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Umanità e Guerra: un duo inscindibile e simbiotico?

di Saveria Cusumano – L’ “humanitas”, intesa quale “insieme di tutti gli uomini” con le loro peculiarità, individualità ed egoismo e non come sentimento filantropico di comprensione e solidarietà, è caratterizzata dalla perenne lotta tra bene e male, tra Eros e Thanatos, tra amore e odio, tra guerra e pace.

Nonostante il progresso della società contemporanea, l’uomo è rimasto quello dell’età della pietra, in lui” gli impulsi primitivi selvaggi e malvagi non sono scomparsi ma continuano ad esistere nell’inconscio”.

L’ uomo si evolve e con lui si evolve la guerra. Due diverse evoluzioni che spesso, nei periodi più bui, tendono ad intersecarsi inesorabilmente.

Dagli imperi greci e romani alla guerra in Afghanistan, Libia, Myanmar, Palestina e Nigeria, Iraq, sino alla guerra in Ucraina, iniziata con l’invasione russa per obiettivi imperialistici di potenza e sicurezza, ad oggi, sono 59 i conflitti in corso nel mondo.

Conflitti che l’umanità (biologicamente destinata alla distruzione?) prova a giustificare, controllare e finanche a codificare.

Se nella Grecia antica Aristotele aveva giustificato la guerra da un punto di vista morale, qualificandola giusta per difendere i confini o per esercitare egemonia sui popoli conquistati, in tempi recenti non mancano governi che parlano di necessità e giustezza di guerra preventiva, o, come nel caso dell’intervento militare della Nato in Kosovo, coniando l’ossimoro “guerra umanitaria”.

Il recentissimo conflitto tra Russia e Ucraina, il più grande attacco militare in Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale, è la dimostrazione che poco è cambiato dall’epoca protostorica; alle radici dell’umanità, nelle profondità del suo sottosuolo, c’è la natura ferina dell’uomo.

Continua tristemente a sopravvive il mito dell’” impero”, variamente declinato, dall’antica Roma all’espansionismo coloniale fino alle guerre dei nostri giorni.

Ma la guerra non può non essere considerata un’anomalia, un errore nell’orientamento della civiltà. Il suo persistere nella storia dell’umanità mette in scacco la ragione, sfida la comprensione, interroga i limiti della civiltà, così come la sua natura, la sua genesi e la sua storia.

E tuttavia, il rischio che nel 2022 possa scoppiare una terza guerra mondiale e, quindi, una guerra nucleare con la conseguente mutazione radicale della natura della guerra moderna, con effetti devastanti ben oltre i confini dell’Ucraina, è più che concreto, come d’altronde è stato esplicitamente espresso dal Pentagono in caso di allungamento dei tempi del conflitto.

E se può considerarsi utopico il pacifismo giuridico di Kant, in virtù del quale per il raggiungimento e il mantenimento della pace perpetua e per porre una fine al de bellum omnium contra omnes, gli Stati devono istituire una “federazione di pace” (foedus pacificum), tuttavia per Bobbio per il quale “la pace è la condizione necessaria per il raggiungimento di tutti gli altri fini (libertà, giustizia, benessere)”,  «”la posta in gioco è troppa alta perché non si debba, ciascuno dalla propria parte, prendere posizione, benchè le probabilità di vincere siano piccolissime. Anche se ci fosse un miliardesimo di un miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino”.

Ma poiché non esiste guerra che non discenda da una politica, è proprio a quest’ultima che spetta il “nobile “compito, citando Norberto Bobbio, di sfidare il destino.

Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano, è necessario che la guerra sia” cancellata dalla storia dell’uomo, prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. Papa Francesco.

*Saveria Cusumano, avvocato e attivista diritti umani

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