Venerdì 20 dicembre 2024, alle ore 18:30, nell’Aula San Giovanni II, presso il Palazzo Vescovile, via F. A. D’Ippolito n. 8, avrà luogo il primo appuntamento delle Commemorazioni Borelliane, manifestazioni organizzate per ricordare il grande poeta Salvatore Borelli nel ventennale della morte. L’evento si preannuncia molto emozionante.
La serata, infatti, inizierà con la proiezione di un video biografia, seguirà la presentazione di un libro celebrativo dal titolo “Omaggio al poeta Salvatore Borelli a vent’anni dalla sua scomparsa”, pubblicato, in elegante veste editoriale, da Grafichéditore di Antonio Perri, per la Collana Calliope.
A introdurre e moderare sarà Rita Giura. Interverranno il figlio di Borelli, Giovannino, musicista e anch’egli poeta, curatore del volume, Teodolinda Coltellaro, critico d’arte, che ha scritto la prefazione, Nella Fragale di Grafichéditore e Giancarlo Davoli che declamerà alcune poesie.
Poeta illetterato – come lo erano altri due importanti poeti, il calabrese Mastro Bruno Pelaggi e il siciliano Ignazio Buttitta, uno dei più grandi poeti dialettali del Novecento – Salvatore Borelli frequentò la scuola di Avviamento professionale, terminata la quale si avviò al mondo del lavoro.
Non smise, comunque, di coltivare la passione per i libri. Le sue letture spaziavano dai testi di storia ai romanzi e raccolte di poesie, in lingua e in dialetto.
I suoi primi scritti risalgono alla metà degli anni 70. Essi rappresentarono un fatto storicamente importante per il patrimonio storico-artistico di Sambiase, in quanto il dialetto paesano prese forma per la prima volta.
Il suo stile si dimostrò subito originale ed evocativo, vari i temi trattati, soprattutto il paese, sentito nella sua tradizione e nella sua storia. Le sue liriche entrarono subito a far parte dell’immaginario collettivo per la profondità dei contenuti, la ricchezza lessicale e la musicalità dei versi.
“…non si limitava al vernacolo natio, ma cercava di cogliere la parlata, le diversificazioni tonali, le peculiari grafie di quelli dei paesi limitrofi, per renderli in modo appropriato nei dialoghi con cui contrappuntava numerose composizioni poetiche. Mirabile esempio, in proposito, è il poemetto ‘A Chjàzza, costituito da 22 componimenti con cui Salvatore Borelli realizza un vivido affresco di varia umanità tratteggiando, con rara efficacia, personaggi, caratteri, umori, stravaganze, che, alla stregua di veloci pennellate di colore delineano e restituiscono brani di vita quotidiana insieme al valore sociale del luogo, agli elementi identitari che ne definiscono le peculiarità antropologiche ed etnografiche…” È quanto scrive Teodolinda Coltellaro nella prefazione.
Borelli fu perfezionista nella scrittura, era infatti solito correggere continuamente le sue poesie, persino quelle già pubblicate.
I suoi libri: “Dùci e amàru” (1986), “Cùmu ‘nu sùannu” (1995) e, postumo “Quàndu cànta lla cicàla” (2005).
È stato recensito da autorevoli critici quali, Giuseppe Falcone, Luigi Maria Lombardi Satriani e Pasquino Crupi, che lo ha inserito nell’opera monumentale in tre volumi “La Letteratura calabrese per la Scuola media, Vol. III – Il 900”.
Il 18 dicembre 2018 Lamezia Terme gli ha dedicato una piazza.
Borelli è un autore degno sicuramente di essere approfondito. Della sua poetica resta ancora tanto da dire.
Nel ventennale della sua scomparsa è importante ricordare non solo i suoi scritti, ma anche l’eredità culturale che ha lasciato, ispirando nuove generazioni di poeti e lettori.