Il carcere è “divenuto nel nostro Paese di per se’ una macchina della disperazione. Un luogo incivile del quale vergognarsi: vero e unico esempio di ‘resa dello Stato'”. Lo ha detto il presidente dell’Unione delle Camere penali Francesco Petrelli, parlando al congresso straordinario dei penalisti in corso a Reggio Calabria, rilevando che “idee fatte del ‘gettare via le chiavi’, del ‘marcire in galera’, e di quella equivocata idea della ‘certezza della pena’ hanno fatto apparire come naturalmente accettabile il vivere ristretti, in spazi degradati, fatiscenti e sovraffollati, fra le blatte e le cimici, fra la scabbia e le muffe, senza servizi igienici e sanitari degni di questo nome, e il permettere quindi che 73 persone detenute, abbandonate a se stesse in quei luoghi privi di speranza e di qualsiasi possibile risposta di giustizia, si siano suicidate, e continuino a farlo, dandosi la morte nei modi piu’ atroci”. Nella realta’ carceraria “caratterizzata da strutture fatiscenti e un tasso di sovraffollamento medio del 130,59% – ha osservato ancora Petrelli – lo squilibrio fra le risorse, materiali, sanitarie, trattamentali, disponibili e il numero dei detenuti provoca inevitabilmente condizioni di espiazione delle pene asfittiche, inumane e degradanti. Non si tratterebbe affatto di dare un premio immeritato liberando i condannati, ma semplicemente di riconoscergli un minimo risarcimento per le condizioni infami nelle quali sono stati costretti a vivere la privazione della liberta’. Eppure le parole amnistia o indulto, e la stessa liberazione anticipata speciale, sono divenute parole eretiche espulse dal vocabolario della maggioranza. Parole che continueremo a pronunciare e a ricordare al Governo e al Parlamento – sottolinea il presidente Ucpi – perche’ sono ancora oggi, piu’ che mai, gli strumenti elettivi che rispondono all’emergenza, che soprattutto salvano vite umane ma che anche salvano il carcere dall’illegalita’”.