“Ritengo che i sentimenti di affetto e riconoscenza ed il profondo senso della memoria collettiva che pervadono il tessuto di una comunità non possano certo essere condizionati dall’esistenza di una statua o dalla sua eventuale collocazione.
Fatta questa doverosa premessa, intendo spiegare pubblicamente i motivi della mia partecipazione all’iniziativa di “flashmob”, organizzata dalla fondazione Mancini, durante la quale ho manifestato solidarietà e condiviso i sentimenti di indignazione per una scelta sinceramente incomprensibile, pur non potendo condividere alcune affermazioni forti, in quella sede rivolte da alcuni oratori all’attuale Sindaco (senza peraltro mai nominarlo esplicitamente) ed evidentemente dettate dalla reazione emotiva del momento.
Tuttavia, a mio modo di vedere, il principale messaggio sociale e politico di tale iniziativa,da rivolgersi a tutta la comunità cosentina a prescindere dall’appartenenza all’una o all’altra “tifoseria“, è il seguente: ogni volta che si adottano scelte arbitrarie, contraddittorie, e, soprattutto, incomprensibili, che risultano così divisive per la comunità amministrata, si è collocato un tassello nel percorso di fallimento della propria azione amministrativa.
Parliamoci chiaramente: la convenzione con la famiglia Bilotti era esistente e ben conosciuta da uffici e amministratori comunali anche al momento dell’adozione della delibera di giunta relativa alla collocazione della statua. In quel frangente, evidentemente, hanno prevalso ragioni di opportunità e anche il principio, di recente affermato dal Sindaco, che prevede di collocare le statue dei personaggi celebrati nei luoghi i cui toponimi sono agli stessi dedicati, non ha preoccupato troppo l’Amministrazione, considerato che Piazza Mancini esisteva già e, ciononostante, la statua è stata collocata in una piazza, tra le più belle di Cosenza, anch’essa riqualificata dalla precedente Amministrazione e da quest’ultima intitolata alla memoria dell’illustre sindaco Carratelli.
E così, in spregio ad atti amministrativi consolidati (e anche al garbo istituzionale) il Sindaco ha deciso di collocare la statua in quella sede (primo abuso), sostenendo l’iniziativa della Fondazione e presenziando con la fascia tricolore alla cerimonia inaugurale, tenuta in pompa magna.
Oggi, di punto in bianco, lo stesso Sindaco, invece di difendere coerentemente la sua scelta (cosa che appare facilmente possibile poiché riesce difficile credere ad una reazione ostinatamente contraria della famiglia Bilotti rispetto alla collocazione su Corso Mazzini), si rende protagonista di un clamoroso dietrofront adottando (o, forse, assecondando) una scelta completamente diversa, fondata su argomentazioni che appaiono pretestuose e comunicata con modi che ricercano poco il dialogo. Questo è il secondo abuso, perpetrato nei confronti dei principi etici della sensibilità e del diffuso sentire della comunità amministrata, che si sente spaesata da chi, guidandola, ritiene di poter fare e disfare a piacimento senza porre delle ragioni comprensibili. E quando non si comprendono bene le ragioni, ognuno è legittimato a ipotizzarne alcune che ai propri occhi appaiono più credibili, anche se poco edificanti. Durante il flash mob c’era chi interpretava la nuova posizione come una ripicca nei confronti della Fondazione e di Giacomo Mancini (nipote) per le recenti uscite pubbliche di critica e contestazione all’operato dell’attuale amministrazione, chi, invece, individuava la causa in un possibile sentimento di soggezione che l’attuale Sindaco proverebbe nei riguardi della storica figura socialista. A me, certamente, le ipotesi retrosceniste e le cause interessano poco; mi interessano, però, gli effetti e dico solo che, con tanti problemi che attualmente attanagliano la città di Cosenza, questa speciosa diatriba poteva tranquillamente essere evitata. Ma questo, purtroppo, accade quando gli abusi si sommano e non si compensano”.
E’ quanto si legge in una nota del consigliere comunale di Cosenza, Francesco Caruso.