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“Trame 13”: il professore dell’Unical Vito Teti parla di nostalgia e futuro

Di memoria e nostalgia del futuro ha parlato il prof. Vito Teti, ordinario di antropologia culturale presso l’Università della Calabria, e il giornalista Giuseppe Smorto, di fronte ad un attento e variegato pubblico sul palco della tredicesima edizione di Trame Festival.

Fil rouge della conversazione è stato il concetto della “restanza”, introdotto per la prima volta proprio da Teti nel suo “Pietre di pane. Un’antropologia del restare” (2011): la scelta di rimanere o di ritornare nel Mezzogiorno – in un’epoca caratterizzata dall’emigrazione giovanile, tra le cui concause vi è senz’altro la presenza della criminalità organizzata – deve essere accompagnata dal giusto atteggiamento interiore, che deve tradursi in impegno sociale, politico e civile. “Chi resta – secondo Teti – deve fare lo sforzo di sentirsi straniero nel posto in cui sta, di sentirsi all’opposizione dell’ordine costituito, di andare controcorrente, di creare un mondo nuovo che parli anche di futuro, altrimenti restare diventa un atto di pigrizia e di immobilità che non serve a nulla”. I protagonisti si sono soffermati sull’emblematica esperienza di restanza di Mimmo Lucano: “il restare di Mimmo Lucano ha avuto un grande senso rivoluzionario”, ha spiegato Teti, per l’impatto che le sue azioni hanno avuto a livello globale, definendo un nuovo modello di accoglienza che si è rivelato non solo realizzabile, ma anche sostenibile. L’esperienza di Lucano rende manifesta l’importanza “trovare le persone, gli amministratori, gli studiosi, gli organizzatori e gli intellettuali che diventino protagonisti dei processi di cambiamento”.

L’argomento di discussione si è poi spostato sull’autonomia differenziata, con la riflessione di Teti che ha evidenziato come il relativo DDL si inserisca all’interno di un processo di separazione iniziato negli anni novanta, quando è esplosa la Lega come fenomeno politico e culturale di matrice anti-meridionialista. Neppure di fronte ai falsi stereotipi propugnati da questo fenomeno il Mezzogiorno è riuscito a contrapporsi in maniera fattiva. Anzi, il Meridione ha risposto talvolta con un sistema clientelare e mafioso, nonché con un modello di sviluppo che sembrerebbe essere quello della catastrofe: un modello in cui le classi dirigenti, piuttosto che agire preventivamente per la messa in sicurezza di strutture e paesaggi, preferiscono intervenire dopo il verificarsi di una calamità o di un disastro. In un Paese in cui ci si indigna e si scende in piazza troppo poco, il tema dell’autonomia differenziata potrebbe rappresentare, tuttavia, un terreno comune di aggregazione; proprio “attorno al problema dell’appartenenza, dell’autonomia vera, delle radici e del futuro, – ha proseguito Teti – si potrebbe ricostruire un movimento meridionalista capace di pensare il sud del mondo nell’epoca delle grandi trasformazioni”.

La riflessione interiore che nasce da questo incontro riguarda il modo di essere presenti nei luoghi e all’interno delle comunità. Come sto in questo posto? Che cura ho di questo posto? Come lo tratto? “Bisogna essere presenti nel posto in cui si vive (sia quello di origine, sia quello di arrivo), cercare di stabilire un rapporto armonico con le persone e prendersi cura di quel luogo”, la risposta di Teti.

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