Quali azioni possibili per essere vicini e vicine alle donne di Teheran?
Operatrici e operatori dell’area migrazioni e di contrasto alla tratta degli esseri umani della Comunità Progetto Sud sono partiti da questa domanda per riflettere su libertà e condizione delle donne nel mondo.
Un incontro, in sala Sintonia, nato in autogestione, che ha posto l’accento, in maniera corale, sull’ uccisione, avvenuta in carcere, di Mahsa Amini, ventidue anni, arrestata perché non indossava correttamente il velo islamico.
«Non si può rimanere indifferenti, non aprire una riflessione di responsabilità sociale a qualsiasi latitudine ci si trovi. È questo quello che ci siamo dette – dicono le donne della Comunità Progetto Sud riunite – e così ci siamo sedute, insieme, donne di diverse nazionalità: italiane, nigeriane, tunisine, georgiane, pakistane, bangla, Guinea Konakri e ci siamo confrontate sul tema della libertà di scegliere chi e cosa voler essere: siamo libere, per esempio, di portare il velo oppure no? di sposarci oppure no? Quanto il genere influisce sulle opportunità e sull’indipendenza di noi come persone all’interno della società?»
Molti i volti e gli interventi che ha portato ad volontà condivisa e necessaria: «Siamo uscite da questo incontro – fanno sapere – decidendo di rendere stabile questo gruppo politico, di discussione aperta sui temi dell’ uguaglianza e della libertà: un luogo di confronto, di crescita, di tutela e difesa dei diritti fondamentali di ogni persona, in particolare delle donne».
Un modo per essere vicine e solidali non solo con le parole, ma con gesti che possono e vogliono rappresentare un nuovo approccio alle politiche di genere che possano segnare un passaggio culturale in una visione di internazionalizzazione e libertà a cui il mondo ci chiama.