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Homereggio-calabria-brasileDall’Italia ai Mondiali con Bertolino: ActionAid a Reggio, L’Aquila e Torino

Dall’Italia ai Mondiali con Bertolino: ActionAid a Reggio, L’Aquila e Torino

actionaidbertolinoquaterdi Lavinia Romeo – Ha sempre avuto un dono innato, quello di saperci ridere sopra, di saper affrontare con ironia anche gli argomenti più impegnativi. Ed è con quel sorriso familiare, ma anche con un ferreo rigore lombardo, che Enrico Bertolino affronta il complesso mondo della solidarietà e lo fa utilizzando lo strumento educativo per eccellenza, lo sport.

Dal 16 giugno infatti, Bertolino è fedele narratore dei sogni di sei bambini italiani nella trasmissione RAI, all’interno di Uno Mattina, “Italia-Brasile. L’azione è partita”. Sei giovani leve sportive tra i 10 e i 12 anni, selezionate da ActionAid Italia nelle scuole di Reggio Calabria, L’Aquila e Torino, sono volate in Brasile insieme al comico e presentatore e da li racconteranno le loro storie, che si intrecceranno a quelle dei bambini brasiliani, con i quali condivideranno allenamenti sportivi ed esperienze.

Il Dispaccio seguirà questa avventura dei ragazzi in esclusiva, riportando, per tre settimane, un diario giornaliero, in cui i protagonisti racconteranno le esperienze, le difficoltà e le opportunità di una terra dal fascino straordinario.

Antonino D’Amico e Domenico Zavettieri sono i due piccoli atleti reggini che hanno avuto l’opportunità di partire per la trasferta brasiliana insieme al capo spedizione Enrico Bertolino. I 6 bambini italiani, insieme con 6 bambini brasiliani, giocheranno e si alleneranno seguiti dal responsabile tecnico Aldo Montinaro, ed alla fine del viaggio i giovani sportivi disputeranno, per suggellare l’esperienza, la partita Italia-Brasile, il tutto durante i Mondiali di Calcio 2014.

Ma l’allenamento degli aspiranti calciatori reggini sotto l’occhio vigile di Bertolino, è iniziato qualche settimana prima della trasferta carioca, infatti il comico ha partecipato all’open day sportivo svoltosi presso dell’Istituto Comprensivo “Telesio-Montalbetti” di Reggio Calabria.

L’istituto Montalbetti, insieme al “Rodari” de l’Aquila, è tra le due scuole che ActionAid Italia ha scelto di affiancare con il progetto pilota “Costruiamo l’Italia del futuro”. Grazie a questa iniziativa, la scuola reggina, che ricade nel quartiere Modena, zona periferica ad alto indice di penetrazione mafiosa e dispersione scolastica, ha potuto ampliare il ventaglio dell’offerta formativa, sviluppando nel corso dell’anno scolastico 2013/2014, una serie di attività che hanno coinvolto alunni e genitori.

“Occorre fare respirare ai ragazzi quelli che sono i principi della solidarietà, questi valori si apprendono non solo attraverso l’insegnamento formale, ma soprattutto attraverso le esperienze, gli obiettivi sui cui l’istituto Montalbetti lavora sono l’integrazione e l’aggregazione, perché è facile parlare di cittadinanza attiva, ma sono le iniziative concrete che servono per costruire i cittadini del futuro”. Con queste parole la dirigente scolastica Marisa Maisano, ricorda l’importanza dell’azione non solo nel percorso educativo, ma soprattutto all’interno della società in cui la partecipazione comune, specie in età scolare, è il principale volano per il cambiamento.

Actionaid ha stimolato la creazione di riflessioni e laboratori all’interno della scuola con i percorsi didattici “Dalla terra alla tavola” e “Prevenzione e valutazione del rischio sismico” ed inoltre, attraverso il progetto”Nei panni dell’altra”, un gruppo di allievi ha potuto riflettere sulle discriminazioni di genere nel mondo del lavoro e nei messaggi veicolati dai media.

Infine non sono mancati i momenti collettivi di socializzazione e svago, con il gemellaggio realizzato con l’altra scuola coinvolta nel progetto, il Rodari de L’Aquila.

Con l’aria divertita di chi ha appena finito di correre dietro il pallone, Enrico Bertolino, super ospite dell’open day finale presso l’istituto Montalbetti, spiega, in esclusiva al Dispaccio, la genesi della sua partecipazione al progetto di Actionaid.

Questa è la sua prima volta a Reggio Calabria?

Sono già venuto in Calabria, ma a Reggio è la prima volta che mi fermo, ho sempre pensato che la Calabria sia una regione accogliente, ma di Reggio ho visto poco, ho solo potuto ammirare il bellissimo lungomare.

Lei ha fondato nel 2004 una onlus che si occupa dei bambini in Brasile, volevo sapere da lei perché si fa solidarietà?

La solidarietà per me è ridare un po’ di quello che si è ricevuto. Per uno come me, che ha vissuto una vita particolare e ha avuto l’opportunità di trasformare il suo hobby in una professione e di guadagnarci anche dei soldi, l’idea di ridare qualcosa mi sembrava corretta. Solidarietà significa far partecipi gli altri della propria fortuna.

Come è nata la sua collaborazione con Actionaid?

ActionAid mi ha contattato perché avendo io già un’esperienza solidale da 10 anni in Brasile e parlando la lingua portoghese per me è più facile gestire questo progetto. Poi si tratta anche di lavorare con dei bambini, è un modo diverso di fare televisione, in cui non deve emergere nessun tipo di buonismo o di pietismo, ma deve essere un modo divertente di trattare delle tematiche non sempre divertenti.

Il suo programma parlerà di sport e solidarietà, come si combinano questi due fattori?

Il programma che partirà il 16 giugno avrà al mattino un diario di viaggio e tutto, alla fine, dovrebbe sfociare in una docufiction di un’ora, che andrà in seconda serata su Raiuno in parallelo ai mondiali. I mondiali di calcio sono un evento sportivo, noi vogliamo creare un evento di sport ma che non viva solo negli stadi, ma che faccia vedere un altro Brasile.

La campagna di Actionaid si chiama “Costruiamo l’Italia del futuro”, per farlo bisogna partire dalle scuole? Futuro vuol dire istruzione in Italia come in Brasile?

Secondo me, per costruire il futuro bisogna vivere il proprio presente rispettando il passato, cioè la tradizione. Il Brasile è un paese giovane che ha fatto grandi passi velocemente e facendo grandi passi ha lasciato dietro qualcuno. Anche noi qui in Italia stiamo lasciando indietro tanti e non basta fare i programmi, questo sa di “renziano”, di promessa elettorale, la cosa da fare invece è portare avanti un progetto per il benessere, cioè lo star bene delle persone, che va dai genitori di questi bambini, che li accompagnano per un sogno, che è irripetibile, quasi irrealizzabile, ma vale anche per tutti quelli che vedono il programma, che possano capire che ciascuno può avere parte a questo progetto, semplicemente impegnandosi in prima persona, senza aspettare che lo facciano gli altri. Non bisogna dire sempre che è lo Stato che dovrebbe fare qualcosa, ma lo Stato siamo noi. Qui molti bambini con cui ho parlato durante le interviste, mi hanno detto che a Reggio non gli piace la spazzatura, non solo perché gli spazzini non la raccolgono, ma anche perché c’è la gente che butta qualsiasi cosa nei posti non predisposti alla raccolta, mentre io penso che ognuno, nel suo piccolo, possa dare una mano alle istituzioni.

Ma si può fare una distinzione manichea tra buoni e cattivi cittadini? O forse i problemi partono dall’alto, dalle scelte di chi amministra?

Non si devono dare gli ordini alle persone, perché l’ordine crea la trasgressione, si possono cambiare anche le abitudini culturali più radicate e per far ciò il tempo è una componente importante. I brasiliani questo lo sanno, proprio perché è un paese che è cresciuto tanto ed in poco tempo, infatti lì esistono ancora grosse sacche di povertà, come il movimento dei “senza terra” che ha invaso i latifondi di proprietari che non usavano la loro terra, anzi non sapevano nemmeno di averla, ma ugualmente li hanno fatti sparare dalla polizia perché avevano toccato la loro proprietà. Invece la “posse”, come si dice in brasiliano, cioè l’usucapione, deriva proprio da questo, cioè lasciare il terreno a qualcuno che lo coltivi e te lo migliori e questo potrebbe essere un principio che vale anche a Reggio Calabria, per migliorare la città. Perché la città è vostra, usatela, fate quello che volete, ma fate bene.

Ci parli della sua esperienza umanitaria in Brasile, come è cambiato questo paese negli ultimi anni?

Alcuni anni fa, ho fondato con la mia compagna brasiliana una onlus che aiuta i bambini brasiliani di Pititinga, piccolo comune nel nord del Brasile. Li ho una scuola di calcio e una di capoeira, che è un’antica danza africana, il calcio in Brasile è una sorta di religione, è arrivato tardi ma quando è arrivato ha attecchito subito, i bambini della mia scuola non giocano a calcio se non vanno bene a scuola e questo è un modo per far passare il concetto che studiare e giocare sono più o meno la stessa cosa. Il Brasile è un paese enorme, è un continente in cui ci sono tre fusi orari, ma molte cose sono migliorate soprattutto nel campo dell’istruzione, c’è la “bolsa familia”, con cui le famiglie possono ricevere un salario minimo in base alla situazione di disagio che vivono, inoltre l’energia elettrica è diventata trifasica e le strade vengono asfaltate.

Lei ha detto che spesso “il gesto arriva prima della parola”, gli italiani sono in grado di fare grandi gesti nei confronti del prossimo?

Gli italiani, il popolo italiano è meglio di chi lo governa, il problema è che quelli che stanno al potere li eleggiamo noi. Il volontariato è una realtà molto forte, però c’è il mal costume di pensare che la politica sia un’altra cosa, invece chi governa è l’emanazione della popolazione, per cui, al di là di farsi i belli quando ci sono gli eventi, dovremmo essere delle persone civili e la civiltà significa anche dare una mano a quelli che hanno meno, anche per evitare che quelli che hanno meno poi vengano a prenderselo. Cosa che purtroppo è capitata in Brasile, dove i poveri ad un certo punto hanno imbracciato il fucile e si sono ribellati ai ricchi, per questo a San Paolo c’è un numero altissimo di sequestri di persona temporanei, sono le persone disperate, che vedono i ricchi andare in giro in elicottero e loro non hanno di che vivere.

L’avventura brasiliana sta per cominciare, ma cosa le ha lasciato questo breve tour tra le scuole italiane?

Sono molto contento di aver fatto questo tour che è passato da Torino per L’Aquila fino a Reggio Calabria. In tutte le zone che ho visitato mi ha sorpreso la capacità che ha questo popolo di risollevarsi, dopo terremoti ed alluvioni, al di là degli stereotipi. E lo stesso vale per la Calabria, che si ricorda spesso per la Salerno-Reggio, l’autostrada che non finisce mai, la collusione, la ‘ndrangheta, ma tutto questo è troppo limitativo, sarebbe come dire che Milano è famosa solo per il panettone. Invece le persone possono cambiare le cose, anche le tradizioni più radicate, come un fatto che è avvenuto recentemente in Iran, in cui una madre, venendo meno alla legge coranica, ha deciso di graziare l’assassino del suo unico figlio. Questo episodio ci fa capire che le persone, da sole, anche con un singolo gesto, possono cambiare le tradizioni più ancestrali.

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