Si è svolta a Reykjavík in Islanda la conferenza internazionale dei lavoratori della pesca organizzata dalla Uita, Federazione sindacale internazionale dei lavoratori del settore agro-alimentare, pesca e turismo, con la partecipazione di rappresentanti di Onu, Ilo e Fao e gli interventi tra gli altri della Prima Ministra islandese Katrín Jakobsdóttir e della Ministra dell’agricoltura e pesca Svandis Svavarsdottir.
“In una sede così importante non potevamo che portare la voce dei tanti pescatori europei, in particolare quelli italiani, preoccupati dalla continua riduzione delle giornate di lavoro”, ha detto nel suo intervento Lilia Castellani, componente del Coordinamento nazionale Pesca della Fai-Cisl. “Vogliamo portare all’attenzione di tutti gli stakeholders – ha proseguito la sindacalista – il fatto che il nuovo piano di azione della Commissione europea, volto a migliorare la sostenibilità e resilienza della pesca e dell’acquacoltura, presenta misure punitive contro il settore, con limitazioni ideologiche più che scientifiche, che finiranno per gravare drammaticamente su occupazione e imprese: serve una visione di sostenibilità sociale ed economica oltre che ambientale, mentre ad oggi vediamo soltanto un percorso che impedirà, di fatto, entro il 2030, la pesca a strascico, colpendo la pesca mediterranea a vantaggio di altri sistemi e vanificando i tanti sacrifici fatti finora dai lavoratori, dalle imprese e dai singoli governi per salvaguardare il comparto”.
Tra gli ordini del giorno, i temi della sostenibilità, del ruolo delle donne nella pesca, delle prospettive di sviluppo della rappresentanza sindacale nel settore. Inoltre la Uita ha deliberato la costituzione di una “divisione prodotti del mare” per sostenere tutti i lavoratori della filiera ittica e due documenti che estendono il concetto di pesca illegale anche alla violazione dei diritti umani e del lavoro, e riconoscono il ruolo di lavoratori e sindacati nelle organizzazioni regionali della pesca che decidono le misure di conservazione delle risorse e la regolamentazione delle quote in quasi tutte le aree di pesca del mondo.
“Mentre discutiamo giustamente di sostenibilità e di accesso mondiale all’alimentazione sana – commenta il Segretario nazionale della Fai Cisl Patrizio Giorni a margine dell’incontro – qualcuno a Bruxelles dimentica che il pesce arriva sulle tavole soltanto grazie ai lavoratori del comparto. Mortificare la pesca italiana ed europea finora ha soltanto comportato un’impennata dell’import di pesce, giunto oramai in Italia oltre il 90%, senza pensare alle condizioni di lavoro e al rispetto ambientale di chi pesca e trasforma quel pesce d’importazione: un paradosso che deve farci riflettere e che deve spingere la politica europea a cambiare rotta”.