Il Tribunale di Crotone (presidente Massimo Forciniti, Alfonso Scibona ed Elisa Marchetto a latere) ha inflitto una condanna a 30 anni di reclusione ad Alfonso Mannolo, ritenuto a capo dell’omonima cosca di San Leonardo di Cutro, nel crotonese.
L’83enne boss è stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa al termine del processo scaturito dalle operazioni gemelle Malapianta ed Infectio. Indagini grazie alle quali la Dda di Catanzaro, insieme alla Guardia di finanza di Crotone, nel maggio del 2019 ha portato alla luce le attivita’ del clan di San Leonardo di Cutro collegato alla potente cosca dei Grande Aracri che opprimeva le attività economiche della zona al confine tra le province di Crotone e Catanzaro ed in particolare i villaggi turistici ai quali veniva chiesto il pizzo anche attraverso minacce di morte.
L’inchiesta era nata da una indagine avviata dalla Guardia Finanza di Crotone dopo la denuncia dell’imprenditore Giovanni Notarianni titolare del villaggio Porto Kaleo che si e’ ribellato alle estorsioni della cosca ed oggi vive sotto scorta. Complessivamente, su 28 imputati alla sbarra, sono state inflitte 19 condanne per un totale di 162 anni di reclusione. Nei confronti di Mannolo il collegio penale ha accolto la richiesta avanzata dai sostituti procuratori della Dda, Pasquale Mandolfino ed Andrea Buzzelli.
Le condanne più pesanti riguardano gli imputati di associazione mafiosa: 19 anni sono stati inflitti a Remo Mannolo, figlio di Alfonso Mannolo, per il quale l’accusa aveva chiesto trenta anni di reclusione. Condannati per il 416 bis anche Francesco Falcone (16 anni), Giuseppe Benincasa (17 anni e 2 mesi) e Antonio De Franco (13 anni) mentre per traffico di droga e detenzione di armi e’ stata condannata a 11 anni Antonella Bevilacqua. Il Tribunale ha disposto anche il risarcimento alle parti civili tra cui ci sono i comuni di Cutro e Perugia, la Regione Calabria, la Unicredit , gli imprenditori titolari del villaggi turistici vittime di estorsione.