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Migrante suicida dopo essere stato preso a sprangate: 29enne palmese condannato a due anni di carcere

Il giudice di Imperia Marta Maria Bossi ha condannato oggi a 2 anni di reclusione ciascuno Ignazio Amato, 29 anni, originario di Palmi (Reggio Calabria), Francesco Cipri, 40 anni e Giuseppe Martinello, 45 anni, entrambi originari della provincia di Agrigento, accusati di lesioni per aver preso a sprangate Moussa Balde, 23 anni, il migrante della Guinea, che pochi giorni dopo si impiccò nel Cpr di via Brunelleschi a Torino.

L’aggressione, a detta degli imputati, residenti a Ventimiglia, fu conseguente a un tentativo di borseggio da parte di Balde a uno di loro. Nel corso della requisitoria, il 9 dicembre scorso, il pm Matteo Gobbi aveva chiesto una pena a 2 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno. “Ritengo comunque che sia stata una sentenza equilibrata. E’ stata concessa la sospensione condizionale della pena – afferma l’avvocato Marco Bosio, che assiste i tre imputati – e sono state riconosciute le attenuanti generiche in misura equivalente rispetto alle contestate aggravanti, come richiesto dalla difesa”. Per il legale “è stato importante anche il risarcimento del danno da parte degli imputati. Leggeremo comunque le motivazioni ma in generale possiamo ritenerci soddisfatti della sentenza. Valuteremo se ci sono gli spazi per ricorrere in Appello e ottenere una riduzione”.

Per l’avvocato di parte civile, Gianluca Vitale, che assiste la famiglia di Balde “il giudice ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti sulle aggravanti contestate. Il pm aveva chiesto di escluderle e la difesa aveva chiesto di ritenerle prevalenti. Devo dire che una condanna a due anni è significativa e sia correttamente parametrata alla gravità del fatto”. Aggiunge Vitale: “C’è stato anche un risarcimento di tremila euro alle parti civili. Erano stati contestati i 10 giorni di prognosi perchè credo ci sia stata una sottovalutazione da parte dei medici. Viene però riconosciuta la gravità dell’aggressione, al di là delle conseguenze che andranno viste anche in altra sede”.

LA MANIFESTAZIONE. “Moussa Balde è stato omicidio”, “Indifferente, complice società razzista” sono alcuni degli slogan scritti su cartelli di protesta stamani davanti al tribunale di Imperia, dove alcune decine di attivisti di diverse associazioni umanitarie hanno organizzato un sit-in in attesa della sentenza al processo contro i tre imputati italiani accusati di lesioni.

Nel gruppo dei manifestanti c’erano pure Bruno Rossi e Franca Murialdo, i genitori di Martina Rossi, che hanno fondato un’associazione in memoria della figlia, morta a 20 anni, il 3 agosto 2011, precipitando dalla terrazza di una camera d’albergo, a Palma di Maiorca (Spagna), nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale. “Prima di passare le ultime giornate della sua vita le avevo detto di stare attenta che il mondo è pieno di stupidità – ha detto il padre -. Ancora oggi c’è una giustizia di classe, una giustizia del processo, una delle indagini, una nella sorveglianza, una nell’applicazione delle pene. E questa giustizia viene fatta sempre a favore dei ricchi e contro i poveri. Mio padre, invece, insegnava che la scelta più semplice e naturale è di stare dalla parte dei poveri, dei deboli e di chi soffre. Come associazione siamo qui, perché vogliamo aiutare”.

“La sentenza nasce decisamente male – ha affermato Silvana Vinai, dell’ associazione Imperia Solidale – perché da subito non è stata presa in considerazione l’aggravante del razzismo, una cosa evidente nel contesto in cui si è svolta l’aggressione”..

 

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