due scadenze federali, unica in Serie B. Non impugnando quel famoso comunicato di aprile, in cui si imponeva un’omologa definitiva per l’iscrizione. Infine, non pagando l’Erario entro il perentorio termine federale del 20 giugno, pur avendo usufruito del 95% di sconto.
Fosse stato Lillo Foti o qualche altro illustre reggino a presiedere la Figc in quel frangente, difficilmente avrebbe potuto chiudere entrambi gli occhi.
Anzi, ci sembra che Gravina sia stato molto lucido nell’evidenziare come, per una ripartenza dalla Serie D, non bisognava andare troppo avanti con i ricorsi. Era un consiglio, non una minaccia. Per l’immediato futuro, paradossalmente, l’unico nume tutelare è proprio lui: dovrà assicurarsi che un altro eventuale ripescaggio – in Serie C – venga chiesto solo da chi avrà acquisito marchio ed identità della Reggina. Niente favori ai pellegrini. Dovrà vigilare dove noi, come città, non siamo stati fin qui capaci.
Quindi può dormire sonni tranquilli circa paventate, teorizzate e probabilmente inesistenti indagini a suo carico per l’affaire Reggina. Da presidente federale, a livello nazionale, ha sicuramente chi lo difende per partito preso o per interessi politici. E chi lo attacca per gli stessi identici motivi. Dispiace si strumentalizzi il risentimento di una tifoseria che ha vissuto il dramma di precipitare all’inferno, e che è ancora alla ricerca di diavoli. Magari non avendo ancora riconosciuto chi ci ha logorato dall’interno, dato che ai veri falliti viene ancora offerto un microfono.
In termini di digressioni a scoppio ritardato, non merita troppe righe quella confusione di fine anno sulla Cassazione ed il cammino giudiziario della Reggina 1914. Noi siamo ancora in Corte d’Appello, a Reggio. Il quale organo, prima o poi deciderà se accogliere o respingere i ricorsi avverso l’omologa.
Magari il recente pronunciamento della Cassazione circa l’inappellabilità degli Enti, farà giurisprudenza. Ma nel caso della Reggina, il primo appellante è stato il Brescia. E parliamo di un’omologa al 5% verso l’Erario, con un Governo che ha sollevato immediatamente gli scudi: modificando la legge, e portando la percentuale minima al 30%. Certi discorsi su fantomatici ripescaggi direttamente in B, creano solo ingiustificata confusione. Ed anche chi li articola, sa benissimo che non poggiano da nessuna parte.
Se augurassimo un buon 2024 a Felice Saladini, difficilmente non risulteremmo sarcastici. In sincerità, sarebbe ora di concludere la fase d’astio nei suoi confronti. Non perché non si meriti le offese. Ma nessuna di queste potrà mai ricambiare l’offesa che lui ha fatto a noi, cancellando la Reggina dal professionismo e condannandoci alla polvere per chissà quanto tempo.
Se dobbiamo impiegare energie e fiato per lui, chiediamogli di parlare. O pubblicamente o nelle sedi opportune. Dica una buona volta non tanto il motivo per cui non ha versato quei soldi per tempo all’Erario. O, ancor peggio, non ha impugnato il comunicato Figc di aprile 2023 vero punto sul quale si è fondato il pronunciamento del Consiglio di Stato. Ciò che Saladini dovrebbe chiarire è il motivo per cui si è preso la Reggina. O gli è stata messa nelle mani, magari ignorando qualche altro potenziale acquirente, nel giugno del 2022.
Sapere quanto c’è di vero e quanto di fantasia popolare, nell’immaginare una connessione tra la cancellazione della Reggina, il ripescaggio del Brescia ed il fatto che il commercialista di Saladini sia proprio di Brescia, non ci restituirà la Serie B. Anche perché, quando è stata richiesta l’omologa, nessuno poteva prevedere che proprio il club di Massimo Cellino – tra i più affezionati clienti del celebre studio Tonucci – sarebbe retrocesso al playout. Riparare il danno è impossibile. Prevenire danni futuri è invece possibile. Ed in questo, Saladini può tornare utile.
Saladini dica pubblicamente o nelle sedi opportune su quale torbida giostra sono girati i destini della Reggina. Chi, dopo aver favorito il suo arrivo a Reggio Calabria, lo ha tenuto in pugno. Spieghi come mai ogni volta che stava per prendere qualche decisione forte, come ad esempio qualche significativo cambio in dirigenza ad inizio mandato, è stato bloccato. Parli, Saladini. Ormai è stato abbandonato un po’ da tutti. Individuato come unico carnefice della Reggina. Noi sappiamo che non è così, avendo scritto più volte che i disastri non sono mai colpa di una persona sola. E lo sa anche lei.
Parli, Saladini. Scelga lei, stavolta, da che parte stare. Trovi il coraggio che non ha avuto il suo figurante, il quale aveva messo le mani avanti circa l’iscrizione a pochi giorni dal gong, salvo tentare di lavarsi la coscienza a settembre. Dica quali tentacoli avvolgono la Reggina ed il Sant’Agata. Ormai non ha più nulla da perdere. E forse, nemmeno noi.