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Reggina: lettera aperta al sindaco Giuseppe Falcomatà

Egregio Signor Sindaco di Reggio Calabria, Avv. Giuseppe Falcomatà,

Innanzitutto, bentornato. La sua assenza ha consentito di percepire quanto sia identitaria la sua figura per la nostra città. In un periodo nel quale abbiamo tutti bisogno di riconoscerla e di difenderla, questa identità. Non l’ho disturbata fin qui per interviste, contrariamente al passato, perché da cittadino noto che è abbastanza impegnato e chiarisco, a scanso di equivoci, di non essere ironico. Leggo di un rimpasto di giunta che non è ancora avvenuto presso i due Enti, quindi do per scontato che sia un periodo denso.

Se devo pensare al mio rapporto giornalistico con Lei ed in generale con l’Amministrazione Comunale degli ultimi anni, mi viene in mente l’intervista che realizzammo il 23 aprile del 2015. La attesi all’uscita della chiesa di San Giorgio al Corso, la Reggina navigava in cattive acque in Serie C ed era stata messa in vendita dal presidente Lillo Foti. Fu la famosa intervista in cui, a mia domanda sull’imprenditore calabro-australiano Nick Scali, rispose di non volere nuovi Manenti. Dopodiché, non è mancato anno in cui non sottolineassi le carenze dell’Amministrazione nel consegnare lo stadio alla Reggina già pronto e regolamentare ad agosto.

Quest’anno, ad agosto, lo stadio era pronto ma non c’era la Reggina.

Conosco la sua passione per il calcio, avendo scoperto questo buon terzino ormai over in un breve periodo nel quale volevo approfondire la mia conoscenza di eventuali bravi giovani nelle squadre di Promozione e Prima Categoria. Ho apprezzato la discrezione con la quale ha accompagnato il suo primogenito a scuola calcio, negli ultimi anni. E mi chiedo se anche Italo Junior abbia domandato al papà Giuseppe: “Che fine ha fatto la Reggina?”.

Anche ai migliori capita di inciampare. Ma la Reggina con storia annessa, è inciampata già due volte in otto anni. E nemmeno sommando entrambe le ripartenze, si sfiora la consistenza dei risultati raggiunti in altre piazze calcisticamente prestigiose, nello stesso arco di tempo. Parma, Venezia, Bari, Palermo e Catania. Tutte capaci di vincere il proprio girone in Serie D.

Ho provato a spiegare, nel mio piccolo, che esiste una ragione per cui tutte le squadre, in tutti gli sport ed in ogni categoria, effettuano una preparazione pre-campionato. Altrimenti ogni presidente potrebbe risparmiarsi una mensilità, almeno a livello non professionistico. A mio avviso, sarebbe stato meglio rimandare la ripartenza al 2024. Ma il problema non è il mancato risultato sportivo, che come logica non sta arrivando. Il problema – ma potrebbe rivelarsi anche il vero vantaggio – è che si è già condensato in meno di tre mesi il peggio dell’annosa parentesi calcistica intercorsa tra il 2015 ed il 2018.

All’epoca ci si lamentava dei pochi abbonamenti e dei tanti macchinoni. Adesso abbiamo capito a chi appartenessero, buona parte di quei macchinoni. Se prima erano serviti tre anni per creare laceranti lotte intestine tra opposte fazioni di tifosi della stessa squadra, di recente sono bastati 90 minuti – non di gioco bensì di sproloquio – per additare un po’ tutte le classi sociali della Città di Reggio Calabria. Gli imprenditori hanno la manina. Il tifoso di tribuna che a settembre ha salito gli scalini di Palazzo San Giorgio per esprimere dissenso, è prevenuto. Il tifoso di curva che contesta, avrebbe dovuto attendere le calende greche per protestare probabilmente a babbo morto. Il tifoso singolo che, non sazio delle partite, ha voglia addirittura di vedersi un allenamento, viene allontanato e descritto come un ipotetico Mike Tyson. I giornalisti, soprassediamo. Finanche ai politici viene espresso un fantozziano “badi a come parli”.

Mi auguro che non abbia avuto tempo per ascoltare o leggere certi discorsi. Tuttavia la parte che nessuno di noi può oggettivamente gradire, egregio Signor Sindaco, è quella dell’uva che diventa acerba per la presunta volpe. Da cittadino non mi va bene, e non può andare bene a nessuno, che venga schernita o sminuita pubblicamente la potenzialità dell’Università per Stranieri “Dante Alighieri”.

Da assiduo frequentatore del centro sportivo Sant’Agata per svariati lustri non mi va, specie a ridosso di un probabile bando per l’assegnazione, che vengano diffuse fake news su presunti milioni da spendere per sistemare i campi. La Reggina ha sempre fatto disputare le gare ufficiali dei settori giovanili solo sul campo n.3, e per renderlo omologabile è sufficiente una cifra che non supera le 300 mila euro – finanziabili dal Credito Sportivo – oltre ad un macchinario da 10 mila euro per spazzolare gli altri tre sintetici. Costi defalcabili dal canone. Quello sì, un po’ salato. Ma così blaterando, si rischia di far scappare imprenditori potenzialmente interessati. Sembrava la scenetta di Roberto Benigni nel film “Il Mostro”, quando il padrone di casa voleva sfrattarlo e lui inventava problemi e costi inesistenti all’orecchio dei potenziali nuovi inquilini.

È altrettanto certo come bisognasse interrompere la continuità dirigenziale. Qualsiasi club calcistico si indebita, se per cinque lunghi anni non realizza una plusvalenza. A meno che non vada in Serie A. Ed anche lì rimaniamo senza spiegazione: per due anni consecutivi, raggiunto il secondo posto a metà campionato circa, la squadra è entrata in modalità stand-by. Con presidenti diversi ed allenatori diversi. Dispiace che tanta gente si rifiuti ancora di comprendere l’origine di tanti mali. Se il tanto vituperato Paolo Brunetti ha maturato in cuor suo questa considerazione, gli fa onore.

Personalmente avrei risolto staccando la spina al calcio per un anno, senza promulgare alcun bando nell’immediato. E provo ad ampliarLe il mio punto di vista.

Per prendere decisioni importanti sulla materia calcio, bisogna conoscere fatti, misfatti e personaggi del calcio. Il timore – non saprei spiegarLe se legato alla sua assenza – che i due facenti funzione non fossero granché addentrati, mi venne già nella primavera del 2022. Quando entrambi si presentarono al Sant’Agata per interloquire con Katiuscia Perna, amministratrice giudiziaria della Reggina in quel frangente. Da lì a qualche settimana, il club venne assegnato dalla magistratura romana alle aziende degli imprenditori Felice Saladini ed Angelo Ferraro.

Non so se in quella riunione, resa nota da una foto pubblicata dagli stessi soggetti politici partecipanti, spuntò fuori il nome di Saladini. Di sicuro, si trattava dello stesso Saladini che aveva dato vita ad una bella tarantella, tra Vigor Lamezia, Sambiase ed il Football Club Lamezia Terme. Con tanto di fortissime contestazioni nella sua città, a Lamezia. Di sicuro, nei mesi successivi e di fronte a situazioni oggettivamente poco lineari come una spericolata ristrutturazione del debito, nessuno dei soggetti di cui sopra ha messo becco. Consentendo che venisse sventrata la nostra Reggina.

Quando ho saputo che Maurizio Pellegrino sarebbe stato il direttore sportivo della nuova società, lì per lì ho creduto che rappresentasse il profilo adatto per ripartire dalla Serie D. Ma se poi sono costretto a sentire che la settima in classifica ha il medesimo monte ingaggi della capolista incontrastata, mi tocca ricordare che è lo stesso Pellegrino ds di quel Catania cancellato due anni fa dal professionismo. Per una mancata ricapitalizzazione, ad opera di alcune decine di soci non meglio specificati, tutti appartenenti al gruppo SIGI. Una delle peggiori pagine societarie, in terra etnea.

Né mi tranquillizza il sentir vantare, nello snocciolare i vari passaggi della carriera da parte del Toni Bonji del calcio dilettantistico, una collaborazione con Nino Pulvirenti. Ricordiamo bene come Pulvirenti sia l’ultimo presidente, forse anche l’unico di questo secolo a livello di Serie B, indagato e condannato per partite truccate. Una triste vicenda che portò il Catania prima in C d’ufficio, poi alla dichiarazione di fallimento, infine alla cancellazione dal professionismo grazie alla SIGI – con Pellegrino direttore sportivo – di cui sopra.

A tutto ciò va aggiunto come parlare di puntualità degli stipendi con accanto un socio della ei fu P&P, equivalga a sottolineare l’importanza del rispetto dei confini geografici in compagnia di Vladimir Putin. O abbiamo la memoria così corta da non ricordare come, appena cinque anni fa e per la prima ed unica volta nella gloriosa storia della Reggina, la squadra sia stata ad un passo dal non scendere in campo?

Cerco di parlare il meno possibile di Luca Gallo, altrimenti qualche tifoso mi taccia di essere di parte. Mettiamola così. Facciamo finta che senza Gallo, sarebbe arrivato qualcun altro a prenderci dai capelli in quel frangente; a risolvere le grane di Sant’Agata e soprattutto marchio; a riportarci in Serie B. Bene. Adesso però, inquadriamo cosa resta degli ultimi otto anni di calcio a Reggio senza quel triennio: polvere, piagnistei, sconfitte contro avversari introvabili sull’atlante, un ripescaggio, denominazioni societarie discutibili, allenamenti a Gallico su cortesia, quattro scadenze federali bucate, quattro mesi con un piede in Serie A, una mancata iscrizione, un fallimento sfiorato nel dicembre 2018 ed un nuovo fallimento alle porte.

La Reggina a breve conoscerà il proprio destino aziendale. Ritengo che marchio ed identità della Reggina vadano uniti al titolo sportivo generato con l’ammissione in sovrannumero alla Serie D, dello scorso settembre. Non applicare questo passaggio, rischierebbe di far finire il calcio a Reggio definitivamente. Altresì, magari sbaglio, rimarrei sorpreso se la questione marchio venisse risolta da indisponenti permalosoni. Convinti di aver diritto a trattamenti giornalistici degni dell’istituto Luce. Senza tuttavia aver chiarito perché siano spuntati a Reggio Calabria, e per produrre che cosa.

Non Le chiedo una tempistica precisa. Di sicuro, non c’è particolare fretta. Quindi né cinque giorni, né cinque settimane. Ma in cinque mesi, questo sì, ritengo che un soggetto politico della sua caratura, egregio Signor Sindaco, possa individuare una soluzione. Possiede il carisma ed ormai l’esperienza per ragionare assieme alle migliori forze imprenditoriali della Città Metropolitana di Reggio Calabria. In alternativa possiede i contatti, essendo ben voluto all’interno dell’ANCI, per chiedere a qualche collega sindaco di altri capoluoghi le giuste segnalazioni sugli industriali amanti del calcio. Leggo che sta sorgendo un bel progetto per l’area del deposito ferroviario, ossia una delle intersezioni tra il Parco Lineare Sud e lo stadio “Granillo”. Sono curioso.

Non so se nello stesso lasso di tempo avrà maniera di sedersi un attimo, sospirare e ripensare a tutto ciò che è successo dalla scomparsa della Reggina Calcio ad oggi. Glielo chiedo perché io, onestamente, mi sento un po’ in colpa per averle forzato quella risposta su Nick Scali. Riconosco la mia aggressività. Ed ogni tanto mi chiedo, a mò di sliding doors, cosa ne sarebbe stato della Reggina se la parte sana della città non si fosse schierata contro l’imprenditore originario di San Martino di Taurianova. Lei, rispetto a otto anni fa, adesso ha qualche capello bianco. Io ne ho molti di meno, a prescindere dal colore.

Siamo concittadini, siamo entrambi tifosi, apparteniamo alla stessa generazione. Ed abbiamo entrambi ricevuto dai nostri genitori, il concetto di dover lasciare le cose – e le situazioni – migliorate o uguali rispetto a come le troviamo. Tutto il resto è noia, come avrebbe detto Califano. Il cantante.

Con stima

Paolo Ficara

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