Una volta ultimati i gradi di giudizio che hanno sempre dato torto alla Reggina circa l’iscrizione in Serie B, l’ormai ex presidente Marcello Cardona ha incontrato i giornalisti presso il Circolo Polimeni a Reggio Calabria per fornire la propria versione dei fatti: “Quando mi sono dimesso, non immaginavo che questo incontro tra noi reggini fosse così carico di amarezza e rabbia. Per voi, per me e per tutta la città”. Così Cardona ha iniziato un lungo monologo, durante il quale non ha voluto essere interrotto. A tratti alzandosi in piedi, in stile comizio. E senza pronunciare mai il nome di Saladini.
“Non ho parlato perché il mio dire avrebbe influito fin dall’inizio, probabilmente, sull’iter sportivo nonché su quello giudiziario ed amministrativo. Le mie parole sarebbero state un assist magnifico per portare argomentazioni contro la Reggina. Purtroppo non è servito a niente il mio silenzio. Oggi parlerò di situazioni e constatazioni, è giusto che si sappia. Con il concetto di trasparenza che deve coinvolgere l’essere umano. Specie io, che sono un reggino, tornato a Reggio Calabria per un incarico importante. A titolo gratuito. Solo per la città ed i tifosi. Non avevo bisogno di visibilità”.
“Il 20 giugno, vi prego di prestare molta attenzione, mi trovo a Milano per lavoro per la Reggina, per la stagione 23/24. Avevo un impegno con due persone che dovevamo reclutare nel settore tecnico-sportivo, una delle quali aveva già incontrato la società per concordare il contratto. Non vi dico i nomi, perché ora sono impegnati con altre società. Vado ad incontrare le proprietà, e con un gran sorriso mi dicono di aver iscritto la squadra al campionato. Il concordato richiedeva un impegno economico importante per la proprietà, il termine di iscrizione scadeva otto giorni dopo quel concordato. E in settimana ho vissuto l’ansia della proprietà per reperire i fondi per l’iscrizione. Vi ricordo che sono stato nominato come presidente di indirizzo, rappresentanza e vigilanza. Non ho mai firmato un contratto. Non ho mai incontrato un procuratore. Mai”.
“Quindi mi si dice che abbiamo iscritto la squadra. E mi si dice che il venerdì, la società sarebbe stata ceduta. Sono rimasto in silenzio. I proprietari fanno quello che ritengono. E mi sono dimesso. Se intendete la società, tecnicamente, il presidente non è più presidente. Specie io che avevo un ruolo di garanzia. Vendo la società? Mi dimetto. Perché non ho più lo strumento tecnico-giuridico per fare il presidente. Vi preciso che mi sono dimesso io, e non il consiglio di amministrazione”.
“Si parlava già allora di questo fantomatico studio Tonucci. Quindi iscrizione. Vendita. Siamo ancora in una modalità normale. Per me è stato un fulmine. Stavo lavorando alacremente alla stagione 23/24. Io, con il segretario generale, li avevo mandati ad individuare il ritiro. Cascia o Moccone. Io, da reggino, ero per la calabresità. Avevano già fatto i sopralluoghi. Eravamo in una fase di costruzione”.
“Vado via. Dopo la mezzanotte ricevo una chiamata di una nostra consulente economica, che comunicava che non era stato ottemperato il pagamento dello stralcio dell’omologa, lasciandomi sconcertato. La mattina successiva ho parlato con un altro nostro consulente che mi ha sottolineato che non si é ottemperato al pagamento, ci siamo assunti questo rischio. Nessuno mi può associare a queste due scellerate decisioni. Io sto da questa parte. Ho esercitato le mie funzioni contro ndranghetisti e camorristi”.
“Qui abbiamo avuto la presentazione dei calendari, sono venute tutte le società. Credo di aver avuto un ruolo su questa scelta. Basta andare su wikipedia per capire che persona sono. Abbiamo avuto la nazionale di calcio. L’omologa non era scontata, ma essendoci persone come in società, le interlocuzioni sono state serene. E poi, la questione più importante: abbiamo affrontato un processo sportivo, dove ne siamo venuti fuori in maniera intelligente ed importante”.
“Non aver pagato le 750.000 euro, che è già di per sè una scellerata idea, sconfessava i rapporti con le istituzioni sportive. Nel momento in cui c’è questa normativa del salva imprese, cui si aveva il diritto di aderire, si è eseguito un iter corretto. Vi dico fin da ora che ho avuto interlocuzioni con il presidente della Lega, sempre di cordialità e rispetto per me, per la nostra città e per la nostra storia. I complotti non esistono. La lega rappresenta altre 19 società, che hanno interessi”.
“Gravina e Balata dovevano esercitare le loro funzioni. Fino al 27 dicembre, era scontato andare in Serie A. E allora si sono innescate invidie e gelosie. C’era questa squadra del sud brillante, stupenda, prima in classifica. Ricordo un’assemblea di Lega in cui il direttore del Brescia ha detto che dovevamo essere cacciati. Il presidente del Pisa ci contestava l’equilibrio. Non è giusto dire che siamo vittime di un complotto. Siamo stati i primi. Con un risultato che sembrava a portata di mano. E si innescano alla mancata scadenza del 16 febbraio e del 16 marzo, i dovuti processi sportivi”.
“Capisco fin da dicembre che la situazione era delicata. Bisognava far capire che la Reggina stava seguendo un percorso legale e trasparente. La mia attività inizia con queste interlocuzioni, dove piano piano eravamo riusciti a far comprendere. Desidero ringraziare l’unico politico, con cui ci siamo incontrati a Roma il 1° maggio, che è il presidente Roberto Occhiuto il quale ha avuto interlocuzioni con il presidente della Federazione e con il ministro dello Sport. Per far comprendere come la Reggina stesse seguendo un percorso legale. Da casa mia, chiamò un parlamentare per chiedergli un’interpellanza”.
“Io ero contrario a non pagare le scadenze. Perché so com’è il mondo del calcio. Non pagare le 750.000 euro, ribadisco, è stata una scelleratezza pazzesca. Ricordo il primo processo: appena ci si è seduti, ci è stato detto di sbrigarci perché le cose erano molto chiare. Prendiamo una penalizzazione che peraltro, non era nemmeno il massimo. Ai primi di aprile. Andiamo al secondo processo subito. Bravissimi l’avvocato Rodella e l’avvocato Lubrano. Poi l’appello, il processo più importante. Non ricordo se ho fatto l’intervento all’inizio o alla fine. Il mio ragionamento è stato questo: qui andiamo a sbattere contro un muro, dobbiamo cercare di trovare un equilibrio. Affermando di voler rispettare l’ordinamento sportivo. E dico testualmente: dobbiamo chiuderla qua, dentro la Federazione. E venni ringraziato per l’intervento”.
“All’appello entriamo con 7 punti di penalità, ne potevamo prendere 12. Eravamo in picchiata, queste cose vanno anche dette. Ne usciamo con 5 punti che ci riportano dentro i playoff. Ma il successo più importante lo abbiamo avuto nello scritto, che blindava la Reggina riconoscendoci un percorso legale. Però ci danno dei punti, dicendo di non essere stati avvisati prima. Ritorno, parlo con le proprietà e dico: sentite, bisogna fermarsi qua, la vicenda è chiusa. Prima di annunciarlo, chiamo il team manager e gli dico di andare dall’allenatore: noi intendiamo fermarci, però voglio sapere da lui cosa ne pensa. Lui era d’accordo. Vicenda chiusa”.
“Le mie dimissioni avvengono perché immaginavo il casino di noi reggini, di noi tifosi. Dovevo fare il garante? Il garante de che? Se questo vende la società, io devo avere lo strumento. I sindaci mi hanno chiamato cinque o sette giorni fa. Nessuno si è chiesto: ma questo uomo, perché si dimette? Le istituzioni non mi ha chiesto niente. La proprietà, i tifosi o la stampa, nessuno mi ha chiesto di restare. Nessuno mi ha chiesto un c***o. Nessuno mi ha dato un motivo per continuare a battagliare”.
“La società era venduta. Ma le società si vendono in due ore? Per farvi capire il mio sentimento. Le proprietà sapevano cosa stavo facendo. Noi stavamo lavorando alacremente per la stagione 23/24. La Reggina non faceva plusvalenze da anni. Doveva ripartire dall’uomo più importante che c’era lì dentro, ovvero il professor Geria. Questo sant’uomo. Che viene per me, ed inizia delle operazioni importanti. L’ho mandato in Africa, a Lisbona, a Parigi. Credo sia andato anche in Polonia. Era andato in Gabon con Mariotto. Avevamo creato uno scouting pazzesco. Dovevano arrivare 30 giovani, quindicenni e sedicenni. In quattro avrebbero dovuto far parte della prima squadra”.
“Avevamo deciso che al Sant’Agata non dovevano più dormire e mangiare gratuitamente le persone. Ma bisognava farci stare solo i giovani. Questa è la Reggina cui stavamo lavorando. E guardavamo alla stagione 23/24. Una Reggina che doveva cambiare pelle. Ecco il mio grande stupore, quando mi hanno detto che vendevano la società”.
“C’era un ambiente non buono nel girone di ritorno, nei confronti della società. Però mi è stato risposto che ci avrebbero pensato tra settembre e dicembre. Io ho fatto una cosa che fanno in pochi, dimettersi. Dovevamo continuare il progetto. Ringrazio pubblicamente il dottor Tramontana. Avevamo iniziato un lavoro di approfondimento del territorio. Importante. Eravamo già andati da un imprenditore reggino, per dirgli che la Reggina va sostenuto. Avevamo ottenuto l’avallo da un professore universitario, ad organizzare il settore sanitario assieme al dottore Favasuli. Avevamo programmato la preparazione di medici e massaggiatori”.
“Quando sono venuti a casa mia assieme a De Lillo, è venuto anche un tale Ierardo che non so che ruolo ha nello studio Tonucci, grande amico del direttore sportivo della Reggina. E mi ha detto che la società la compra da un Tribunale. Ed il valore di quella società era di 200 milioni”.
“Sono rimasto esterrefatto. Ogni proprietà ha il diritto di fare quello che gli pare. Concludo invitando le proprietà a chiarire pubblicamente, a Reggio Calabria, tutte queste cose che devono avere una spiegazione. Non tanto perché recuperiamo qualcosa. Questa amarezza ci deve servire per guardare al futuro con una costruzione più intelligente. Io ho cercato di mettercela tutta, con la passione da reggino e da tifoso. I risultati ci sono stati. Tutti vanificati da due scellerate scelte: il non aver pagato le 750.000 euro, ed aver detto subito che la società era in vendita”.
Poi finalmente, spazio alle domande. Questa la risposta sugli accaduti di Reggina-Ascoli: “Ma vi immaginate che vado dai tifosi a dire di fare striscioni? Mi dispiace che abbiano associato questa cosa a Gabriele Martino, che è una persona perbene, non ha precedenti penali ed ha partecipato alla storia di questa squadra. Non risponderò più ai pettegolezzi, ma ci tenevo a dirlo. Gli stipendi al personale? Non ho mai avuto sentore di disorganizzazione”.
A domanda inerente ben altro argomento, Cardona torna sull’argomento principe: “Ho letto la sentenza. Voi avete letto di questioni amministrative. La madre di tutte le questioni è la seguente: se paghi 750.000, la Covisoc non fa la segnalazione”.
Poi sull’omologa: 2Vedevo un futuro che si poteva programmare. Si poteva spalmare su due anni, si potevano fare investimenti. Stavo trovando imprenditori nuovi per la Reggina. Avevamo deciso di investire due milioni all’anno per il settore giovanile. Bisogna parlare con gli esperti. Il 5%? In tutti i casi, è stato certificato come la Reggina avesse fatto tutto legalmente. Entriamo su un discorso etico, ma lo Stato ti concede. Ora, purtroppo, la Reggina fallirà: nessuno prenderà niente. Col debito, quei debiti sarebbero stati pagati. Adesso prendono zero”.
Finalmente viene chiesto a Cardona se si fosse reso conto come l’iscrizione dipendesse dalla definitività dell’omologa, piuttosto che dal pagamento delle 750.000. L’ex arbitro risponde con irritazione: “Questa è un’errata interpretazione. Non ho fatto un monologo. Ho fatto una premessa, perché nelle conferenze si usa così. In tutti i casi, se la Reggina paga, la Covisoc non segnala irregolarità. Se ero consapevole della circolare 169/A? Non sono un presidente societario. Le scelte societarie le ha fatte la proprietà. Le due scelte scellerate sono state quelle della vendita e del mancato pagamento”.
Provano a nominargli Saladini e all’opportunità di vigilare sui pagamenti: “A me, quel giorno, è stato detto che era stata iscritta la Reggina. Anche perché mi ero straraccomandato con il commercialista della Reggina. Di questa situazione ne vengo a conoscenza alla mezzanotte del 20”.
Poi sull’opportunità di tenere una conferenza a giugno, anziché adesso: “Se io il 20 faccio una conferenza e dico che la Reggina ha sbagliato a non pagare le 750.000 euro, la Reggina non supera nemmeno il primo grado amministrativo. Io non ho parlato perché dire questo il 21 mattina era come dare un rigore senza portiere. Ma nessuno, formalmente, mi ha chiesto perché si è dimesso”.
Risposta ripetitiva e fuori tema, alla domanda se fosse opportuno tenere una conferenza di tali toni già ad aprile dopo le prime sentenze sportive: “Il processo sportivo aveva messo un punto su tutto. Siamo stati attaccati da tutti. Io vengo a conoscenza della vendita della società il 20 giugno. Col dottor Tramontana ci siamo incontrati poco prima del 20. L’idea era di realizzare una Reggina giovane e sostenibile. Fino al giorno prima. Non ho mai percepito situazioni negative. Non ho mai visto pregiudicati avvicinare questo o quello. Mi sento vittima come tutti i tifosi. Ho lavorato per la Reggina, mi sono sperticato, mi sono onorato di avere avuto compagni di viaggio che mi hanno sostenuto sempre. Non piango davanti a voi perché ho un’età”.
Così sul chiacchierato commercialista di Saladini: “Brunori è il commercialista della società. Invito ancora una volta le proprietà a chiarire le cose”.
A Cardona viene chiesto se non avesse dubbi dall’inizio, all’atto del passaggio di proprietà: “La società viene comprata da un tribunale. Non è stato come nel caso di Praticò che vende a Gallo. Il tribunale era la migliore certificazione per tutta la comunità. Da me sono venuti il dottor De Lillo e il signor Ierardi per conto del commissario giudiziale. La Reggina ha avuto 5 punti di penalità per non aver informato la Federazione che stava seguendo il concordato. Loro dovevano giustamente mantenere l’autonomia. Io ho lavorato sei mesi, per mostrare la faccia di una società che si voleva rinnovare. E tu me la sconfessi non pagando? A mezzanotte meno dieci mi dicono che l’hanno iscritta, ma con un problema. Che ho capito subito fosse un problemone”.
La chiosa di Cardona: “Bisogna ricominciare dalle cose buone. Spero venga coinvolto il presidente della Camera di Commercio, con gli imprenditori. E spero ci siano giovani seri, che vogliono crescere. Chi prenderà la Reggina, si ricordi che bisogna costruire dal basso. Amaramente e silenziosamente, do questo suggerimento. Il lavoro che avevamo fatto con il presidente della Camera di Commercio, va perseguito e rafforzato. Ho fiducia che ci si rialzi al più presto. Speriamo di rivederci a sventolare le nostre bandiere”.