Condanne per oltre 370 anni sono state chieste dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Roma per 34 imputati che hanno optato per il rito abbreviato nel procedimento sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno. Per un’altra trentina di imputati la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio.
L’inchiesta, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò con i pm Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Alessandra Fini, aveva portato il 17 febbraio scorso all’arresto eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo della Capitale di oltre sessanta persone accusate anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Ai vertici dei due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro, c’erano Giacomo Madaffari, Davide Perronace e Bruno Gallace: per quest’ultimo, che ha scelto il rito abbreviato, sono stati chiesti 20 anni.
In seguito all’inchiesta della Procura capitolina, lo scorso novembre i comuni di Anzio e Nettuno sono stati sciolti per mafia. In base a quanto emerso dalle indagini, i clan della ‘ndrangheta puntavano a ‘colonizzare’ il litorale romano, e per rafforzare il proprio potere sfruttavano la consolidata capacità di importare ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America, per poi infiltrarsi nelle amministrazioni locali attraverso la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori, da quello ittico alla gestione e smaltimento dei rifiuti.
Gli accertamenti avevano consentito di ricostruire fra l’altro l’importazione di 258 chili di cocaina avvenuta nella primavera 2018, tramite un narcotrafficante colombiano, disciolta nel carbone e poi estratta all’interno di un laboratorio allestito a sud della Capitale. La ‘ndrina aveva anche in progetto di acquistare e importare da Panama circa 500 chili di cocaina nascosti a bordo di un veliero che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche.
L’operazione però saltò quando gli arrestati vennero a conoscenza delle indagini proprio nei loro confronti. Ora, con l’avviso di conclusione delle indagini, in 66 rischiano di finire a processo.