“Pasqua è il Signore che passa, che passa “oltre”. Anche noi siamo chiamati a “passare oltre”. A passare da una pastorale ancora chiusa ad una pastorale missionaria, come ci esorta Papa Francesco, una pastorale in uscita, che rischia, che si mette in gioco. Interroghiamoci su come la nostra Chiesa di Lamezia può “passare oltre”. Con la forza che ci viene dall’ Eucaristia, il bene più prezioso in cui sono ancorati tutti i beni spirituali della Chiesa, siamo chiamati a fare Pasqua “passando oltre”, ad avere un orizzonte più ampio: l’amore di Gesù che abbraccia tutti, nessuno escluso”. Così il vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci che in Cattedrale ha presieduto la Santa Messa in Coena Domini, nella quale si fa memoria dell’Ultima Cena del Signore, e la Chiesa entra nel Triduo Pasquale.
“In questo giorno – ha proseguito il vescovo di Lamezia – accogliamo tre grandi doni: il dono del sacerdozio, il dono del’Eucaristia, il dono del comandamento nuovo dell’amore. Oggi siamo chiamati a pregare perché il Signore continui a donare sacerdoti alla sua Chiesa. Pensiamo in quante parti del mondo, in questo momento, non ci sono sacerdoti; pensiamo a quante persone non hanno la possibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica perché non ci sono sacerdoti. La Chiesa vive dell’Eucaristia e l’Eucaristia interpella la nostra vita, ci spinge a metterci al servizio dell’umanità”.
Commentando il Vangelo di Giovanni che racconta l’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli e il gesto della lavanda dei piedi, il vescovo lametino ha sottolineato che “la Chiesa è chiamata a fare quello che ha fatto Gesù, a seguire il suo Signore e Maestro sulla strada del servizio, dello svuotamento di sé. Questo è il Vangelo e noi non dobbiamo vergognarcene. Dobbiamo dire che la guerra è ingiusta e sacrilega perché così dice il Vangelo. E dobbiamo farlo con coraggio”.
Citando il vescovo don Tonino Bello, Schillaci ha ricordato che “il Vangelo non parla né di casule né di amitti, né di stole, ma di grembiule. Il Signore depone le vesti e indossa un grembiule, uno straccio. Gesù non è pieno di sé, come tante volte siamo noi, pieni del nostro orgoglio. Il Signore, in questo giorno, ci consegna il comandamento dell’amore che deve abitare sempre più la nostra esistenza. Quanto bisogno di amore c’è nel mondo in questo momento. Quanto bisogno di amore c’è nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nella nostra Calabria, nella nostra Lamezia. Non un amore teorico, ma un amore concreto, che si abbassa e si mette a servizio. Il Signore passa realmente se siamo capaci di passare da noi stessi a Dio. Lasciamoci raggiungere da questo amore e, nella misura in cui siamo raggiunti, possiamo trasmetterlo agli altri. Siamo chiamati ad “amorizzare” il mondo, ad immettere amore. La Chiesa è nel mondo per servire, i cristiani sono nel mondo per mettersi a servizio. L’Eucaristia è il memoriale dell’esempio che il Signore ci ha dato e che noi siamo chiamati ad attualizzare non in maniera teorica, ma con uno stile di vita concreto”.
“Desideriamo vivere di Te, Signore – ha concluso il vescovo – Fa’ che diventiamo dono per tutti, dono gli uni per gli altri.”
Al termine della celebrazione, il vescovo in processione ha riposto l’Eucaristia all’altare della reposizione per l’adorazione da parte dei fedeli.