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‘Ndrangheta, affiliato scrive a Klaus Davi: “Sono stanco di questa vita”

Un noto affiliato appartenente alla ‘Ndrangheta ha fatto avere a Klaus Davi una lettera firmata. Lo ha rivelato il giornalista intervistato dall’emittente regionale calabrese “Reggio Tv”. Nella lettera, scritta a mano, l’uomo si dice “stanco di questa vita”. Il giornalista non ha voluto aggiungere altri dettagli in quanto qualsiasi sfumatura potrebbe rendere identificabile il soggetto e metterlo in pericolo di vita.
Non è certo il primo “cripto-pentito” che si rivolge al massmediologo. Il primo fu Tonino Filocamo, morto suicida a Lecce: contattò il giornalista nel suo studio di Milano nel febbraio del 2020 raccontando una serie di retroscena relativi alla cosca Serraino e soprattutto rivelò il presunto autore dell’omicidio di Nino Gulli, reso poi subito noto dal giornalista in un video. Tra i confidenti di Davi – si legge in una nota del massmediologo – c’era pure il poliziotto Sebastiano Vecchio, affiliato alla cosca Serraino che poi scelse la via della collaborazione. Per non parlare del ‘Buyer’ che nell’inchiesta “Medoro” della Dda di Milano aveva aperto un canale con Klaus Davi da due anni svelando, tra le altre cose, i retroscena di un’estorsione avvenuta a pochi passi dalla sede del Corriere della Sera, alla presenza di esponenti della cosca De Stefano, Mancuso e di un noto titolare di una società di security che serve le grandi famiglie di Milano (altro che Buccinasco!), gli intrecci dei gruppi mafiosi che ruotavano attorno al Ristorante ‘Oro’ e numerosi altri episodi come quello del mercato degli orologi gestito da soggetti della “Milano Bene”.
«Il nome della persona – commenta Klaus Davi – non verrà mai reso noto e la lettera è custodita in banca. Sarà solo lui a fare la scelta e questo dovrà avvenire nelle sedi opportune in presenza dell’autorità giudiziaria. Mi sento estremamente responsabilizzato e spero che al suo gesto ne seguano altri. Per me è stato il più bel regalo di Natale ed è la prova, ad onta dei detrattori milanesi, di quanto seriamente operiamo tutelando sempre le nostre fonti».
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