di Gaia Serena Ferrara – “Siamo fatti della stessa materia dei sogni”.
La frase, che William Shakespeare regalava alla letteratura nel 1610, è oggi la sostanza di cui è fatto lo spettacolo di Massimo Ranieri che, dopo 3 anni di stasi, ritorna a intrattenere il pubblico di tutta Italia con il suo nuovo tour “Tutti i sogni ancora in volo” che ieri sera ha fatto tappa al Teatro Politeama di Catanzaro.
“Prima di essere il titolo di questo spettacolo, tratto da una delle più belle canzoni che abbia cantato, questa frase per me è molto di più – ha spiegato l’artista al pubblico del capoluogo – è un modo di vivere”.
I sogni devono continuare sempre a volare, che si tratti di sogni immensi e difficili da realizzare o di sogni piccoli, banali.
“Sogno di leggere la musica con la stessa facilità con cui leggo la Gazzetta, sogno un mondo che ama il teatro e la poesia quanto ama il calcio e la televisione, sogno – come scriveva Zavattini – di vivere in un paese dove ‘Buongiorno’ significhi veramente buongiorno”
Lo stesso tour che ora lo vede protagonista è – come racconta il cantante – il risultato di uno dei suoi sogni più grandi, lungo 25 anni, quello di incidere un nuovo disco di inediti attraverso il quale Giovanni Calone potesse ancora raccontare qualcosa di Massimo Ranieri, e viceversa.
Mentre lo spettacolo prende forma sul palco, infatti, l’artista e l’uomo si sfiorano fino ad arrivare a non distinguersi più così nettamente. Fra un’esibizione e l’altra, nessuna delle quali limitata a mero esercizio di stile ma ognuna densa di significati, il cantante lascia il posto allo showman, all’attore, al conduttore e soprattutto all’uomo che porta sul palco non solo belle canzoni ma il suo universo intimo di pensieri.
Un mix ideale fra intrattenimento spassionato e profonda umanità, uno spettacolo intermezzato da riflessioni personali più e meno leggere, più e meno personali, alcune di portata universale.
“Il sogno è innato nella natura umana, fantasia e realtà possono andare perfettamente d’accordo se solo lo vogliamo”.
Nel presentare al pubblico catanzarese i testi delle sue nuove canzoni, frutto della collaborazione con artisti del calibro di Ivano Fossati e Giuliano Sangiorgi, Massimo Ranieri compie un viaggio lungo tutta la sua carriera: rincontra amici, ne ricorda altri, e conversa con il suo “alter ego” Giovanni (Gianni) cogliendo così l’opportunità di portare sul palco alcune storie.
La dedica a un amico/collega morto di Parkinson con il quale inscena un dialogo su una sedia vuota. Una canzone struggente sul tabù dell’omosessualità. Le conversazioni ironiche con sé stesso che celano comunque sempre un concetto di fondo: il dualismo.
Giovanni è pigro, non vuole alzarsi dal divano. Massimo ha un’energia incontenibile.
Eppure “amore e sogno” sono il binomio che sostengono sia Giovanni che Massimo e che hanno sempre contraddistinto il grande artista nella carriera e nella vita.
“Dal 1964 avrò cantato forse 400 o 500 canzoni, e avevano tutte un elemento in comune: parlavano d’amore, che è l’unica cosa che conta della vita.” Amore per la musica, amore per la famiglia, amore per l’idea stessa di amore.
Immancabili, poi, i riferimenti ai suoi esordi di carriera e a come suo padre abbia creduto in lui fin da subito: “Mia madre ha dato vita a Giovanni Calone, ma è grazie a mio padre che è nato Massimo Ranieri”.
E’ proprio l’amore per la musica, l’amore per il teatro, quello che maggiormente lo sostiene e quello con il quale, dice, “ho tradito tutti i miei altri amori” perché “il mio lavoro è la mia vita”.
Non ci si potrebbe aspettare niente di diverso da un artista così istrionico qual è Massimo Ranieri che, noncurante degli anni o dei tempi che cambiano, rimane fedele a sé stesso e alle sue passioni continuando così a regalare al pubblico momenti indimenticabili di leggerezza e profondità, di divertimento e commozione, fra i successi intramontabili come “Rosse rosse” o “Perdere l’amore” e nuovi inediti da imparare a cantare.