Sono stati assolti i fratelli Tommaso, Vincenzo e Rocco De Angelis, imputati nel processo “Camaleonte” nato da un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria sull’infiltrazione della ‘Ndrangheta in alcuni lavori appaltati dall’Anas a Gallico e sulla realizzazione della stazione ferroviaria di Pentimele da parte di Rfi.
Lo ha deciso la Corte d’Appello presieduta da Giancarlo Bianchi che ieri pomeriggio, al termine della camera di consiglio, ha ribaltato la sentenza emessa dal gup il 22 gennaio 2021, accogliendo le ragioni del collegio difensivo composto dagli avvocati Francesco Albanese, Natale Polimeni e Aldo Pardo.
In particolare, sono cadute le accuse nei confronti dell’imprenditore reggino Tommaso De Angelis che era stato condannato in primo grado a 10 e 5 mesi di carcere per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Per quest’ultimo reato sono stati assolti anche Vincenzo e Rocco De Angelis che, nel primo processo, erano stati condannati a 2 anni e 6 mesi di reclusione. Per loro, infatti, era caduta l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Accusato di essere espressione della cosca Alvaro di Sinopoli e ancora sottoposto agli arresti domiciliari, “Masi” De Angelis è tornato in libertà.
La Corte d’Appello ha disposto anche la restituzione agli imputati della società “Decos Srl” che era stata confiscata nell’ambito della stessa inchiesta “Camaleonte”. Si tratta della società a cui, stando all’impianto accusatorio, la “Morfù srl” aveva affidato il nolo a freddo di mezzi e macchinari necessari per i lavori di realizzazione della stazione di Pentimele. Un appalto, di oltre 2 milioni di euro, che Rfi aveva assegnato a un’associazione temporanea di imprese guidata dalla Morfù Srl. (ANSA)