Arrestano i De Stefano. E la politica tace

destefanogiorgio dimitridi Claudio Cordova - Mentre la convegnistica ci ammorbava con "invisibili", "sistemi criminali" e quant'altro servisse ad alimentare il fascino della 'ndrangheta (che poi, però, non si acchiappa mai...), i pm Roberto Di Palma e Rosario Ferracane lavoravano. Lavoravano sul casato più importante che la 'ndrangheta abbia mai avuto, quello dei De Stefano, arrivando, in pochi mesi d'indagine, ad acciuffare due tra i soggetti più importanti tra quelli sfuggiti alle indagini degli ultimi anni sulla cosca di Archi.

L'arresto dell'avvocato Giorgio De Stefano e di Dimitri De Stefano – seppur per una vicenda apparentemente "locale" – segna in realtà uno scatto di livello nella lotta al crimine organizzato. L'avvocato Giorgio De Stefano è considerato, da sempre, l'eminenza grigia del clan, l'uomo capace di unire ambiti che, teoricamente, non avrebbero dovuto dialogare. Non a caso, per i coindagati dell'inchiesta "Sistema Reggio" era il "massimo" con cui si potesse parlare per dirimere vicende, tramite la diplomazia criminale che solo l'aristocrazia della 'ndrangheta è capace di mettere in piedi con efficacia. Dimitri De Stefano, invece, è sempre stato il volto "pulito" della cosca più "pulita". Se i De Stefano, infatti, sono la famiglia di 'ndrangheta che, più di ogni altra, è stata capace di modernizzarsi e, quindi, di inserirsi compiutamente nel tessuto sociale, Dimitri De Stefano ne è stato la sublimazione. Con i suoi vestiti eleganti e i suoi modi educati, ha, per anni, pasteggiato e brindato con i rampolli delle famiglie borghesi e altolocate della città. E i tanti figli della "Reggio bene" ne hanno giustificato l'amicizia (spesso ricercata) rivendicando il fatto che "Dimitri non c'entra nulla".

La verità, almeno secondo la Dda di Reggio Calabria, è un'altra. Per questo l'inchiesta "Sistema Reggio" è importante. Anche per questo. Segna un salto di qualità sul livello dei soggetti criminali coinvolti.

Pari a quanto fatto, alla fine del 2015, con l'inchiesta "Il Principe", che ha svelato le infiltrazioni dei De Stefano nei lavori sul Museo Archeologico di Reggio Calabria, pari alle dichiarazioni importantissime che il collaboratore di giustizia Enrico De Rosa sta facendo ai pm antimafia coordinati dal procuratore Federico Cafiero de Raho. Fatti attuali, vivi, che pulsano sangue: non vicende che, più che la magistratura dovrebbero interessare gli storici.

Ma l'inchiesta "Sistema Reggio" segna un salto di qualità soprattutto per l'assunto che sostiene, fin dal nome convenzionale scelto dagli inquirenti. La "sistematicità", appunto, della delinquenza reggina. Quello che si diceva prima: la 'ndrangheta è così fortemente radicata in città, che i meccanismi sono così oleati da funzionare brillantemente oppure da essere risolti tramite l'intervento dei personaggi giusti. Su tutti, appunto, l'avvocato Giorgio De Stefano. E questo vale per l'ex bar Malavenda, ma, mutatis mutandis, vale anche per l'assegnazione di un appalto pubblico e, ancor prima per la scelta di un candidato di riferimento o di un sindaco.

I "sistemi criminali". C'è chi li declama nei convegni e chi prova a fermarli. Passo dopo passo, per carità. Con l'inchiesta "Sistema Reggio" la 'ndrangheta reggina non è sconfitta, anzi. Anche perché ha dimostrato di saper sopravvivere ad arresti, anche importanti, perché forte di legami saldissimi stretti circa 50 anni fa. Proprio negli anni in cui l'avvocato Giorgio De Stefano avrebbe camminato a braccetto (metaforicamente, ma non solo) con altri esponenti criminali, ma anche con politica, imprenditoria, massoneria ed eversione.

I De Stefano sono l'aristocrazia della 'ndrangheta. Lo hanno detto anche gli investigatori della Polizia di Stato, che hanno eseguito l'operazione. Per questo non c'è da sorprendersi circa l'assordante silenzio che ha avvolto l'ambiente politico. Pochi pochissimi gli esponenti politici intervenuti a commento di un'inchiesta cruciale: il sindaco Giuseppe Falcomatà, bravissimo in questo caso a ribadire la posizione dell'Amministrazione Comunale contro la 'ndrangheta e poi la parlamentare del Movimento 5 Stelle, Federica Dieni. Importante inoltre - soprattutto per la sua storia personale e familiare - l'intervento della deputata Rosanna Scopelliti, del Nuovo Centrodestra. Tace il Pd (ad esclusione dell'onnipresente segretario regionale Ernesto Magorno): dov'è il governatore Mario Oliverio? E il presidente del Consiglio Regionale, Nicola Irto alias il nuovo che avanza? E poi, i vari consiglieri regionali da 15mila euro al mese? E la destra? Stendiamo un velo pietoso. Almeno un tempo c'era Azione Giovani che faceva sentire la propria voce su questi temi: ora abbiamo Reggio Futura, Azione Nazionale e altri pseudo movimenti di tal pasta. Incapaci di schierarsi contro la 'ndrangheta o anche solo di ringraziare i poliziotti che hanno operato. E l'associazionismo? Latitante anche quello, se escludiamo Libera e l'associazione Risveglio Ideale dell'ex parlamentare Angela Napoli.

Pochi altri saranno sfuggiti. Le nostre scuse.

Ciò che non sfugge è il disinteresse della classe politica quando di mezzo vi sono certi temi e, soprattutto, determinate famiglie.Quella stessa classe politica che invece si spella le mani verso le forze dell'ordine quando a finire in manette sono poveri cristi, immigrati o soggetti della criminalità organizzata di piccolo calibro.

C'è chi ha preferito commentare l'assemblea pubblica svolta a Reggio Calabria, chi ha dato la propria idea sui trasporti, chi ha attaccato sui temi della sanità. Quasi tutti, invece, hanno fatto finta di non notare che in manette sono finiti alcuni dei padroni della città.

Ma, del resto, per alcuni schierarsi contro i De Stefano sarebbe stato un po' come sputare nel piat dove si è mangiato (e si mangia).