Questo codice degli appalti rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti fino ad oggi per contrastare la corruzione nella realizzazione delle opere pubbliche, a scapito di tutte quelle aziende sane che contribuiscono con il loro lavoro trasparente alla crescita e allo sviluppo del nostro Paese e che si collocano su un livello di confronto paritario con tutte le altre imprese europee.
Il nuovo testo rafforza la tesi del massimo ribasso come elemento premiale per vincere un bando, a cui fa eco però un aumento della revisione dei prezzi all’80% vanificando così il ribasso ad aggiudicazione avvenuta e utilizzando il percorso delle varianti in corso d’opera.
E che dire del programma di diminuzione e qualificazione delle stazioni appaltanti, quando il nuovo codice eleva l’importo a 500.000 euro per l’affidamento diretto, dichiarando di voler sostenere i piccoli comuni?
Senza contare tutto ciò che riguarda le decisioni in merito al subappalto senza limiti e senza controlli, alle varianti in corso d’opera, fino all’ampia suddivisione in lotti di un unico appalto e la possibilità che la stessa impresa si aggiudichi più lotti con il general contractor, oltre alla decisione di riesumare al 100% l’appalto integrato che ci riporta indietro al 2001 con la legge obiettivo di cui sono noti i fallimenti ottenuti.
Il nuovo codice non è certo uno strumento di semplificazione, ma è piuttosto un arretramento in termini di sicurezza, qualità del lavoro e stabilità occupazionale. C’è la necessità in questo Paese di qualificare il settore delle costruzioni, tutelando i lavoratori e favorendo le imprese serie e strutturate che investono in qualità.
Il codice degli appalti non può non essere lo strumento attraverso il quale le imprese si selezionano distinguendo tra quelle virtuose e qualificate da quelle che sfruttano.
Il rischio è che il nuovo testo si traduca in meno tutele per i lavoratori e per la legalità dell’intero settore delle costruzioni”. Lo afferma in una nota Maria Elena Senese, Segretario generale FenealUil Calabria