Isabella Internò avrebbe svolto un ruolo attivo nell’omicidio di Donato Bergamini, il calciatore ventisettenne del Cosenza originario di Argenta (Ferrara) il cui cadavere fu trovato il 18 novembre del 1989 sotto un camion lungo la statale 106 Ionica, a Roseto Capo Spulico, e la cui morte fu attribuita in un primo tempo a suicidio. In realtà Bergamini fu ucciso e quella del suicidio fu soltanto una messinscena.
É quanto si afferma nella sentenza con la quale il primo ottobre scorso la Corte d’assise di Cosenza ha condannato Isabella Internò a 16 anni di reclusione in relazione alla morte di Bergamini con l’accusa di omicidio volontario aggravato, ritenendo comunque le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante della premeditazione. Circostanza che spiega la mancata condanna all’ergastolo.
Un omicidio che la Internò, all’epoca ventenne, avrebbe commesso in concorso con ignoti, “i quali – afferma la Corte – dopo avere narcotizzato Bergamini, o comunque riducendone le capacità di difesa, ne cagionavano la morte, asfissiandolo meccanicamente mediante uno strumento ‘soft’ e ponendolo, già cadavere, sotto il camion condotto da Raffaele Pisano”.