“Nessun biasimo dovrebbe seguire al dire la verità. Ma lo fa, lo fa” - Anita Brookner
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La lettera aperta di un cittadino: “Una riflessione su libertà, responsabilità e partecipazione… dopo un’occasione mancata!”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di un cittadino:

“Lo ammetto: tornare al seggio on mi ha fatta sentire potente, né orgoglioso. Ma mi ha fatto sentire presente.
Ho votato perché credo che non si possa chiamarsi fuori, nemmeno quando il contesto è scoraggiante, nemmeno quando tutto sembra deciso. Quando si parla di diritti, di lavoro, bisogna capire che si parla di persone. Quando non si vota, si dice: “non mi interessa!”, “tanto non cambia nulla”, “è una trappola politica”. E può anche darsi che ci siano ragioni valide per pensarlo. Ma la verità scomoda che resta è che: non scegliere è già una scelta. Un a scelta che consegna la democrazia al silenzio. Una scelta che lascia gli altri a decidere.
Il punto cruciale, senza farne un discorso politico (sono il meno adatto), è che non si tratta di numeri. Si tratta di riconoscere diritti e di riconoscere come nostri chi vive accanto a noi che viene valutato come una “non priorità”. C’è una violenza silenziosa che non usa i manganelli e che passa sotto traccia. Non ha manganelli, non fa notizia. È la violenza di escludere, di ignorare, di lasciare che tutto resti com’è, anche quando fa male. Io che lavoro nel sociale e si è battuto per anni per i diritti dei più fragili conosce bene questa “violenza” che per molti è solo incapacità di includere la diversità che è ricchezza sociale. Non serve distruggere per essere complici: basta non esserci.
Essere liberi, come si pensa, non significa semplicemente “fare quello che vogliamo”.
Significa assumerci la responsabilità e il peso delle nostre scelte, sapere che anche il nostro silenzio, la nostra stanchezza, il nostro cinismo hanno un impatto. Siamo liberi davvero nella misura in cui partecipiamo. Siamo davvero vivi nella misura in cui ci sentiamo responsabili del mondo che contribuiamo a costruire.
Spesso viviamo come fossimo spettatori della politica, come se le decisioni ci piovessero addosso. Ma ogni occasione persa per partecipare è un pezzo di società che lasciamo in mani altrui.
E allora no, non è vero che “non cambia nulla”, Cambia eccome, ogni volta che ci tiriamo indietro.
Ma noi, siamo ancora capaci di ascoltare, di esserci, di scegliere?
O ci va bene così: aspettare, lamentarci, e poi voltare pagina?
Queste parole non vogliono essere uno strumento politico, né un attacco né a questa o quella parte.
Sono semplicemente il frutto di un pensiero libero, di un cittadino che osserva, riflette, si interroga.
Parlare di democrazia, diritti e coscienza civica non dovrebbe essere mai un atto diviso.
È, al contrario, un invito a ritrovare ciò che ci unisce. L’essere presenti, l’essere parte.
Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo a chi è venuto prima.
Ma soprattutto, lo dobbiamo a chi verrà dopo: ai nostri figli, che ereditano il mondo che oggi scegliamo, o decidiamo, di costruire”.

Giuseppe Foti

 

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