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Futuro Reggina: l’ordine pubblico e le recite sul palcoscenico sbagliato

di Paolo Ficara – Che confusione. La settimana che ci siamo appena lasciati alle spalle, in ottica Reggina, a momenti ci ha ricordato i deliri dello scorso agosto. Tra Saladini, Ilari, i ricorsi dall’esito prevedibile. E gli insignificanti politichetti nostrani, che spingevano per consegnare la società a qualche calzolaio o a generosi pugliesi dal fatturato pari a 300.000 euro. Immaginiamo che diversi tifosi avranno controllato la data di scadenza delle proprie Aulin, prima di finire la scatola “inaugurata” il 30 giugno 2023.

Iniziamo con l’aspetto che proprio non abbiamo sopportato. Dopo esserci sforzati di non toccarlo, questo aspetto, la scorsa settimana. Quando c’è un grave lutto, bisogna portare rispetto. E da più parti, il giorno della scomparsa della professoressa Rosetta Neto, non c’è stato il buon senso di evitare ogni tipo di polemica che coinvolgesse, a qualsiasi titolo, la figura del sindaco di Reggio Calabria. O di chi lo ha sostituito fino a qualche mese fa. L’istituzione è sempre la stessa. Né i toni si sono alleggeriti, nel giorno delle esequie.

Circa il destino del marchio, il concetto guida è identico: rispetto, in questo caso nei confronti della curatela. Che dovrà tutelare i creditori, possibilmente senza che per il prossimo mese si prosegua con i giochetti al ribasso. Altamente antipatico anticipare o – ancor peggio – suggerire a microfono acceso un ipotetico prezzo.

Ribadiamo l’intenzione di non voler effettuare pronostici, su come finirà questa vicenda. Nonché l’intenzione di riportare notizie o virgolettati, quando li riterremo rilevanti o comunque utili. Ciò non significa e non significherà parteggiare per qualcuno piuttosto che per un altro. Anche perché i concorrenti reali, li scopriremo solo al momento dell’asta.

Massimo Ferrero ha in ogni caso fornito una notizia: quella di aver fatto già squillare il telefono dei due curatori Febert e Russo. Per il resto, ogni sua dichiarazione è potenzialmente utile. Si tratta di un personaggio che ha fatto calcio in Serie A. Se le sue parole sul marchio della Reggina vengono riprese dalle più importanti testate tematiche online a livello nazionale, l’interesse può solo accrescere. A coinvolgere Ferrero nei discorsi sulla Reggina, lo scorso agosto, è stato l’ex f.f. metropolitano Carmelo Versace durante un incontro a Palmi.

Stefano Bandecchi ha da diverso tempo un bel rapporto con Reggio e la Reggina. Mostrando una disponibilità infinita, a tutti i livelli. Avendo avuto modo di intervistarlo più volte, ci è sembrato un imprenditore arricchitosi grazie alla sua intelligenza. Fatte queste debite premesse, abbiamo letto e riletto le sue ultime dichiarazioni circa il marchio della Reggina, rese a diverse testate locali nel corso della sua visita dello scorso weekend a Reggio Calabria. E non le abbiamo minimamente comprese.

Prendere il marchio per darlo al Comune, che poi a sua volta lo dovrebbe girare “alla squadra che ha la Reggina”, innanzitutto somiglia ad una enigmatica canzone di Annalisa. Punto numero due: a gennaio voleva “prenderlo e darlo ai tifosi”, adesso al Comune come sponda, di questo passo a maggio verrà tirata in ballo la Madonna della Consolazione. Punto numero tre: non capiamo perché non possa essere Bandecchi stesso a consegnare il marchio, dopo eventuale acquisto, al club che più gli aggrada. Punto numero quattro: la Reggina quest’anno non ha giocato da nessuna parte.

Poi ci sarebbe da argomentare circa l’inopportunità, secondo Bandecchi, di “iscrivere un marchio che si chiama Reggina in prima categoria”. Se vi è rimasta una Aulin, è il momento giusto: un piccolo sorso, perché qui dobbiamo sfatare una volta per tutte questo spauracchio inesistente. E ribadiamo, con tutti pensavamo di farlo, meno che con un imprenditore del suo calibro. Significa che il virus va debellato prima di ulteriori contagi.

L’ormai noto art.52 comma 10 delle Norme Organizzative Interne Federali (Noif), quello sulla ripartenza in sovrannumero dalla Serie D o dall’Eccellenza, nasce dopo l’abrogazione del Lodo Petrucci. Ossia la vecchia regola che consentiva di ripartire perdendo solo una categoria, rispetto a quella disputata ed eventualmente mantenuta l’anno prima sul campo, per le piazze in cui veniva bocciata l’iscrizione. Il Lodo Petrucci, a sua volta, venne ideato per non ripetere casi come quello della Fiorentina.

I viola, retrocessi sul campo dalla Serie A alla Serie B nel 2002 e non iscritti, vennero fatti ripartire dalla Serie C2. Con il nome Florentia Viola, ma questo è un dettaglio che in questo discorso serve poco. Vinsero il campionato sul campo, ma non disputarono la C1. Usufruirono di un ripescaggio in Serie B. Una forzatura. I proprietari erano i Della Valle. Ci siamo capiti. In buona sostanza, si comprese che era un no-sense gettare così in basso una piazza come Firenze.

Eliminato il Lodo Petrucci, la Figc ha introdotto l’iscrizione ex art.52 comma 10 con il malcelato intento di trarne profitto. Tant’è che chiede un fondo perduto. Tra le mancate iscrizioni avvenute negli ultimi anni solo a Bari, Palermo, Catania e per due volte a Reggio Calabria, la Federcalcio avrà introitato almeno due milioni e mezzo. La teorica convenienza di chi aderisce, specie di chi si è visto bocciare definitivamente l’iscrizione ad agosto inoltrato, è quella di non dover rimanere un anno senza calcio.

Vi siete mai chiesti quale categoria sarebbe stata assegnata ai vari Palermo, Bari e Catania qualora avessero alzato bandiera bianca già il 1° luglio dei rispettivi anni, senza attivare l’art.52 comma 10?

Vi siete mai chiesti perché la Florentia Viola venne fatta ripartire dalla vecchia C2, categoria cuscinetto semiprofessionistica, anziché dall’Interregionale ossia l’equivalente dell’odierna Serie D?

Proviamo a fornire una spiegazione, umilmente. Quell’umiltà mancata a qualche professorino, un anno fa di questi tempi, quando ripeteva a cantilena la superiorità delle leggi statali rispetto a quelle sportive. Per giustificare – o coprire – le manovre spericolate di Bosman. Ed oggi, guarda caso, ignora o finge di ignorare un aspetto semplicissimo, riconducibile al Ministero degli Interni. E la cui importanza è indiscutibilmente superiore allo svolgimento anche di una singola partita, figuriamoci di un intero campionato.

L’ordine pubblico.

La Reggina, fino a poco tempo fa in Serie B, ha riempito i settori ospiti anche a mille km di distanza. Giocare in campionati come la prima o la seconda categoria, comporterebbe la disputa al “Granillo” di tutte le gare interne ed esterne. Dato che nessun campo del circondario, risulterebbe idoneo a contenere l’afflusso dei tifosi. Sarebbe un torneo farsa. Saltiamo il campionato Promozione, e diamo un’occhiata alle piazze attualmente partecipanti in Eccellenza Calabrese.

E proiettiamoci direttamente ai casi limite. Poniamo che la Reggina si giochi gare decisive in trasferta, nelle battute finali del campionato. Esempio. Quintultima giornata a Cittanova, terzultima a Brancaleone. In impianti che a stento accoglierebbero il 20% della richiesta di biglietti. Gli organi preposti non potrebbero gestire l’ordine pubblico, nemmeno impiegando tutti i poliziotti a loro disposizione presso i rispettivi Comuni. E non è che ad inizio campionato, per recarsi a Palmi o negli impianti che ospitano le gare interne di Bocale e ReggioRavagnese, la situazione cambierebbe di molto. Poi ci sarà almeno una tra Gioiese, Locri e San Luca, mentre l’Ardore è primo in Promozione.

Una società con il marchio Reggina che chiede nuova affiliazione alla Figc, in assenza di una regola che imponga la ripartenza dalla terza categoria e con decisione a discrezione del Presidente e del Consiglio Federale, difficilmente verrebbe collocata in una categoria inferiore alla Serie D. Così come la Florentia Viola – poi diventata Fiorentina a tutti gli effetti – non venne mica mandata a giocare una domenica sì e una no contro i paesini in provincia di Firenze. A meno che il Presidente Federale non si voglia sostituire al Ministro dell’Interno. I tifosi sono sempre stati la forza della Reggina, ed in un caso del genere sarebbero l’ago della bilancia. Dispiace ci si rifiuti di vedere l’ovvio.

Il discorso cambierebbe, in peggio, qualora ci accorgessimo che qualcuno sta fingendo di litigare. Recitando, quindi. In tal caso, avreste sbagliato palcoscenico. Non si possono portare avanti gli interessi di pochi intimi, puntando sul frazionamento di una piazza che ha dato vita a troppe fazioni. Il futuro della Reggina va discusso alla luce del sole. Di sicuro, intuiamo che chi si è sentito scaricato dal sindaco Falcomatà, abbia cercato sostegno in altra parte politica negli ultimi giorni. A costo di gettarsi tra le braccia del peggior nemico.

Non conosciamo e non possiamo conoscere in profondità, lo stato di salute economica di qualsiasi club dilettantistico. Ben sapendo che in D non ci sono scadenze federali, e che ogni pagamento può essere procrastinato anche a fine stagione. Premesso ciò, chi riparte dalla Serie D in una piazza importante, lo fa con la certezza di iniziare con zero debiti e la speranza di vincere il campionato. Se qualcuno ci spiega che senso avrebbe rilevare un catorcio senza identità; senza un campo d’allenamento; con possibili buchi a destra, a sinistra, di sopra e di sotto; per ripartire non dalla B, non dalla C ma sempre dalla D, siamo a disposizione. Così iniziamo una nuova settimana con un bel rumore di unghie sugli specchi.

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