di Claudio Cordova – Una piazza Duomo gremita, un numero enorme di applausi, diverse standing ovation. Sembra di essere tornati agli anni d’oro. Giuseppe Scopelliti ha il piglio dei tempi migliori, la veemenza che mostrava negli anni del “Modello Reggio”. Quel periodo politico che Scopelliti difende, ma che gli è costato la condanna definitiva e la lunga detenzione.
Oggi Giuseppe Scopelliti è un uomo libero e, appunto, presenta in giro per l’Italia il suo libro, “Io sono libero”, dove racconta la sua verità. Proprio da questo concetto parte nel bagno di folla di piazza Duomo, intervistato dal caporedattore de “La Gazzetta del Sud”, Piero Gaeta: “Prima o poi questa città dovrà sapere la verità sul caso Scopelliti” dice.
E via con il primo della serie pressoché infinita di applausi.
In piazza Duomo, con la Cattedrale alle spalle del palchetto, ci sono gli amici di sempre, i nostalgici, qualche curioso. Tutti ad ascoltare la versione di Scopelliti, che sottolinea la celerità con cui è stato giudicato – fatto più unico che raro in Italia – ma anche il fatto di aver potuto scontare a casa solo gli ultimi sei mesi della dura condanna inflitta nei tre gradi di giudizio: “Non sono stato giudicato come un detenuto esemplare, quale ero, ma essere il detenuto Scopelliti ha offuscato tutto questo. Invece non dovrebbe essere così: non dovrebbe contare ciò che eri, ma ciò che hai dimostrato nella struttura penitenziaria”.
E’ combattivo Scopelliti, rivendica la sua azione politica e la sua onestà: “Non mi sono mai appropriato di un centesimo, il Modello Reggio era un modello di buon governo, che aveva un’idea di sviluppo, una stagione che rischia di diventare irripetibile”. Già perché oggi Scopelliti vede una città triste, una città spopolata di circa 12mila unità rispetto a dieci anni fa, con una Amministrazione – a suo dire – incapace di spendere i soldi che potrebbe: “Quando vi dicono che i soldi non ci sono, mandateli a fanculo, perché non è vero” tuona.
Oggi regna la mediocrità, a suo dire: “Non ci sono gli uomini, non c’è la classe dirigente. La mia Amministrazione era una Amministrazione che costruiva opportunità. Oggi la città è tornata a 30-40 anni fa”. Non manca il vecchio cliché complottista, la retorica sui nemici della città, le accuse ai tessitori (di cui, evidentemente, non fa i nomi) che lo avrebbero voluto affossare, condannando di conseguenza la città: “Lo Stato centrale ha deciso di affossare Reggio” dice.
Ma, alla luce di tutto ciò, cosa ha intenzione di fare Scopelliti? In tanti, probabilmente, sono in piazza Duomo proprio per capire questo. L’ex sindaco di Reggio Calabria, l’ex governatore è amaro: “Io vivo la mia famiglia, che mi è stata sottratta per troppo tempo, non ho voglia di calarmi nuovamente in dinamiche di partito, dopo essermi disintossicato”.
Dice che i tempi non sono maturi per un ritorno, dunque, che prima la città dovrà conoscere la verità: “Non sono qui per tornare in politica o candidarmi. Sono qui per ristabilire la verità: con me i poteri forti, la borghesia mafiosa, sono sempre rimasti fuori. Mi sono già immolato una volta per la città, ma di certo non la abbandonerò mai”.
Quindi, per ora, esclude il ritorno. Ma solo per ora…