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177° Anniversario della fucilazione dei cinque giovani intellettuali oppostisi al governo borbonico. Cerimonia commemorativa a Gerace

Gerace- La Città di Gerace ha ricordato il 177mo anniversario della fucilazione dei Cinque Martiri avvenuta il  pomeriggio del 2 ottobre 1847. Una Commissione militare borbonica, presieduta da Rossaroll, li giudicò emettendo un verdetto spietato: pena di morte con terzo grado di pubblico esempio; cioè i condannati dovevano essere scalzi, genuflessi e bendati, mani legate e ceppi ai piedi.  Erano cinque intellettuali della Locride, tra i 22 ed i 28 anni, chi laureato in Giurisprudenza chi prossimo alla laurea. Vennero trucidati, in località “Largo Piana”, nella parte bassa di Gerace, città nella quale furono sommariamente processati; un mese dopo i moti insurrezionali scoppiati a Bianco, nel Distretto di Gerace. Michele Bello da Siderno, Pietro Mazzoni da Roccella Jonica, Gaetano Ruffo da Bovalino, Domenico Salvadori da Bianco e Rocco Verduci da Caraffa del Bianco; questi i loro nomi. La semplice ma significativa cerimonia, organizzata dal Comune col coinvolgimento delle scuole, presenti con delegazioni di alunni, si è  aperta con la deposizione d’una corona d’alloro davanti al monumento che sorge nel luogo in cui i Cinque Martiri caddero, trucidati dai colpi esplosi da 40 moschetti borbonici  e con le note del silenzio eseguito dal giovane Alberto Filippone, studente della scuola di tromba del locale Istituto Comprensivo intitolato proprio ai 5 Martiri (coscientemente immolatisi per un alto ideale, una nobile causa; come spiega il vocabolario italiano che tanti oggi ancora purtroppo ignorano)  Il sindaco Rudi Lizzi, presente insieme con l’assessora alla cultura Marisa La Rosa e col Capogruppo di Maggioranza Giuseppe Varacalli, ha rivolto il saluto ai presenti ed ha annunciato che il Comune intende avviare nuove iniziative- anche a livello nazionale- perchè quest’importante pagina di storia ancora invasa da tante “ombre” venga meglio indagata, approfondita e perchè gli storici diano nei loro testi il meritato spazio. Riflessioni sono giunte da parte di cittadini, alunni e dalla docente  Collaboratrice Vicaria, Debora Lizzi. E’ toccato allo storico geracese Vincenzo Cataldo, docente presso l’Università di Catanzaro, autore di numerosi testi, ricordare gli aspetti fondamentali di quel periodo storico che portarono alla fucilazione dei cinque giovani della Locride. Secondo Cataldo essi hanno lasciato insegnamenti indelebili di fedeltà ai propri ideali; una fedeltà che può anche portare all’estremo sacrificio. Non vadano perciò disperse e vanificate queste pagine di storia da cui tutti dovremmo trarre tanti insegnamenti; soprattutto in questo particolare periodo in cui pare che i principi ed i valori non vengano più tenuti in alcuna considerazione. A tal proposito ha ricordato che  177 anni addietro a carico dei 5 “imputati” il principale capo d’accusa fu quello di avere fatto sventolare la bandiera tricolore su cui Rossarol sputò quando i cinque si alzarono in piedi per onorarla. Bello, Mazzoni, Ruffo, Salvadori e Verduci chiedevano a Re Ferdinando II la concessione della Costituzione, maggiori libertà, il dimezzamento del prezzo del sale e del tabacco e l’abolizione della privativa dell’acqua marina. I loro corpi, vennero “gettati” nella “fossa della Lupa” subito dopo l’esecuzione, ma non furono mai trovati. Ed ancora oggi questa è una delle tante pagine oscure” di quel periodo da cui poi scaturirono i moti del 1848.

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