“Mio padre e Teodoro Crea mi dissero che la ‘Ndrangheta aveva le sue responsabilità nel rapimento del presidente Moro. Il fermo avvenuto nel 1976/1977 a Roma, presso il ristorante Il Fungo dell’Eur, dei soggetti Giuseppe Piromalli, Paolo De Stefano, Pasquale Condello, Mammoliti Saverio e l’esponente della banda della Magliana, era un preliminare atto al rapimento Moro”.
Lo ha scritto il collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese in una lettera che il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha prodotto oggi in aula durante il processo d’appello ‘Ndrangheta stragista contro Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo. Il pentito ha scritto la lettera inviata al magistrato per fare alcune precisazioni in merito alla deposizione resa lo scorso 13 dicembre davanti alla Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria.
In merito al ruolo che la ‘Ndrangheta avrebbe avuto nel rapimento Moro, il collaboratore Bruzzese non ha aggiunto altri particolari. Ha, però, parlato anche di un traffico di armi, che sarebbe stato gestito da un congiunto di Filippone, e di un grosso quantitativo esplosivo, e precisamente tritolo, che sarebbe stato in possesso delle cosche Mancuso e Piromalli.
“Questi ne possedevano abbastanza – ha scritto – da tirare giù mezza montagna”. Il procuratore aggiunto Lombardo ha chiesto che la lettera venga acquisita dalla Corte d’assise d’appello.
Nei prossimi giorni, le difese di Graviano e Filippone valuteranno se prestare il consenso. Subito dopo la Corte deciderà se risentire in aula il pentito Bruzzese.