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Inchiesta sul porto di Badolato: confermata revoca confisca dei beni a imprenditore Saraco

La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Catanzaro contro la revoca della confisca dei beni dell’imprenditore Antonio Saraco, coinvolto nell’inchiesta sul porto di Badolato. Una intricata vicenda iniziata nel 2016. In seguito all’inchiesta venne disposto il sequestro di tutti i beni immobili, dei conti correnti, personali e delle società, riconducibili allo stesso Saraco ed all’intero suo nucleo familiare, per un valore, stimato dagli inquirenti, di circa 25 milioni di euro. Il sequestro si trasformò in confisca disposta dal Tribunale di Catanzaro nel corso del giudizio penale. Parallelamente, sempre sugli stessi beni, un nuovo e diverso sequestro fu disposto dal Tribunale misure di prevenzione. Anche questo fu poi commutato in confisca una volta che intervenne la decisione finale del giudice della prevenzione. I beni erano quindi sottoposti ad un doppio vincolo, uno in sede penale e l’altro in sede prevenzionale. La difesa dei Saraco, nelle due diverse sedi giudiziarie, aveva, fin dall’inizio, invocato l’espletamento di una perizia per accertare la fondatezza della contestazione di illegittimità della provenienza dei beni, senza trovare accoglimento. Da qui le impugnazioni dei due decreti di confisca che sortirono effetti diversi. La confisca nel giudizio penale, confermata dalla Corte di appello, fu annullata dalla Corte di Cassazione. Da qui un nuovo giudizio in appello che si è concluso, dopo che fu disposta una perizia, con l’annullamento e la revoca della confisca, essendo risultato del tutto legittimo il patrimonio immobiliare ed economico riconducibile alla famiglia Saraco (di cui fanno parte un avvocato civilista ed un commercialista, tra l’altro titolari di importanti redditi autonomi). Contro il decreto di annullamento aveva presentato ricorso in Cassazione il sostituto procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro, sostenendo l’esistenza di vizi di legittimità del decreto. Da qui l’udienza celebrata in Cassazione il 30 maggio e conclusa con una sentenza di inammissibilità del ricorso del procuratore generale di Catanzaro. Il procuratore generale della Cassazione aveva concluso per il rigetto del ricorso, mente i difensori delle parti, gli avvocati Francesco Gambardella ed Raffaella Tolotta, avevano chiesto espressamente che fosse dichiarata l’inammissibilità. Stessa sorte, e cioè sentenza di inammissibilità, aveva avuto l’altro ricorso che, sempre il Pg di Catanzaro aveva presentato contro il decreto con cui la Corte di appello aveva revocato la confisca disposta dal Tribunale misure di prevenzione. Il giudizio aveva anche avuto una biforcazione in quanto, pur essendo stata disposta la confisca, era stato revocato il sequestro per inutile del decorso del tempo massimo entro cui pronunciare un decreto definitivo. Da qui un nuovo decreto di sequestro che, però, fu annullato anche perché furono ravvisati profili di abnormità. Con l’ultima sentenza della Cassazione è stato definitivamente riconosciuto, con triplice controllo ed in due diverse sedi giudiziarie, come i beni della famiglia Saraco sono legittimi. In tutti i gradi di giudizio e nelle due diverse sedi giudiziarie (penale e di prevenzione) Antonio Saraco è stato difeso dall’avvocato Francesco Gambardella, mentre i suoi familiari, terzi interessati, sono stati difesi dagli avvocati Raffaella Tolotta, Giuseppe Della Monica e Sergio Scicchitano.

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