di Roberta Mazzuca – Nessuna risposta, nessun chiarimento, nessun intervento. Di domande, invece, su quello che è diventato un vero e proprio caso della città di Cosenza e che riguarda lo storico Teatro Rendano, ne esistono fin troppe. A denunciarlo, ancora una volta, in una lunga intervista rilasciata ai nostri microfoni, il delegato all’Ecosistema Digitale della Cultura nonché figura di supporto al Sindaco “nelle scelte di programmazione indirizzate a rilanciare e valorizzare il Teatro cittadino di tradizione A. Rendano”, Fabio Gallo. Portavoce nazionale del Movimento NOI, l’ex coreografo della RAI nelle ultime settimane ha simbolicamente condotto una sorta di “battaglia contro il silenzio dell’amministrazione” alle sue continue richieste di trasparenza: “La mia, più che una battaglia contro l’amministrazione”, – chiarisce – “è in realtà una battaglia contro l’incapacità che, negli ultimi dieci anni e non solo, ha letteralmente distrutto il presente e il futuro del Teatro di tradizione”.
“Il Teatro ha una sua stagione lirica intesa come la si intende in tutti i Teatri, cioè prodotta dal teatro comunale? Oppure si avvale di produzioni esterne per poter dire di avere qualcosa che, ovviamente, non sarà mai ciò che ci si attende dalla produzione di un Teatro, ma che può essere solo integrativo?”. In una missiva inviata già l’11 luglio 2022, erano queste alcune delle domande che Gallo indirizzava al sindaco Franz Caruso e a tutti i responsabili politici dell’attuale amministrazione, ivi compresa la delegata alla Cultura Antonietta Cozza. Ciò che ha ricevuto da quel giorno, così come ci racconta, è silenzio, indifferenza, e sconcertanti omissioni.
Un silenzio che risuona assordante tra le maglie intricate di una politica, forse, poco attenta al valore della cultura e della storia dei luoghi che abita. Un silenzio che si tocca con mano quando, in una calda domenica di inizio settembre, ci si ritrova di fronte al grande teatro, nella piazza antistante il Palazzo della Provincia. Poche persone, uno spazio deserto e, di fronte a noi, il vuoto emblematico di un luogo diventato simbolo dell’assenza totale di cultura in una Atene della Calabria ormai al collasso.
IL TEATRO DI TRADIZIONE: IL COMUNE CHIEDE I FONDI “SBAGLIATI” E PRENDE PURE IL MINIMO PUNTEGGIO
“Il teatro di tradizione non è un teatro normale: il termine ‘tradizione’ è attribuito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e conferisce delle capacità e delle potenzialità che un qualsiasi teatro non avrà mai” – ci spiega Gallo. Ai teatri di tradizione sono, infatti, destinati fondi speciali rispetto a quelli fissati per la lirica ordinaria. “La mia visione è quella di un uomo che viene da quarant’anni di gestione culturale e artistica vissuta nei teatri, oltre che nella televisione. Bene, quando sei un ente pubblico che ha di proprietà un teatro comunale di tradizione, devi lavorare per chiedere i relativi fondi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo)”.
Ed ecco venir fuori la prima incongruenza: il Comune di Cosenza, così come Gallo ci conferma, non ha mai richiesto i fondi del FUS per il Teatro di tradizione Rendano, unico (e chissà ancora per quanto) della regione Calabria. Ad essere stati richiesti, incredibilmente, sono invece i fondi per la lirica ordinaria. “Attenzione”, – afferma Gallo a tal proposito – “la lirica ordinaria non va a favore del Comune, come finanziamento, per cui non va a beneficio del teatro di tradizione e del personale che vi lavora. Persone che devono essere tutelate e protette perché senza di loro un teatro non può funzionare” – precisa giustamente. “Quindi”, – prosegue – “appare chiaro, scontato, del tutto elementare, che il Comune di Cosenza, titolare del Teatro di tradizione, dovrebbe chiedere soltanto i fondi per il teatro di tradizione, Art. 18”.
Chi chiede invece i soldi per la lirica ordinaria, vale a dire Art. 20? “Li chiede, per esempio” – risponde Gallo – “l’Associazione Quintieri, che fa una bella stagione, particolare, caratteristica, e loro da tempo richiedono i fondi FUS, che hanno ricevuto. Addirittura, rispetto al comune di Cosenza che, nel chiedere i fondi per la lirica ordinaria prende il minimo punteggio, ossia 1, l’Associazione Quintieri e tutte le altre del territorio, che hanno avuto accesso ai fondi della lirica ordinaria, hanno preso il massimo, vale a dire 3. Questo significa che, non solo il Comune ha commesso un grande errore ad abbandonare la strada della lirica di tradizione, andando verso la chiusura o la spersonalizzazione di un teatro che non sarà più di tradizione senza i fondi adeguati, ma lo rende un luogo qualsiasi, come un cinema, una piazza”.
Un’apparente banalità costata, quindi, al Comune di Cosenza anche la bocciatura da parte del Ministero dei fondi richiesti: “Il Comune ha sbagliato in maniera miserabile” – commenta Gallo. Incongruenze, errori, omissioni, scarsa trasparenza che, già precedentemente, avevano portato Fabio Gallo a rinunciare alla nomina di direttore artistico del Teatro: “Avevo capito che qualcuno stava facendo qualcosa che non era nell’interesse del Teatro di tradizione. E poiché io nella mia delega ho dato disponibilità ad assumere la direzione artistica del Teatro di tradizione, non della lirica ordinaria di una qualunque associazione privata, ho rinunciato”. Nella delega datata 11 aprile 2022 si legge, infatti, l’attribuzione al Maestro Fabio Gallo, “dell’incarico di collaborazione specialistica in materia di digitalizzazione del patrimonio culturale e di realizzazione di un ecosistema digitale per la cultura cittadina” (incarico portato subito brillantemente a termine), “nonché l’incarico di supporto al Sindaco nelle scelte di programmazione indirizzate a rilanciare e valorizzare il Teatro cittadino di tradizione A. Rendano”. Un incarico, però, a cui ha fatto seguito un singolare comportamento da parte delle istituzioni bruzie le quali, invece di fornire le condizioni adeguate per svolgere un tale compito, hanno sollevato un enorme muro di silenzio, portando Fabio Gallo a denunciare la mancata trasparenza della gestione del teatro. “Se devo rilanciare il teatro di tradizione, e tu, funzionario e dirigente, non mi chiedi i fondi del teatro di tradizione, ma chiedi tutt’altro, c’è un errore grande quanto una montagna. Qui si tratta di qualcuno che è all’interno della pubblica amministrazione che, evidentemente, non ha nessuna competenza, e quindi non ha capito che seguendo quella strada, cioè sostenere la lirica ordinaria per qualcuno, scritta da altri, non dal direttore artistico o dal consulente del Sindaco per la programmazione, ha praticamente finito per distruggere il fondo che poteva essergli dedicato”.
E non si parla mica di spiccioli. La differenza pare infatti teorica, ma è, chiaramente, anche e soprattutto economica. Difatti, mentre i fondi per la lirica ordinaria sono piccoli contributi che arrivano a 50, 60, 80mila euro, i fondi per la lirica di tradizione arrivano a un milione e mezzo, due milioni. “Addirittura”, – ci dice Gallo, – “per progetti speciali sono anche stati richiesti 3 milioni, 4 milioni, 6 milioni. Noi, ad esempio, abbiamo perso a gennaio del 2022 10 milioni di euro per la riqualificazione del Teatro Rendano. Con quei soldi ne avremmo potuto costruire ben due di teatri” – ironizza (ma neanche tanto) Gallo.
“Il sindaco ha il dovere di capire ora cosa realmente sta accadendo”. E, proprio in merito al silenzio del primo cittadino dal quale tale delega è sopraggiunta, Gallo risponde: “Io credo che il Sindaco abbia tanti problemi per la testa e che, però, ha anche paura di trattare un argomento che lui non conosce. Si è fidato delle persone sbagliate, di quelle che hanno combinato questo guaio”.
FABIO GALLO DENUNCIA: “IL SITO ISTITUZIONALE DEL RENDANO NON PUBBLICA NULLA. IO NON SO NULLA SU PROGRAMMAZIONE, PRENOTAZIONI E PAGAMENTI”
Ma non finisce qui. “Non sappiamo chi paga e chi non paga il teatro”, – denuncia ancora Gallo. “Il teatro costa 3.000 euro al giorno, quindi se lo prendi per tre giorni paghi quasi 10.000 euro. Perfetto. Io voglio sapere, non solo perché ne ho diritto come cittadino, ma anche come corpo politico, chi paga e chi non paga. Mi spiego meglio: vai tu, per esempio, che hai degli amici, e lo paghi 10.000. Vado io che non conosco nessuno e forse neanche me lo danno”. Ogni teatro, allora, consta di un palinsesto che deve essere pubblicato sul sito istituzionale, in questo caso del Comune di Cosenza. Più facile a dirsi che a farsi, considerando che, operando una semplice ricerca online, ci si ritrova su una pagina completamente spoglia, con qualche misera foto, pochissimi contatti, peraltro non aggiornati da anni e anni e, alla dicitura “Storia”, un opuscolo di sole due pagine che racconta ben poco di quello che dovrebbe invece rappresentare uno dei luoghi più ricchi di storia e cultura non soltanto del territorio, ma della Calabria intera.
Eppure, a guardarlo oggi, desertico, vuoto, abbandonato, utilizzato più per incontri politici che per stagioni liriche, il Rendano pare rappresentare soltanto il simbolo più grande di un’identità ormai persa. Anche la stessa struttura, così come il valore che dovrebbe contenere, perde pezzi, logorata anch’essa dall’incuranza e dalla superficialità. Certo, non è l’attuale amministrazione ad aver ridotto in un tale scempio spazi preziosi per la cultura cittadina, ma il silenzio del Comune oggi, di fronte a chi davvero vorrebbe porre rimedio a ingenti danni creati da altri, non fa che accentuare e, alla lunga proseguire, quella vecchia e forse insuperabile linea di gestione. Un silenzio che, ahimè, anche a noi è toccato constatare. Più volte, infatti, nei mesi scorsi e negli ultimi giorni, abbiamo provato a richiedere un’intervista ai rappresentati comunali, in particolare alla delegata alla Cultura Anonietta Cozza. La risposta? Chiaramente, prevedibilmente, una non risposta. Nessun rifiuto, nessun accenno, solo il silenzio.
Opere, musical, balletti, grandi cori, grandi orchestre. La stagione concertistica del Teatro Rendano, così come di ogni altro grande e storico teatro, potrebbe prevedere questo. Invece, il silenzio regna sovrano, e del suo futuro nessuno parla. Una stagione uccisa già dalla sola richiesta del fondo lirico ordinario, a cui si aggiunge un grave problema di trasparenza: “Quando lo vedremo qui Roberto Bolle? Mai, non abbiamo i soldi”, – rincalza Gallo. “Senza soldi cosa vogliamo vedere? I pidocchi, che ballano il Lago dei Cigni, o le papere. Detto questo, abbiamo l’ulteriore problema che il sito istituzionale del teatro Rendano non pubblica nulla. Ho chiesto che venisse pubblicata tutta la programmazione, così come chi paga e chi non paga, come si prenota, mettendo nomi e cognomi di chi ha già prenotato e pagato”.
“Se tutto questo non viene fatto”, – ci spiega ancora Gallo – “rimane tutto nella capacità gestionale di una singola persona, che non sappiamo neanche chi è e che evidentemente si fa i fatti suoi. Io voglio sapere chi sono queste persone”. L’intuito, allora, a voler pensar male, suggerirebbe che ci sia qualcuno che non ha interesse a pubblicare e rendere note queste informazioni, “a non seguire la strada maestra del Teatro di tradizione”.
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LA BIBLIOTECA “FANTASMA” DEL TEATRO RENDANO. GALLO: “NEL COMUNE DI COSENZA QUALCUNO GESTISCE MALE E NON HA LE COMPETENZE”
“Ho fatto anche richiesta di sapere dov’è la biblioteca del Teatro Alfonso Rendano, in quanto tutti i teatri importanti, di tradizione, ne hanno una, con tutte le guide dei grandi eventi e i manuali d’arte, i nastri delle opere”. E la risposta quale sarà mai? “Non esiste una risposta chiara. Mi risulta che l’Istituto Centrale del Catalogo Unico e Repertorio Bibliografico, tramite la Biblioteca Nazionale di Cosenza che è capofila per tutta la Calabria, abbia fatto richiesta. Chi è che dirige questa biblioteca? Nessuna risposta da parte del Comune. Si dice che la biblioteca non esista più”. E chissà se questa biblioteca esiste o non esiste, forse si tratta di una mera leggenda contenuta in questo bellissimo Teatro dell’Assurdo.
La cultura che muore, dunque, insieme ai luoghi che dovrebbero contenerla. Non è un caso isolato, infatti, quello del Rendano, morto insieme a tutti gli altri teatri della città: il Teatro dell’Acquario, in difficoltà economiche, il Teatro Tieri, già chiuso, l’Officina delle Arti, abbandonata, il Teatro Morelli, utilizzato per marquette politiche e ora ritornato ai proprietari. “La verità è che qualcuno mi teme perché sa che sono concreto e che lavoro con un team di esperti che sanno il fatto loro. L’unico che ha chiamato quando è uscito questo scandalo è stato Giuseppe Ciacco, ragazzo che stimo molto”. Mancanza di intelligenza politica e capacità amministrativa lamenta, quindi, Gallo, che conclude: “Se la Presidenza del Consiglio viene informata che non sono stati chiesti i fondi del teatro di tradizione, essendo già stati bocciati la scorsa volta, non è escluso che, a questo punto, il Rendano non sarà più Teatro di tradizione. In quel caso possono anche farci una birreria”.
Ma la storia prosegue, e Fabio Gallo ci racconta di quando, in Consiglio Comunale, dopo l’intervento del consigliere Ciacco che espresse la volontà di capire e di convocare la Commissione Cultura, un dirigente mentì affermando che il teatro non aveva programmazione e che non erano stati richiesti i fondi.
“Nel Comune di Cosenza, quindi, ci deve essere qualcuno che gestisce male, che non ha le capacità e le competenze per farlo, e che a mio parere deve essere assolutamente sostituito da persone competenti. E se non ci sono, il Comune deve fare un bando, a costo di chiederlo gratuitamente come nel mio caso”.
Non esiste più neanche la sartoria nel grande Teatro Rendano: “C’era un sacco di roba ma là dentro non si trova più niente, perché non è stata neanche vigilata. Quindi il Teatro ha bisogno di essere ripristinato anche nell’ordine interno, ci deve essere un responsabile che non può essere solo il direttore artistico, ma anche un responsabile di tutto il materiale. E poi deve essere videosorvegliato, altro problema serio.
Ci vuole competenza, non supponenza. Il Sindaco a riguardo non mi ha mai rivolto una telefonata, e questo è un fatto gravissimo”.
IL PLANETARIO E I BOCS ART: QUANDO LA CULTURA SI TRASFORMA IN DEGRADO
Poco resta da dire, ma troppo il degrado da vedere. Basta raggiungere il Planetario di Cosenza, inaugurato nel 2019 come “polo scientifico prestigioso che attrarrà turisti e studiosi da tutto il mondo”, e accorgersi di quanto sia amara la realtà. Cancello sbarrato, struttura arrugginita, desolazione totale, erba alta da far paura. E, superando quella paura e avventurandosi in quel verde per niente curato, si raggiunge una pericolante scaletta, da cui la visione delle condizioni in cui versa uno dei luoghi che avrebbe dovuto far invidia al mondo, fa rabbrividire. Le foto, come sempre parlano, e assurda pare la proposta dell’attuale sindaco Caruso di dedicare uno spazio del Planetario a Piero Angela, che si rivolterebbe nella tomba ad osservare un tale scempio.
“Il Planetario non è un giocattolo, è uno strumento scientifico. Bisognava fare un protocollo con l’Università” – dice Gallo. Nella stessa desolata e degradata condizione i BoCs Art – Residenze d’Artista, altro bene pubblico, potenziale opportunità di lavoro, turismo e creazione di valore, che di artistico e pregevole hanno ormai ben poco.
“Intanto, manca l’Assessorato al turismo, cultura e spettacolo, perché il Sindaco ha voluto trattenere a sé questa delega, che è troppo per un sindaco di una città come Cosenza, con i suoi problemi, e il dissesto finanziario” – commenta Gallo. “C’è stata una politica incapace, scellerata e incompetente, che ha realizzato le opere tanto per costruire delle opere imponenti e potersi beare sulla stampa di averlo fatto, ma nulla che avesse senso in questa città. Un esempio ne è il ponte di Calatrava, che sotto non ha mica il Danubio, parliamoci chiaro. Ancora, di conseguenza, il parco acquatico non nasce per far divertire i bambini, ma perché Occhiuto si è reso conto di aver fatto ‘il ponte del nulla’, e allora ha creato sotto un lago, cosicché quando facciamo le foto sembra almeno il Danubio blu”.
E così, riflettendo l’incuranza che le amministrazioni riservano alla cultura, non stupisce la notizia recentissima della statua di Giacomo Mancini vandalizzata, lungo un corso cittadino che contiene un altro esempio di potenziale valore culturale totalmente ignorato: il MAB. Un museo all’aperto che nessuno conosce e, ancor più grave, nessuno rispetta, tanto da vedere, ad esempio, durante il comizio di Giorgia Meloni tenutosi proprio nelle scorse settimane lungo il corso, persone salire sulle opere come fossero dei personali palchetti. E, in un tale sconcertante contesto, chiediamo infine a Fabio Gallo cosa ne sarà dell’interessante progetto dell’“Olimpiade della Cultura e delle Belle Arti” inserito in MetaversoCOSENZA: “A queste condizioni, dovrò aspettare tempi migliori per farlo, a meno che io non mi metta l’elmetto con le corna e, come ho realizzato in un mese MetaversoCOSENZA, realizzerò facendo appello a tutti gli amici della cultura e dell’arte, anche questo progetto. L’Atene della Calabria, in ogni caso, non può che avere le Olimpiadi, e non è escluso che inizieremo nell’autunno per poi realizzarle in primavera. Tutto ciò che noi abbiamo messo nel programma lo porteremo a termine, con o senza Comune”.