Sei mesi fa, il 18 giugno, all’alba, il sindaco Caruso dispose la rimozione della statua di Giacomo Mancini, collocata davanti al Municipio di Cosenza il 25 aprile 2022, giorno della Liberazione, nel corso di una solenne cerimonia pubblica alla quale aveva partecipato lo stesso Caruso, indossando la fascia tricolore.
Sei mesi dopo, Giacomo Mancini, già deputato socialista, componente della direzione del PD Calabria e nipote omonimo del “Leone”, si è recato nel punto esatto in cui era collocata la statua, realizzando un video poi pubblicato sui suoi canali social.
«Ve lo ricordate che qui, proprio qui, stava la statua del Leone, del leader socialista, del sindaco più amato? Oggi sono sei mesi da quando Caruso l’ha sfrattata», esordisce Mancini nel video.
«Non c’era nessun valido motivo per farlo. Questo posto era stato suggerito proprio da lui. Eppure ha stracciato gli atti che aveva firmato, ha dato incarico a una persona di sua fiducia, ha chiamato, per essere presenti all’alba, cinque vigili urbani. Cinque. E alle 6.30 del mattino ha fatto portare via il Leone».
Mancini sottolinea anche il costo dell’operazione: «Costo dello sfratto: 8.152,04 euro. Sì, avete capito bene: 8.152,04 euro di denaro pubblico».
«Oggi, al posto del Leone, non c’è niente. Solo questa mattonella dove adesso sono seduto io e i faretti che illuminavano la statua», prosegue, mentre nel video appare seduto proprio nel punto in cui sorgeva l’opera.
Durante le operazioni di rimozione, lo stesso Mancini aveva inscenato una dura protesta, arrivando a sdraiarsi a terra nel tentativo di impedire che il furgone, sul quale era stata caricata la statua, potesse portarla via, rischiando più volte di essere investito.
«Oggi i faretti illuminano quello che è un monumento all’arroganza. Questa vicenda triste, oltraggiosa e violenta, che ha indignato tutti, è infatti lo specchio di come è amministrata oggi Cosenza», attacca Mancini. «Fotografa l’arroganza del potere di Caruso, l’uso personalistico dell’istituzione, il diritto trasformato in favore, il favoritismo che diventa regola».
E conclude: «L’ossequio per i prepotenti, la protervia verso la povera gente, il dispetto che sostituisce il rispetto per la storia e per i cosentini. Ma Cosenza non è Gomorra e i cosentini non stanno sotto il giogo di nessuno, tantomeno di Caruso. Cosenza merita di meglio».
