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Reggio Calabria, cyberbullismo e sicurezza informatica: i vertici della Polizia Postale fanno il punto con la settima commissione consiliare

Cyberbullismo, emarginazione sociale e radicalizzazione delle idee e del pensiero. Sono stati questi gli argomenti centrali trattati nel corso della seduta della settima commissione consiliare “Lavoro e Politiche giovanili”, presieduta da Marcantonino Malara, tenutasi nei giorni scorsi con l’audizione del dirigente del Centro operativo per la sicurezza cibernetica Polizia postale delle comunicazioni “Calabria”, Mario Lanzaro e della poliziotta in forza al medesimo reparto, Maria Luisa Rossello.

Il presidente Malara ha rimarcato come l’obiettivo dell’Amministrazione comunale sia quello di avviare un confronto e un ascolto per porre in campo attività sinergiche così da fare in modo che ciascuno possa fare la propria parte per accrescere e sensibilizzare soprattutto i giovani, così dando un contributo che sta divenendo drammatico.

Il dirigente Lanzaro ha posto in luce come non si possa dare un numero preciso della situazione del mondo del web con riferimento alla sola città di Reggio Calabria: «Vi sono problematiche analoghe rispetto a quelle di tutti gli altri territori della nazione – ha spiegato – e la maggior parte dei reati è commessa in un punto, mentre la vittima sta in tutt’altro. Di certo, c’è che a Reggio Calabria sembra si avverta un senso di periferia e di remoto. Tuttavia, non si comprende sempre che un computer connesso in un paese dell’entroterra calabrese è esattamente esposto agli stessi rischi di uno posto a Manhattan». Lanzaro ha individuato tre macroaree d’interesse: il cyberbullismo, il disagio ed emarginazione sociale di soggetti colpiti in modo criminoso su internet; un fenomeno di radicalizzazione ed estremizzazione di idee e pensiero. Sullo sfondo, un problema di criminalità informatica a sfondo economico.

L’attenzione del dirigente della Polizia Postale si è focalizzata sul cyberbullismo. «Ormai – ha sottolineato – non esiste quasi più un bullismo che non abbia una sua parte sul web. Esso si manifesta sotto diversi aspetti. Lo stalking è uno di quelli peggiori». Lanzaro ha fatto le dovute differenze con qualche anno addietro: «30 anni fa il bullismo si manifestava attraverso un soggetto che, ad esempio, prendeva il panino, scherzava, ti prendeva in giro. Quello era il bullismo di una volta. Oggi c’è un bullismo perenne che ti segue dappertutto. Una volta il bullizzato aveva degli spazi sicuri a casa o scuola. Oggi non ci sono spazi sicuri e il bullo ti segue ovunque, con una platea sconfinata. C’è un problema serio di disagio sociale».

Altra piaga assai complessa, e collegata a doppia mandata con il cyberbullismo, è quella del sexting: «Questa problematica ha numeri devastanti. Gli adolescenti condividono con estrema facilità file intimi o video. Questo vuol dire porre in terze mani immagini che sono alla mercé di altre persone. Mentre prima si pensava di poter strappare delle foto, ora, sulla rete, nulla sarà mai veramente tolto. La polizia potrà individuare, indagare e far condannare chi ha messo in circolo quelle foto, ma i file rimarranno lì. Scordiamoci che si potranno veramente togliere. Ecco, noto una difficoltà a comprendere la differenza tra virtuale e reale. Quel che si fa sui social ha degli effetti reali che rimangono. Noto un disagio dei genitori nell’affrontare problemi simili che ne derivano. La migliore arma, in tal senso, rimane la prevenzione. Sarebbe auspicabile l’apertura, sul territorio, di uno sportello per dare supporto a chi ha avuto problemi di questo genere».

Maria Luisa Rossello è invece entrata più nel dettaglio del sexting, rappresentando come esso consista in uno scambio di messaggi audio, video a sfondo sessuale, comprese immagini di nudi e seminudi. «Esso – ha spiegato – fa parte del processo di costruzione e scoperta dell’identità sessuale. Ci sono ragazzi che si sentono bisognosi di dimostrare amore e fiducia ed essere accettati da loro pari. L’invio e la condivisione di questo materiale dà luogo a non poche conseguenze, innanzitutto in ambito legale. Il minore che viene costretto a questa condivisione sarà vittima di un reato, andando il fenomeno ad inglobare sia reati pedopornografici, sia istigazione del minore alla produzione del materiale. La condotta di chi lo costringe a fare ciò è penalmente perseguibile. Alla base di tutto questo vi sono delle patologie, disturbi di personalità, problemi di natura socio-culturale. Per prevenire occorre una sempre maggiore educazione alla sessualità, all’affettività e così non incorrere in questi abusi. Ognuno ha il diritto di vivere la propria sessualità ed è fondamentale il dialogo con i genitori. Quando un genitore si accorge del sexting, bisogna comprendere la natura del gesto, se sia tra minori o piuttosto si tratti di adescamento on line. Superata questa fase, è essenziale non giudicare il figlio, non evidenziare gli errori. I ragazzi sono fragili e stanno costruendo la loro personalità e i loro sogni, una forma di attacco dei caregiver potrebbe essere controproducente e indurli a compimento di atti estremi impulsivi».

Il sexting è l’anticamera di altri due tipo di problemi: sexestorsion e revenge porn.

Il fenomeno della sexestorsion si ha quando si verifica una estorsione sessuale. «L’adolescente viene avvicinato on line tramite profili fake, con ragazze o ragazzi avvenenti. Dapprima con delle chat innocenti, ma che in realtà celano vere e proprie organizzazioni criminali. Poi arrivano le richieste di denaro sempre più insistenti e poi la minaccia della diffusione del materiale. Non bisogna cedere alle richieste estorsive perché se si cede una prima volta ne seguiranno tante altre e saranno sempre più insistenti ed esose, e il truffatore comprenderà che dall’altra parte c’è una certa disponibilità economica. Non bisogna cancellare i messaggi, le chat intrattenute con questa organizzazione, ma fare screenshot dei profili su cui si è stati contattati, delle minacce ricevute». Rossello ha rimarcato come le segnalazioni possano essere fatte anche sul sito della Polizia di Stato.

Quanto al revenge porn, è quel fenomeno nel quale «una coppia decide di prendere strade differenti e uno dei due partner, per umiliare l’ex, diffonde materiale sessualmente esplicito senza il consenso dell’ex partner. Il fenomeno si regge sul costrutto psicologico emozionale della vittima. Fondamentale è la prevenzione. Anche in questo caso la segnalazione alle forze dell’ordine è fondamentale, come anche un supporto psicologico».

Da ultimo, l’appartenente alla Polizia di Stato ha trattato delle truffe sentimentali. «Esse coinvolgono perlopiù donne di età compresa tra 40 e 60 anni, affermate a livello professionale, colte e avvenenti. Sono separate o vedove e molto fragili dal punto di vista emotivo. Sono bisognose di attenzioni e lusinghe. Vengono contattate tramite social network e la capacità persuasiva dell’altra parte, che ne studia i profili e ne controlla interessi e hobby, si concretizza in un primo momento con complimenti non molto insistenti. Quando carpisce la fiducia, paventa la voglia di fare una famiglia, convolare a nozze e avere dei figli. Nasce così una relazione amorosa che lascia il tempo che trova, perché quado arriva il momento di incontrarsi, il truffatore accamperà ogni scusa possibile, come cure sanitarie da fare, oppure di essere stato derubato e non avere disponibilità economica per fare i biglietti. O ancora voler comprare casa ma non poter fare il mutuo. La donna, ormai legata alla persona, visto che c’è un disturbo legato alla personalità come la dipendenza affettiva, cederà alle richieste di denaro che le perverranno. Richieste prima di poco conto, ma poi molto importanti, che abbiamo accertato possono arrivare fino a 500mila euro».

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