“L’Associazione ACR, vicina ai tanti amici cacciatori, agricoltori e allevatori, – si legge in una nota diramata da Giuseppe Cannizzaro, responsabile regionale della Confederazione
delle Associazioni Venatorie Italiane, e l’On. Sergio Berlato, presidente nazionale dell’Associazione per la Cultura Rurale – mette ancora una volta in risalto la
problematica che da mesi affligge la nostra Regione, in modo particolare il territorio reggino: la Peste Suina Africana. Infatti la presenza massiva di cinghiali su tutto il territorio, evidenzia le varie problematiche presenti e irrisolte.
Sono passati oramai cinque mesi dal ritrovamento della prima carcassa risultata infetta, ci si aspettava un disastro ma fortunatamente i casi sono stati isolati e circoscritti e ad oggi i ritrovamenti rimangono sempre fermi a quota sedici.
Già dopo due mesi dall’inizio della malattia, analizzando i dati pubblicati sul sito del Ministero della Salute, l’associazione ACR ha notato delle anomalie e ad oggi, a distanza di cinque mesi, ancora una volta vorrebbe metterle in risalto.
Il territorio calabrese, ricco di zone boscose a macchia mediterranea, conta la presenza di migliaia di cinghiali, eppure sono stati pochi gli animali ritrovati morti risultati positivi al test: casi isolati e di rado in zone limitrofe, quindi, ci si chiede?
Come mai visto che si parla di una malattia altamente contagiosa, in questo lungo arco temporale non sono state più rinvenute carcasse così come avviene nelle Regioni del nord (Liguria e Piemonte…)?
In queste zone, infatti i numeri continuano a salire giornalmente e si contano ad oggi quasi mille casi! Eppure, nei vari comuni del territorio aspromontano, (Reggio Calabria, Bagnara, Cardeto, Bova, Santo Stefano, ecc. ecc.) i cinghiali sono molto numerosi, giornalmente causano danni all’agricoltura e creano pericolo per l’incolumità pubblica a causa di incidenti stradali e aggressioni agli umani.
La loro presenza si nota in maniera esponenziale perché non sbucano più soltanto all’imbrunire ma anche nelle ore diurne sono tanti i branchi che si spingono fino ai centri abitati.
Analizzando il sito ministeriale si nota un’altra stranezza, quella del ritrovamento di vari animali risultati negativi al virus della PSA, non incidentati, per i quali non viene riportata la causa di morte.
Perché questo tipo di evento non viene approfondito? A causa di cosa sono morti questi cinghiali?
Varie sono state le riunioni organizzate sul territorio, tra le più rilevanti quella organizzata dall’ATC RC1 il 10Giugno presso il “Teatro dello Stretto” sito in Campo Calabro nella sede televisiva di RTV con la presenza massiva di cacciatori e allevatori, e quella organizzata il 7 Agosto nel Comune di Calanna che ha visto la partecipazione del Commissario Caputo e di diversi esponenti della politica calabrese.
ACR, fa notare, che l’unica nota positiva di questi incontri è stata quella di illustrare o far conoscere meglio la PSA, ma delle varie soluzioni da mettere in atto per contrastarla, rallentarla o fermarla, nulla è stato fatto e nulla si sta facendo, addirittura, neanche le molteplici norme previste dalla varie ordinanze ministeriali sono mai state attuate:
• Nessuna affissione di segnaletica nei punti di accesso che dovrebbe riportare le informazioni principali sulla PSA, divieti e comportamenti da adottare;
• Nessun allestimento di dispositivi di cattura;
• Nessuna costruzione di barriere fisiche al fine di limitare gli spostamenti degli animali;
• Nessuna recinzione per delimitare i cassonetti adibiti alla raccolta dei rifiuti.
In sintesi l’unico effettivo provvedimento adottato, è rappresentato dal divieto di caccia alla specie cinghiale e dalle varie limitazioni/divieti per ciò che concerne gli allevatori, che, stremati dal lungo blocco, dovrebbero ricevere lauti incentivi.
Nella fase iniziale di contagio, sono stati molti i cacciatori che a titolo gratuito e affrontando i relativi costi di propria tasca, si sono adoperati alla ricerca attiva delle carcasse ma con esito negativo.
Durante l’ultimo incontro, che sembrava voler essere risolutivo, è stato ribadito a chiare lettere che serve l’aiuto dei cacciatori, che bisogna raggiungere l’obiettivo ed eliminare in questa stagione venatoria in tutta la regione 18.000 esemplari di cinghiale e che lo smaltimento delle carcasse, dato il costo elevato, sarebbe dovuto consistere nell’interramento in aree stabilite, successivamente sanificate/disinfettate.
E’ stato detto anche che l’esercizio dell’attività venatoria sarebbe stato consentito in un numero di otto cacciatori e tre cani magari sotto controllo pubblico e, ovviamente, utilizzando tutti i dispositivi di biosicurezza previsti dall’ordinanza all’allegato I.
Andando a leggere l’ultima Ordinanza Ministeriale n. 5/2023, “Misure di controllo ed eradicazione della Peste Suina Africana”, molto simile a tutte le precedenti, invece, si legge a chiare lettere, che nelle zone soggette a restrizione ll e Ill, è vietata l’attività venatoria collettiva (caccia con più di 3 operatori) di qualsiasi tipologia e specie e l’attività venatoria alla specie cinghiale.
Sono molti gli amici cacciatori, soprattutto “cinghialai”, che a queste condizioni non hanno rinnovato le licenze di caccia con relative perdite economiche per ciò che riguarda il settore: mancato introito delle tasse per le casse dello Stato e delle Regione Calabria, ma ad essere penalizzati maggiormente sono tutte quelle attività economiche che ruotano attorno all’attività venatoria (armerie, bar, produttori di prodotti locali,allevatori ecc ecc.).
ACR, a questo punto vuole sapere come e chi riuscirà a raggiungere tali obiettivi visto e considerato che nelle zone ll e lll è stata vietata la caccia al cinghiale e come verranno abbattuti i migliaia di esemplari presenti in queste zone.
È impensabile pensare che quei pochi bioregolatori abilitati, possano ottenere tali risultati, così facendo la specie cinghiale diventerà ancora più numerosa e distruttiva e si rischia che la PSA, fino ad oggi rimasta circoscritta in alcune zone, possa espandersi maggiormente.
Purtroppo a malincuore, ACR deve evidenziare che ancora una volta alle tante parole non sono susseguiti i fatti e il così tanto supporto richiesto ai cacciatori è rimasto aleatorio.
Ci si sta privando di un servizio gratuito, offerto da gente esperta, i cacciatori, che continuando a coltivare la propria passione, avrebbe potuto contribuire e limitare questo massivo ed incontrollato fenomeno riproduttivo e la diffusione di questa malattia.
L’associazione ACR, conclude, chiedendo a tutti gli organi preposti, di prendere coscienza dell’emergenza cinghiali e della PSA, e del fatto che solo con il supporto delle squadre di “cinghialai” questo fenomeno si può contenere”.