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Il “Telesio” di Cosenza e la “memoria necessaria”

“Memoria non è ciò che ricordiamo, ma quanto ci ricorda, è un presente che non finisce mai di passare. Siamo noi la nostra memoria e nostra è la responsabilità che ci assumiamo nei suoi confronti. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.

Esordisce così Carlo Fanelli docente di discipline dello spettacolo dell’Università della Calabria, che sabato 27 gennaio sarà al Liceo Telesio per contribuire a riempire di senso la giornata internazionale della memoria.

“Memoria che- afferma ancora Fanelli- ci costringe a misurarci con una delle esperienze più tragiche e orribili del Novecento. Dobbiamo interrogarci senza scansare lo choc che indurrebbe alla dimenticanza, andare consapevolmente incontro al dolore restando nelle immediate vicinanze dell’orrore. Senza che- conclude il docente dell’Unical- la memoria venga danneggiata dal rumore, dalla retorica, dalla ripetizione, ma resti viva insieme all’impegno delle generazioni di testimoni passate, presenti e future che impedisca che un simile evento possa ripetersi”.

“Questo è ancora una volta il senso dell’incontro rivolto agli studenti- fa eco il Dirigente scolastico del Telesio Domenico De Luca- fornire loro gli strumenti per leggere nella storia passata e presente; stimolarli per tenere accesa una coscienza dialogante che si interroghi e spinga a reagire ed agire contro le ingiustizie che attentano ai più elementari diritti umani”.

Filo conduttore della mattinata: il ruolo del Cinema, della musica, dell’arte per rafforzare e raccontare il valore della Memoria. A tal proposito sarà interessante tra gli altri l’intervento di Danilo Guido, sassofonista, che parlerà ai ragazzi degli stati d’animo in musica come veicoli per la memoria. A portare i saluti della rete Universitaria per il giorno della memoria la Responsabile Alessandra Carelli, la quale evidenzia come “Il rapporto fra arte e Shoah risalga all’epoca in cui lo sterminio ebbe luogo. Già allora un congruo numero di artisti decise di rendere testimonianza di quanto stava accadendo in Germania, in Italia e in Europa attraverso il linguaggio che era loro proprio: quello dell’arte, appunto. Fra costoro, molti furono soggetti a discriminazione, internamento o sterminio in quanto ebrei, come per esempio Corrado Cagli, Antonietta Raphaël, Nathan Rapaport o Alexander Bogen. Alle opere d’epoca sono andate via via affiancandosi centinaia, migliaia di altre, fino ad oggi. Protagonisti del contemporaneo hanno affrontato la Shoah, da Richard Serra, Jannis Kounellis e Daniel Buren a Maurizio Cattelan. Questa seconda linea di riflessione o d’ispirazione, piuttosto che di testimonianza in senso stretto, attesta l’impegno verso la più grande tragedia del genere umano del ‘sistema’ dell’arte, alle volte considerato fatuo o radical chic. Anche i Musei- conclude la Carelli- hanno avuto la loro parte, specie in Israele ma non solo. Fin dal 1949 Beit Lohamei Hagetaot, la Casa dei combattenti del Ghetto di Varsavia, a nord di Naharia, ha iniziato a raccogliere opere a tema. A Gerusalemme, Yad Vashem è sorto un istituto a sé stante, l’ Holocaust Art Museum. Oggi le attuali frontiere della ricerca e dell’accademia giudicano l’arte una linea disciplinare tra le più avanzate ed imprescindibile nello studio e soprattutto nella tutela della Memoria.”

Durante l’incontro, ospitato nell’aula Magna del Liceo, anche gli studenti offriranno un loro contributo alla riflessione attraverso la simulazione di un processo alla razza, l’esecuzione al violino della celebre colonna sonora di “Schindler list”, la critica all’opera d’arte “La crocifissione bianca” di Chagall, opera che rappresenta proprio la sofferenza del popolo ebraico in seguito alle leggi razziali.

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