di Paolo Ficara – 13 giugno 1999. 2 giugno 2003. 30 aprile 2006. Se in uno qualsiasi di questi giorni, ci avessero detto che il 3 maggio 2024 avremmo commentato una sentenza verso il presidente Lillo Foti per il fallimento della Reggina Calcio, ci saremmo messi a ridere. Se avessero aggiunto che lo stesso giorno, ossia di venerdì, sarebbero stati moltissimi a commentare tale notizia e pochissimi a sapere quale partita si disputa domani, avremmo reagito ancor peggio.
Siamo di fronte ad un percorso per certi versi naturale. Una sentenza di marzo 2024, nella quale si arriva ad un patteggiamento con pena sospesa. Una maniera per chiudere i conti. Corrado Ferlaino, presidente del Napoli di Diego Armando Maradona, venne condannato a tre anni per il fallimento societario. Poi assolto in Cassazione. Stesso percorso per Pietro Franza, volto dell’ultima Serie A sulla sponda opposta dello Stretto.
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Ciò che nessun tribunale potrà mai cancellare, al pari dei due scudetti del Napoli di Ferlaino, sono le palpitazioni vissute in spareggi, sfide salvezza, scontri promozione vinti in trasferta, le big mandate al tappeto nonché la selva di giocatori iconici transitati nella Reggina. In quella lunga, vincente e forse irripetibile epopea, caratterizzata dalla figura di Lillo Foti.
Quella è la vera “condanna” che ci lascia la Reggina Calcio, spirata nel 2016 dopo aver acquisito matricola e titolo sportivo della Associazione Sportiva Reggina nel 1986. Chiunque verrà a fare calcio a Reggio Calabria, volente o nolente, si dovrà mettere a paragone con quell’ingombrante passato. Un passato così grande e glorioso, da non poter essere assolutamente seppellito dal fango gettato da qualche asino.
Grazie alla Reggina guidata da Lillo Foti e portata avanti da una squadra di dirigenti e dipendenti scrupolosi ed appassionati, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del secolo attuale è stato possibile realizzare l’inimmaginabile. Quei nove anni di Serie A hanno marchiato a fuoco la Reggina, nell’animo di tanti ragazzi reggini che altrimenti avrebbero tifato esclusivamente Inter, o Juventus, o Milan o qualche altro squadrone di vertice.
Non entriamo nel merito di una vicenda giudiziaria, conclusasi a distanza di otto anni con un patteggiamento. La parola fine, ribadiamo, risale a due mesi fa: significa che il sindaco Giuseppe Falcomatà era pienamente al corrente, nel momento in cui ha ricordato l’importanza di Lillo Foti nel passato, nel presente e forse anche per il futuro del calcio a Reggio. Significa dunque che, per il primo cittadino, questa vicenda giudiziaria non intacca minimamente i concetti espressi. Così come non lo distrae dal problema vero: la Reggina non può vivacchiare in D.
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Ci limitiamo a sottolineare due aspetti. Il primo: le critiche vanno mosse al momento opportuno. E da parte nostra, ne abbiamo mosse a iosa. Anche in maniera eccessiva, talvolta, verso una gestione che a nostro avviso era diventata deficitaria, in riferimento alla Reggina degli ultimi anni di Foti. Diciamo dal post-Mazzarri. Sempre in riferimento all’ambito sportivo.
Il secondo aspetto, è il seguente. Se a marzo scorso è stata pronunciata la parola fine sul fallimento della Reggina Calcio, chissà quando arriverà il medesimo provvedimento per quello della Reggina 1914. Fin qui, si sa soltanto di atti inviati alla Procura in virtù di quelle garanzie fittizie allegate all’omologa. Magari nel 2030, o nel 2035, scopriremo che quei buoni fasulli rappresentavano solo la punta dell’iceberg, chissà. Rispetto a quelle “logiche” che hanno governato la Reggina negli ultimi anni, in maniera tentacolare. Ossia, da quando è fallito Foti fino ai giorni nostri.
L’interesse della città, ad oggi, deve essere quello di estirpare tutto ciò che di negativo ha fatto parte della Reggina, dal 2016 in poi. Entrando al Sant’Agata con la ruspa, non per forza virtualmente. La giustizia ha i suoi tempi. Chi può intervenire nell’immediato, non può più rimandare: è troppo evidente che qualche equilibrio è saltato, dopo il fallimento della Reggina Calcio. Riavvolgere il nastro non sarebbe un errore, anzi.
Grazie presidente Foti per averci fatto vivere quel sogno. Se oggi amiamo la nostra città e la nostra squadra in maniera viscerale, è per via di quelle emozioni. Chissà se deve ancora nascere chi sarà in grado di farcele rivivere. O perché no, anche di andare oltre. Vogliamo vedere la Reggina sempre più in alto, così come la città: è una condanna eterna, un ergastolo amaranto.