“L’Ordine dei Medici della provincia di Reggio Calabria esprime tutto il suo sdegno e costernazione – scrive l’Ordine in una nota – per la violenza inaudita che ha coinvolto Francesca Romeo, dottoressa di 67 anni, originaria di Seminara e in servizio alla guardia medica di Santa Cristina in Aspromonte, nel Reggino, uccisa in un agguato. La donna si trovava nella sua auto insieme al marito Antonio Napoli, medico psichiatra 66enne presso il CSM di Palmi, persona perbene, quando è stata raggiunta da una serie di colpi d’arma da fuoco che hanno ferito a un braccio anche il marito .
L’Ordine, nel ribadire la vicinanza ai familiari, ritiene inaccettabile questo episodio caratterizzato da una violenza davvero inconcepibile, qualunque sia il motivo che lo abbia determinato e rimane in attesa di conoscere quali possano essere state le cause che hanno determinato questo insano gesto. La dottoressa Romeo è sempre stata una grande professionista che lavorava presso la postazione di Santa Cristina D’Aspromonte in maniera indefessa, coprendo i turni di guardia in qualsiasi orario e spesso nei giorni festivi. L’Ordine si augura che, a fronte di un delitto così efferato, le indagini della Magistratura possano fare il loro corso per assicurare alla giustizia il responsabile di un gesto così atroce. Si tratta certamente di un atto che colpisce tutta la Sanità della provincia reggina che, peraltro, si trova già in una situazione di grande precarietà. Sarebbe davvero preoccupante se questo inqualificabile atto potrebbe essere collegato all’ambiente lavorativo”.
“Questa è una cosa che ci ha sconvolto completamente” – ha detto all’ANSA il presidente dell’Ordine dei medici di Reggio Calabria Pasquale Veneziano che ha definito l’omicidio della guardia medica Francesca Romeo, avvenuto stamattina a Santa Cristina d’Aspromonte, “un episodio terribile a prescindere da tutte le motivazioni che possono averlo provocato. È inammissibile e inaccettabile”.
“Sulla guardia medica di Santa Cristina d’Aspromonte – spiega Veneziano – che io sappia, almeno dagli altri colleghi, non credo che avessero dei problemi particolari. Sembra che fosse una guardia abbastanza tranquilla. C’erano, però, tutti i problemi che ci sono in tutte le guardie mediche calabresi che, essendo sprovviste di protezione, purtroppo espongono i medici a delle aggressioni sia verbali che fisiche. Ma questa è una cosa già risaputa da tanto tempo che purtroppo, nonostante le numerose segnalazioni, mai si è potuto risolvere in modo definitivo. I medici di guardia, che spesso sono dei ragazzi oppure donne, si fanno accompagnare dai propri familiari per sentirsi più garantiti e più protetti. Questa è una cosa che va risolta definitivamente perché credo non si possa andare avanti in questo modo. È una cosa fuori dal mondo: uno può accettare la denuncia ma non si può accettare l’aggressione verbale o addirittura l’omicidio come purtroppo già in Calabria è successo altre tre volte in passato”.
“Il problema della guardia medica – aggiunge il presidente dell’ordine di Reggio Calabria – è stato sollevato numerose volte. Addirittura in passato siamo stati al Comitato di sicurezza in prefettura. Purtroppo non si riesce a trovare una soluzione perché questi medici sono abbandonati a sé stessi, da soli e in balia di pazienti che talvolta non riescono a capire quello che fanno, talora possono essere dei pazienti che hanno problemi psichiatrici per cui questi medici sono senza alcuna difesa. Quando c’è stato il Covid eravamo tutti eroi. Finito il Covid, siamo diventati tutti purtroppo succubi delle voglie altrui”.
“Bisognerebbe – afferma Veneziano – forse fare dei corsi di difesa personale per potersi difendere dal momento che nessuno ci riesce a difendere da questi criminali che purtroppo sono anche degli assassini. Io spero soltanto che si trovino i responsabili di questo omicidio e spero che, una volta per tutte, questo possa spingere chi di competenza a mettere in sicurezza tutti gli operatori della sanità perché chi lavora nelle guardie mediche, chi lavora nei pronto soccorso è esposto quotidianamente a queste aggressioni”.
“Non si può lavorare – conclude Veneziano – e questa situazione è impossibile perché noi già abbiamo la responsabilità e il pensiero di dover trattare una malattia, una patologia, un malato, ma non possiamo stare con l’ansia e con la preoccupazione di doverci difendere personalmente. È una cosa impossibile. A questo punto mi chiedo se non fanno bene i ragazzi ad andare a lavorare all’estero piuttosto che stare qua a lavorare in condizioni veramente di altissimo rischio?”.