“Se non siamo audaci, il che non è sinonimo di irresponsabili, se non siamo terribilmente audaci con i nostri sogni e non crediamo in loro fino a renderli realtà, allora i nostri sogni appassiscono, muoiono, e noi con loro” - Luis Sepúlveda
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Il caso Rende ed il possibile epilogo dell’amministrazione Manna: la minoranza non molla e il “terremoto” prosegue

di Roberta Mazzuca – Un “terremoto giudiziario”. Business illeciti, arresti, sospensioni, ricorsi, revoche. Collusioni con la ‘ndrangheta, elezioni truccate, frodi, estorsioni, usure, riciclaggio. Un “terremoto giudiziario”. Racchiude insieme tutte le parole, le ingloba in un contesto preciso, le carica di un significato univoco. Parole potenzialmente infinite, appartenenti al mondo giudiziario, ma che delineano, in realtà, un quadro che si spinge ben oltre le singole condanne o assoluzioni. Un terremoto il cui epicentro è localizzato nel Comune di Rende, dal quale le onde sismiche si propagano irrimediabilmente nel territorio circostante, abbandonando le aule dei tribunali per travolgere la popolazione intera. Un terremoto che è soprattutto politico, amministrativo, sociale, e che ha provocato reazioni e resistenze. A partire da quella del sindaco di Rende, Marcello Manna, per niente intenzionato ad abbandonare la carica, e al centro di due forze opposte e complementari che lo vedono, da una parte, alle dimissioni, dall’altra, alla resistenza di un “giustizialismo che non appartiene alla città di Rende”. 

Le vicende sono ormai note. Dall’inchiesta denominata “Reset”, che nel mese di settembre ha coinvolto, con oltre 200 arresti, pezzi grossi della mala cosentina, gruppi storici che gestiscono business illeciti in territorio bruzio, e amministratori, imprenditori e assessori comunali, alla recente inchiesta che ha coinvolto nuovamente il Comune di Rende, e in cui lo stesso Sindaco è accusato dei reati di turbativa d’asta e corruzione, molti nomi di questo “tsunami giudiziario” ritornano protagonisti. Finito ai domiciliari nell’inchiesta “Reset”, ma tornato in libertà dopo l’accoglimento del ricorso da parte del Riesame, oggi il Sindaco “sospeso” è stato raggiunto dal divieto di dimora. Misura interdittiva anche per il suo secondo, la vicesindaca Annamaria Artese, che guidava l’ente dopo il coinvolgimento di Manna nella precedente inchiesta. Accanto a loro, un nome che ritorna è anche quello di Pino Munno, finito agli arresti domiciliari nell’inchiesta “Reset”, poi revocati, e finito nuovamente nei guai nell’attuale operazione “Malarintha”.

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Un susseguirsi di inchieste e accuse, insomma, che non riguardano soltanto i singoli soggetti coinvolti, ma che inglobano l’intera comunità, e la restante componente amministrativa. Proprio quest’ultima, parrebbe, si starebbe mobilitando affinché si ottengano quelle tanto auspicate dimissioni che il primo cittadino non intende concedere. “È bene sottolineare che non compete solo al Sindaco la scelta di proseguire o meno l’esperienza amministrativa”, scrivevano in una nota poco più di una settimana fa. “La scelta è rimessa anche al Consiglio comunale, e noi vogliamo confidare nel fatto che sia la sensibilità ed il senso di responsabilità dei consiglieri comunali a poter essere protagonista della scelta di restituire a Rende la serenità necessaria per tornare a guardare con fiducia e speranza al suo prossimo futuro”. Un disagio, quello espresso dalla minoranza, che parrebbe secondo loro riguardare anche alcuni componenti della maggioranza, nelle cui dimissioni confiderebbero con l’obiettivo di porre fine all’attuale amministrazione Manna. “Siamo consapevoli che occorrerebbe che sia almeno la metà più uno dei consiglieri in carica, dunque tredici, a rassegnare contestualmente le dimissioni per determinare lo scioglimento. Tuttavia, in assenza delle dimissioni del Sindaco, è l’unica possibilità di sottrarre la città a questa agonia e contenere i danni anche d’immagine che la situazione continua a produrre e alimentare”, affermano Michele Morrone, Enrico Monaco, e Massimiliano De Rose.

E, mentre la maggioranza, che nella precedente inchiesta aveva fatto quadrato intorno al Sindaco, definendolo “persona di grande levatura morale”, oggi pare un po’ più cheta e silenziosa, è la stessa minoranza ad appesantire il carico presentando, proprio nella giornata di ieri, una mozione di sfiducia nei confronti del primo cittadino. A firmarla, i consiglieri Franco Beltrano, Luciano Bonanno, Andrea Cuzzocrea, Massimiliano De Rose, Enrico Monaco, Michele Morrone, Sandro Principe, Annarita Pulicani, e Domenico Talarico che, insieme, chiedono “la convocazione immediata dell’apposita seduta del Consiglio comunale al fine di discutere e deliberare in merito alla presente proposta di sfiducia al Sindaco”.

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Una situazione che pare ormai ingovernabile, al di là di ogni ragionevole colpa o innocenza, e che delinea sicuramente una condizione poco chiara dal punto di vista politico, indipendentemente dall’iter giudiziario. Il Sindaco libererà il campo? Difficile dirlo. “Perché dimettermi sulla base del nulla?”, affermava infatti soltanto qualche giorno fa. Di sicuro il terremoto non si arresta, continua a scuotere gli animi di molti, e forse qualcuno “ci lascerà le penne”. O, forse, la vittima c’è già stata, e parrebbe proprio essere la città di Rende.

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