Mentre gli investigatori monitorano le tensioni che si sono create con l’omicidio del rampollo di una delle cosche storiche della ‘ndrangheta nel timore di reazioni, vengono a galla dettagli sulla dinamica dell’uccisione di Antonio Bellocco, massacrato con quasi una decina di coltellate al petto e alla gola dall’ex amico e rivale negli affari illeciti della curva interista Andrea Beretta, al vertice della curva da quasi due anni, dopo l’assassinio dello storico leader Vittorio Boiocchi. “Cos’è questa storia che mi volete ammazzare?”.
Sarebbero queste le parole che Beretta, 49 anni e che pare non avesse digerito la presenza di un uomo di quel clan nel direttivo della curva, avrebbe rivolto mercoledì mattina a Bellocco appena salito nella sua auto, davanti alla palestra di Cernusco sul Naviglio. E il 36enne – con madre ancora al 41bis, padre morto in carcere, avvicinatosi ai capi curva nerazzurri dopo la morte di Boiocchi, freddato da killer non ancora individuati – gli avrebbe risposto: “Sì ammazziamo te e tutta la tua famiglia”.
E lui avrebbe replicato: “Figlio di p…., io non ho paura di te”. Come emerge dalle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, coordinate dai pm di Milano Paolo Storari e Sara Ombra, e da dichiarazioni del capo ultrà agli inquirenti, Beretta sarebbe, infatti, venuto a conoscenza del fatto che il clan Bellocco lo voleva “eliminare”.
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Per questo, ha spiegato, girava armato di pistola, con matricola abrasa, e coltello a serramanico. Il leader della “nord”, come scrivono i pm nella richiesta di convalida del fermo e di custodia cautelare in carcere, ha messo a verbale “il movente prossimo e remoto dei fatti” di due giorni fa.
Da un lato, appunto, la paura di essere fatto fuori dai Bellocco, dall’altro le “pretese” del 36enne erede della potente cosca sui business illeciti, come sugli “utili” di un negozio di merchandising a Pioltello, nel Milanese. E mentre si indaga da tempo sul mondo delle curve, su alleanze e infiltrazioni della criminalità organizzata, riguardo all’omicidio i pm negli atti chiariscono, sulla base di testimonianze e immagini di videosorveglianza, che Beretta non è stato “vittima di un’aggressione”.
Beretta aveva sia la pistola che il coltello e l’ipotesi è che il 49enne, entrato nella macchina di Bellocco, dopo quel breve botta e risposta avendo saputo che il 36enne voleva farlo ammazzare, avrebbe tirato fuori la pistola e sarebbe iniziata una colluttazione. La ferita di striscio all’anca Beretta, “indole violenta” e una sfilza di “precedenti penali”, potrebbe essersela fatta mentre impugnava l’arma, cercando di sparare a Bellocco, e poi, caduto a terra il caricatore, l’avrebbe accoltellato.
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Sul corpo il capo della “nord” ha infierito, anche rientrando nella macchina, dopo essere caduto fuori, fino a quando è stato tirato via da due testimoni. Quei due che poco prima, come scrivono i pm, aprendo la portiera lato passeggero avevano visto “quanto accaduto” dentro, mostrando “la loro preoccupazione ed il loro stupore per la vista di un corpo privo di vita”.
Mentre oggi Beretta nel carcere di Opera si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti alla gip Lorenza Pasquinelli, che depositerà l’ordinanza di convalida del fermo e di custodia cautelare, bisognerà verificare, anche attraverso l’autopsia, se sia stato sparato un altro colpo. Un teste ha riferito di aver sentito uno sparo e un rumore simile.
Nel frattempo, altri ultrà potrebbero essere convocati nelle indagini.