“Alfonso ti dà lo studio (…) falli entrare uno alla volta (…) dai meno nell’occhio ti prego”. Così Cristiano Fusi, all’epoca responsabile Riabilitazione specialistica degli Istituti Clinici Zucchi del gruppo San Donato, nonché “medico fisiatra” alla clinica Madonnina, avrebbe dato istruzioni a Gianluca Borelli, con precedenti per bancarotta, su come effettuare i tamponi anche se quest’ultimo non aveva alcun “titolo abilitativo per farlo”.
Lo si legge in un’imputazione per esercizio abusivo della professione, contestata a Fusi, Borelli e ad un’altra persona, contenuta negli atti dell’inchiesta della Dda milanese sulle infiltrazione della ‘Ndrangheta nella sanità lombarda, che oggi ha portato a 6 arresti.
Secondo l’accusa, Fusi avrebbe fatto in modo che Borelli facesse tamponi anti-Covid per la clinica Zucchi, alla Madonnina e anche per il Monza Calcio. Era il primo ad attivarsi per “il reperimento dei pazienti”, mentre Borelli era “l’esecutore materiale” degli stessi tamponi. Gli appuntamenti, si legge ancora, venivano organizzati “anche all’interno della clinica Madonnina” e Borelli veniva presentato da Fusi “come suo collega o collaboratore”. Era un addetto alla reception della clinica ad accompagnarlo “presso la stanza adibita”. Intercettato tra ottobre e novembre 2020, Fusi diceva a Borelli: “Uno alla volta li fai entrare”. E Borelli: “Ma tu vieni però?”. Fusi: “Sì sono in macchina (…) fatti dare il locale e falli entrare uno alla volta (…) inizia a fare tu!”. Per i tamponi non sarebbero stati compilati i moduli specifici, né rispettati i percorsi dei pazienti e in generale non sarebbero state seguite le normative anti-Covid.