di Valeria Guarniera - Quando - seguendo il meraviglioso racconto di Leonida Repaci - fu il giorno della Calabria, il Signore non si risparmiò affatto: mosso da un vigore creativo fece un vero e proprio capolavoro: diede il sole a tutte le stagioni, un mare sempre viola, un clima perfetto, profumi inebrianti e una natura incontaminata, ricca di elementi unici e caratterizzanti. "Volle che le madri fossero tenere, le mogli coraggiose, le figlie contegnose, i figli immaginosi, gli uomini autorevoli, i vecchi rispettati, i mendicanti protetti, gli infelici aiutati, le persone fiere leali socievoli e ospitali, le bestie amate". E quando – continuando il racconto – stanco e soddisfatto per il capolavoro raggiunto, cadde in una dolce sonnolenza, il Maligno ne approfittò per assegnare alla Calabria le calamità: l'analfabetismo, L'Onorata Società, la vendetta, l'omertà, la violenza, la miseria e le necessità: il bisogno di giustizia e di libertà, la sete di grandezza e di novità. E ancora, quando il Signore, svegliatosi dal lungo sonno, si rese conto della rovina recata alla Sua creatura prediletta, preso dall'ira scaraventò il Maligno nella profondità degli abissi e poi, "lentamente rasserenandosi, disse: - Questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e debbono seguire la loro parabola. Ma essi non impediranno alla Calabria di essere come io l'ho voluta. La sua felicità sarà raggiunta con più sudore"
Quello che noi proveremo a raccontare è il sudore di chi in questa terra, a lottare con quei mali e bisogni, ci è rimasto. Scegliendo di restare, nonostante le difficoltà. Rifiutando i compromessi. Dicendo no alla possibilità di andare via. E lo puntualizziamo: non c'è niente di male a non voler restare, spesso è una scelta quasi obbligata. Cercare la propria fortuna altrove a volte è necessario se si vuole davvero dar vita ai sogni. Riteniamo, comunque, che certe storie debbano essere raccontate. Persone, più o meno note, che hanno investito su questa terra provando a realizzare qui i loro sogni. Riuscendoci, a volte. Dovendo lottare, spesso. Chiedendosi perché, sempre.
Un cambio di prospettiva, tenendo ben presenti tutti i punti di vista. Una finestra lasciata aperta, per far cambiare l'aria. Una strada da percorrere. Un tesoro da scoprire. Una terra a cui ridare la dignità attraverso storie che la rendono grande. Forte. Testarda. Ma anche fragile. Delicata. Sognatrice. Un riscatto da pagare per la restituzione dei sogni rubati, delle speranze cadute e delle sconfitte subìte.
Andremo oltre le ombre, quelle le conosciamo bene: ci opprimono, ci spezzano le ali, ci spingono a volercene andare. Partiremo da ciò che c'è di buono: vite straordinariamente ordinarie. Persone eccezionalmente normali. Piccole api operaie che, a testa alta, ripuliscono la nostra terra dal fango e con il loro sudore la nutrono rendendola di nuovo fertile: guardiane attente a difesa di ciò che resta. Caldi e luminosi raggi di sole calabresi che, della scelta forte e consapevole di affermare "vivo la mia terra: resto in Calabria" ne hanno fatto una scommessa che, quotidianamente, provano a vincere.
Nonostante tutto.
Partiremo da persone più o meno conosciute, andando oltre la facciata: scavando, con discrezione, nei loro cuori. Proveremo a parlare di eroi normali, che nell'ombra lavorano e piantano semi. Tesori da scoprire. Cercheremo di rispondere alla domanda che, in maniera insistente, la vecchia generazione pone alla nuova: "ma perché non te ne vai da questa sfortunata Regione?" e di spiegare che ad amarla "questa Regione" non c'è niente di male perché è proprio vero che, come cantava il poeta, "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.."