Gli avvocati Rosario Infantino e Francesco Albanese hanno diffuso un comunicato stampa per fare chiarezza in relazione al contenuto di diversi articoli di stampa pubblicati in merito al provvedimento cautelare di natura interdittiva emesso dal GIP di Reggio Calabria nei confronti dei dottori Correale e Giannicola, avuto riguardo al procedimento penale che attualmente li vede indagati.
Ciò soprattutto in relazione all’evidente allarme sociale che il contenuto di detti articoli ha sicuramente diffuso nei confronti dei pazienti oncologici (e dei relativi familiari) che sono stati in cura presso il reparto di oncologia del GOM negli anni di interesse, nonché nei confronti della collettività, diffondendo l’idea che il dottore Correale abbia gestito il reparto di oncologia del GOM di Reggio Calabria come una sorta di laboratorio di sperimentazione fuori legge di terapie oncologiche sperimentali.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE >>> Farmaci oncologici guasti o senza consenso al Gom di Reggio Calabria: i nomi dei medici coinvolti
In primo luogo, va evidenziato come in relazione alla contestazione di omicidio colposo di un paziente, che l’Ufficio di Procura ipotizza essere stato effetto di una erronea diagnosi terapeutica del dottor Correale e, successivamente, di tutti gli altri medici del reparto (per come evidenziato dallo stesso GIP nel corpo dell’ordinanza), il Giudice abbia escluso la fondatezza della ipotesi di accusa poiché la presunta erronea diagnosi terapeutica NON ha in alcun modo inciso sul successivo decesso del paziente, poiché la presenza di gravissime metastasi celebrali e polmonari avrebbe reso comunque del tutto inutile anche l’eventuale terapia ritenuta corretta. Anzi, secondo lo stesso Giudice, proprio la presenza di gravissime metastasi celebrali ha giustificato la somministrazione di quella diversa opzione terapeutica.
Il giudice ha altresì ritenuto del tutto insussistente la condotta di sottrazione ovvero distruzione di una lettera di dimissioni del paziente suddetto, poiché la Difesa ha documentalmente dimostrato che in realtà tale documento non venne mai sottratto da Correale ovvero da Giannicola come invece i denuncianti (altri medici del medesimo reparto di oncologia) avevano perentoriamente sostenuto.
Il Giudice ha invece ritenuto la sussistenza (in termini di gravi indizi di colpevolezza, cosa ben diversa dalla certezza della responsabilità penale che giustifica una condanna) in merito alla imputazione di somministrazione di “farmaci imperfetti” contestata ai dottori Correale e Giannicola.
A tal riguardo, giova fare chiarezza soprattutto per la evidente confusione che potrebbe essere generata per effetto degli articoli di stampa in cui si scrive di somministrazione ai pazienti di “farmaci guasti” ovvero di “farmaci scaduti”, nonché per il fatto che la genericità con la quale vengono riportati alcuni passaggi dell’ordinanza emessa dal GIP trasmette ai lettori l’erroneo convincimento che l’uso di tali farmaci avvenisse in maniera indiscriminata nei confronti di tutti i pazienti oncologici in cura al reparto di oncologia del GOM ed in maniera del tutto fuori controllo. Peraltro, negli articoli di stampa vengono riportati quasi esclusivamente i contenuti delle denunce ovvero delle dichiarazioni dei medici denuncianti, senza dare alcuno spazio agli elementi contrari offerti dagli indagati i quali hanno risposto ciascuno per ben 8/9 ore al Giudice depositato una notevole mole di documenti difensivi.
Infatti, in molti articoli si scrive esplicitamente di “sperimentazione fraudolenta su tutti i pazienti”, di pazienti trattati “come numeri” che “morivano dopo 3, 10 giorni” dalla somministrazione di tali terapie che sarebbero il frutto di “protocolli terapeutici di loro elaborazione” somministrati ai pazienti in “dispregio delle normative di settore e delle linee guida terapeutiche”. In sostanza, gli articoli di stampa sembrano volere descrivere alla attenzione del lettore l’esistenza di una sorta di “lager” presso il reparto di oncologia del GOM in cui i pazienti oncologici venivano utilizzati per delle sperimentazioni terapeutiche fraudolente che avrebbero comportato delle conseguenze dannose nei confronti degli stessi.
Sul punto, appare indispensabile chiarire che: 1) tali “fraudolente” terapie sarebbero state somministrate soltanto nell’arco temporale tra il marzo 2017 e il maggio 2018; 2) in tale arco temporale di più di un anno, a fronte di un numero di pazienti pari a circa 900 trattati presso il reparto di oncologia del GOM, i casi di presunta somministrazione di “farmaci imperfetti” sono soltanto 13; 3) il riferimento a “farmaci imperfetti” non equivale a farmaco guasto ovvero scaduto; piuttosto, l’ipotesi dell’accusa è che per quei 13 pazienti su 900 il protocollo terapeutico sia stato somministrato: a] per “indicazioni terapeutiche non previste ovvero con posologia diversa dall’Autorizzazione alla immissione in commercio degli stessi”, b] in assenza dei presupposti normativi per la somministrazione in regime di off label (utilizzo di un farmaco per impiego diverso da quello per il quale è stato autorizzato) ovvero per “uso compassionevole” (uso terapeutico di farmaci sperimentali al di fuori degli studi clinici), c] in assenza di protocolli clinici sperimentali autorizzati.
Sicché, appare evidente che l’ipotesi di accusa non riguardi certo l’utilizzo di farmaci “guasti” o “scaduti”, ma ben altro.
Ovviamente, nel corso dei corposi interrogatori resi al Giudice dai dottori Correale e Giannicola, entrambi hanno fornito tutti gli elementi documentali per dimostrare la assoluta correttezza del loro operato medico e soprattutto il fatto che l’utilizzo di quel protocollo terapeutico fosse corretto e frutto di numerosi studi scientifici che ne acclaravano la bontà terapeutica, che però il Giudice ha ritenuto di non condividere. Ovviamente, la Difesa provvederà a proporre appello dinanzi al Tribunale della Libertà al fine di dimostrare la fondatezza della tesi difensiva che in sostanza ritiene di essere in grado di dimostrare documentalmente che le ragioni dell’utilizzo di quella terapia ritenuta “imperfetta” (nei termini precisati) erano dovute al fatto che quei 13 pazienti fossero purtroppo malati molto avanzati e ampiamente “pretrattati” secondo linee guida, i quali spontaneamente hanno dato il consenso a sottoporsi – in fase terminale – ad una terapia salvavita che prevedeva l’uso combinato di farmaci, tutti approvati e quindi non sperimentali, né tantomeno di personale elaborazione di Correale o Giannicola, in regime di “off label”, per cui l’alternativa terapeutica per quei poveri pazienti e per i loro familiari rimaneva il “non curare” in mancanza di alternative terapeutiche. Anzi, nel corso degli interrogatori, nonché attraverso una corposa memoria difensiva, i dottori Correale e Giannicola hanno dimostrato che per effetto della somministrazione di quella terapia quei pazienti hanno conseguito un sicuro beneficio clinico in termini di sopravvivenza.
Da ultimo, appare rilevante evidenziare il fatto che nonostante l’analisi di tutti i 900 casi, nonché in dettaglio di ben 300 cartelle cliniche, i consulenti tecnici (specialisti in oncologia) del pubblico ministero non hanno ravvisato alcuna conseguenza dannosa in termini di lesioni colpose nei confronti dei pazienti, né tantomeno hanno segnalato che il decesso di qualcuno dei suddetti pazienti oncologici fosse stato dovuto alla somministrazione di quella terapia qualificata in termini di “farmaco imperfetto”, tanto è vero che in relazione ai suddetti 13 pazienti, il Pubblico Ministero non ha mai contestato alcuna ipotesi di lesioni colpose ovvero di omicidio colposo
Il Giudice ha inoltre ritenuto sussistente la contestazione di falso materiale ed ideologico in quanto gli indagati avrebbero inserito nel registro AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) di monitoraggio di somministrazione dei farmaci oncologici i dosaggi prescritti e somministrati, indicando dosaggi superiori a quelli realmente somministrati ai pazienti inseriti in registro, indicando patologie diverse da quelle reali al fine di consentire la somministrazione di quello specifico farmaco oncologico.
Ciò, al fine di somministrare la quota di farmaco in eccedenza ad altri pazienti che non ne avrebbero avuto diritto con rimborso a carico del SSN, in quanto non affetti da quella specifica patologia tumorale (cancro al polmone) per la quale quello specifico farmaco era indicato dall’AIFA come rimborsabile.
Anche in questo caso, appare opportuno evidenziare: 1) che in un arco temporale di ben 4 anni (2017-2021) ai quali si riferisce l’imputazione, i pazienti che avrebbero usufruito di questo trattamento favorevole sarebbero stati 20 su un numero di circa 3.000; 2) che in ogni caso, per come i dottori CORREALE e GIANNICOLA hanno documentato al Giudice in sede di interrogatorio, si trattava di pazienti che avevano i requisiti per ricevere la somministrazione di quel farmaco con inserimento in registro AIFA e che comunque la somministrazione dello stesso ha prodotto effetti benefici bei confronti dei medesimi; 3) che la ritenuta discrasia viene dedotta dal semplice confronto tra i registri AIFA acquisiti presso la farmacia ospedaliera del GOM e i soli frontespizi delle cartelle cliniche dei pazienti, non già dalla analisi delle cartelle cliniche nella loro interezza che nella quasi totalità non sono state acquisite nel corso delle indagini; 4) che l’affermazione che il presunto sovradosaggio fosse finalizzato a somministrare la quota di farmaco in eccedenza ad altri pazienti che non ne avrebbero avuto diritto con rimborso a carico del SSN, in quanto non affetti da quella specifica patologia tumorale costituisce una mera ipotesi considerato che, da un lato tale prospettazione appare oggettivamente non realizzabile in quanto non si comprende come il farmaco che porta un’etichetta prescrittiva con nome cognome del paziente e del medico prescrittore possa essere somministrato ad altro paziente per la presunta quota di sovradosaggio che non è nemmeno concretamente ottenibile, dall’altro il fatto che non sono stati individuati i pazienti a quali la quota di farmaco in sovradosaggio sarebbe stato poi somministrato e sulla base di quale criterio così strettamente iper-selettivo (20 su circa 3.000); 5) che le suddette schede AIFA venivano compilate e registrate anche da altri medici del reparto di oncologia [tra i quali gli stessi denuncianti: Dr.ssa Agostino (con ben 418 prescrizioni, benché sprovvista di autorizzazione AIFA ad effettuarle per come dimostrato dagli indagati), Dr. Maisano, Dr. Mafodda).
Fatte le suddette opportune precisazioni, pur rispettando la decisione allo stato adottata dal GIP, i dottori Correale e Giannicola ribadiscono l’infondatezza dei fatti allo stato loro contestati e confermano la loro assoluta fiducia nell’operato della magistratura e confidano nella giustizia.