Il Coordinamento delle camere penali calabresi ha proclamato per domani l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale. Le motivazioni della protesta sono state esposte in un documento da cui traspare una forte vena polemica nei confronti dell’attuale capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, promotore di diverse inchieste. Vi si legge che “è oramai quotidiana la concentrazione mediatica rivolta esclusivamente alle cosiddette maxi-operazioni distrettuali calabresi, veri e propri bastimenti in cui vengono ‘ammassati’ esseri umani considerati e trattati come presunti colpevoli“.
Le camere penali lamentano “che la nostra regione è oramai divenuta la Calabria giudiziaria delle centinaia di ordini di cattura eseguiti nottetempo, nell’ambito di quei maxiprocessi -meglio definibili processi straordinari in cui vengono concentrati presunti innocenti in forza di una interpretazione giuridicamente eccentrica, da parte della pubblica accusa, dell’istituto della connessione, che rende tutto (mafiosamente e non teleologicamente) connesso”.
Per gli avvocati, “siffatta forma di incostituzionale ma efficace ‘presunzione di colpevolezza’ è lo stigma dedicato agli ‘ammassati’ in questi processi extraordinem, svolti -non più in aule di giustizia ma- in ‘aule-bunker’, non solo evocative della certezza della colpevolezza degli accusati, quanto e soprattutto divenute centri di attrazione mediatica proprio della Calabria giudiziaria; premesso che, in tale contesto, la spettacolarizzazione del maxi-processo nella ‘terra di Calabria’ ha raggiunto la più elevata e inimmaginabile vetta con la recente diretta televisiva delle richieste di condanna nel procedimento denominato ‘Rinascita Scott’, ‘a reti mediatiche unificate’ per garantirne l’ascolto – si legge – da talk show di prima serata, sottoponendo gli imputati alla ulteriore chemioterapica obliterazione, anche e soprattutto sociale, della presunzione di innocenza”.
Le camere penali considerano “l’utilizzo di tale forma di mediaticità della giustizia calabrese una vera e propria ‘arma di distrazione di massa’ in grado di impedire all’opinione pubblica di conoscere il reale stato della giustizia penale della nostra regione e, nello specifico, del distretto della Corte di Appello di Catanzaro, in cui, invero, si assiste alla concreta demolizione dei diritti dei cittadini indagati e imputati che formulano istanze di libertà nonché dei cittadini che sono stati ‘sequestrati dallo Stato’ ossia le persone che sono state ingiustamente detenute mediante provvedimenti giudiziari che si sono rivelati sbagliati, errati; rilevato che le istanze di libertà rivolte da presunti innocenti -persone indagate e imputate sottoposte a misure cautelari personali, molte delle quali carcerarie- al più alto Organo di giustizia di merito, il Tribunale di Catanzaro in funzione di giudice dell’appello cautelare, subiscono un’anticamera, prima che ne sia trattato il merito, di molti mesi, con grave, intollerabile lesione del dettato costituzionale della presunzione di non colpevolezza e del principio della minima sofferenza; rilevato che analoga sorte non veniva destinata, sino a poco tempo addietro e cessata anche in seguito alle vibrate proteste dei penalisti calabresi, agli appelli cautelari proposti dall’Ufficio di Procura distrettuale, fissati, trattati e decisi con una celerità che sarebbe stata ammirevole se non avesse impattato con l’ingiustificato e incomprensibile trattamento differenziato dedicato alle istanze di libertà dei presunti innocenti”.
Nel documento si rileva che, “nell’altro ambito, che attiene alle domande di riparazione per ingiusta detenzione presentate dalle vittime della giustizia ingiusta, persone depredate della libertà (e della propria vita) a seguito di provvedimenti giudiziari riconosciuti giuridicamente sbagliati, l’attività di monitoraggio condotta dalle Camere penali calabresi e dagli Osservatorio in seno alle stesse ha consentito di appurare dati a dir poco inimmaginabili: dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro ‘giacciono’, da anni, istanze di riparazione per ingiusta detenzione, addirittura presentate nell’anno 2021, che sono in attesa di fissazione, trattazione e decisione, configurandosi una situazione grave e intollerabile”.
Per gli avvocati “gli effetti di quest’ultimo caso di giustizia ingiusta non si limitano al detrimento del diritto del cittadino di sentirsi riconosciuto, “in nome del popolo italiano”, vittima di detenzione ingiusta, ma attengono anche ad un ambito che ha rilievo nazionale: la mancata trattazione delle ‘istanze riparative’ ci consente di dubitare fortemente – scrivono i rappresentanti degli avvocati – dell’improvviso virtuosismo che ha caratterizzato i recenti dati statistici delle ingiuste detenzioni del distretto della Corte di Appello di Catanzaro, che e’ divenuto, nell’anno 2022 -in coincidenza con il sostanziale blocco delle trattazioni delle istanze di ingiusta detenzione- da vetta (negativa) incontrastata per riconoscimenti giudiziari di ingiuste detenzioni riconosciute, a virtuoso “fanalino di coda”; con “sole” 22 riparazioni riconosciute nell’anno 2022; per quanto sin qui enunciato ritenuta non piu’ tollerabile la violazione del diritto dell’indagato e dell’imputato, comunque sottoposti a misura cautelare, di essere giudicati, rispetto alla propria istanza de libertate, nel tempo ragionevolmente previsto dalla Carta costituzionale, che, invece, e’ rigorosamente osservato, con un irragionevole trattamento differenziato, agli appelli cautelari interposti dalla pubblica accusa”.
Le camere penali fanno inoltre rilevare che che, “in tema di istanze volte al riconoscimento della ingiusta detenzione, l’attuale sostanziale ‘blocco’, dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro, delle fissazioni, trattazioni e decisioni delle istanze di riparazione nonché l’endemico ritardo delle decisioni anche dinanzi alla Corte di Appello di Reggio Calabria costituiscono grave violazione dell’art. 111 Cost. e dell’articolo 5 5 della Convenzione edu, nelle parti in cui lo Stato italiano non consente alla persona che e’ stata ingiustamente privata della libertà a seguito di un provvedimento giudiziario il tempestivo -inteso sempre in termini costituzionalmente ragionevoli- riconoscimento della riparazione per l’ingiustizia subita”
LA REPLICA DEI MAGISTRATI. La giunta esecutiva Sezionale dell’Anm del distretto di Reggio Calabria, in una nota, “esprime solidarietà e vicinanza” ai colleghi del Distretto della Corte di appello di Catanzaro per l’attacco giunto attraverso il comunicato delle Camere Penali calabresi e ribadito attraverso un’ulteriore nota-stampa. L’intervento delle Camere Penali – si fa rilevare in riferimento allo sciopero di domani – travalica l’esercizio del pur legittimo – e di certo indispensabile – diritto di critica, descrivendo i processi per reati di criminalità organizzata come dei bastimenti in cui vengono ammassati esseri umani considerati presunti colpevoli, e paventando la celebrazione di processi straordinari. Insinuando un uso distorto della funzione giurisdizionale, che sarebbe proprio della Calabria giudiziaria, si crea l’effetto pregiudizievole di infondere sfiducia nella Magistratura che invece è chiamata, in questa regione in particolare, a garantire, con gli sforzi ed i sacrifici che tutti possono immaginare, una tutela efficace dei diritti, all’interno di cornici processuali. Siamo certi – scrive l’Anm reggina – che l’attività svolta dai colleghi del distretto di Catanzaro, come quelli del Distretto di Reggio Calabria, sia univocamente finalizzata al doveroso esercizio della funzione giurisdizionale. A questa certezza si affianca l’auspicio che tali attacchi – strumentali e del tutto infondati- lascino il posto al rispetto reciproco su cui deve fondarsi una corretta, nonché indispensabile, dialettica istituzionale”.