Scopelliti: “Il carcere è un abisso profondo, mi sarei aspettato visita di Gasparri e La Russa. Alfano? Non era un vero leader”

scopelliti ncd 600"Il primo ricordo che mi viene in mente pensando al momento in cui sono entrato in cella? Sentire il rumore metallico delle chiavi e delle porte di ferro che si chiudono alle tue spalle ti fa avvertire una sensazione di distacco dal mondo reale. Come se si perdesse il filo conduttore della vita e si accedesse ad una dimensione sconosciuta. E poi l'incognita: la paura e l'ansia generate da un 'circuito', quello del carcere, che appare come un abisso profondo che vorresti superare, ma che non riesci a misurare". Lo scrive l'ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, in un passaggio del suo nuovo libro 'Io sono libero'.

"Entrando in questo mondo - scrive l'ex governatore della Calabria - ho subito ricordato le mie visite al cimitero, quando andavo a pregare per i miei cari: da vivo camminavo tra i morti, percorrevo i sentieri in mezzo ai sepolcri con l'idea di dover continuare il racconto della vita non appena fossi uscito da quel campo santo. Ora, invece - racconta Scopelliti - mi sentivo seppellito senza esser morto, murato ma ancora vivo. Non saprei come spiegarlo meglio - scrive - Certo, la morte è una condizione definitiva, a differenza del carcere. Ma, è quello che ho pensato: a una sepoltura in vita".

Scopelliti inaugurò la casa circondariale di Arghillà (dal nome della località sita su una collina a nord della città di Reggio Calabria) nella quale è detenuto. "Nel 2013 effettivamente fui presente alla cerimonia, in qualità di Presidente della Regione Calabria. Da Sindaco, invece, avevo più volte sollecitato il Ministero della Giustizia affinché rifinanziasse l'opera, dal momento che per molti anni era rimasta incompiuta. Quante lettere - si legge - quanti incontri per realizzare una struttura moderna, come quella attuale, che sarebbe sorta in una delle zone panoramiche più belle della città. Strano a dirsi, ma anche da detenuto amo scrutare tutto ciò che l'occhio riesce a scorgere".

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"Le lettere o le visite che mi sarei aspettato e che invece non ho mai ricevuto? Quelle di Maurizio Gasparri e di Ignazio La Russa. Proprio loro che, unitamente a Gianfranco Fini e Altero Matteoli, nonostante la mia giovane età, avevano fortemente voluto la mia candidatura a Sindaco di Reggio Calabria",scrive l'ex presidente della Regione Calabria, che aggiunge: "Ero un giovane e apprezzato dirigente del partito - scrive - assessore regionale al lavoro, che sapeva coniugare la responsabilità istituzionale alla vitalità e all'efficacia della militanza, ma non era scontato ricevere anche il loro sostegno, nonostante con Gasparri e La Russa, all'interno del Movimento Sociale Italiano prima, e di Alleanza Nazionale poi, avevo condotto innumerevoli battaglie divenendo uno degli esponenti più rappresentativi della componente Destra Protagonista".

"È vero - ammette Scopelliti - nel tempo ho fatto scelte diverse, ma non ho mai sacrificato i rapporti personali sull'altare delle posizioni politiche; rapporti umani che per me vengono prima di tutto. Ho molto apprezzato, invece, i sentimenti di stima e di affetto che in questi mesi mi sono stati manifestati da altri esponenti della destra di un tempo, da Gianni Alemanno a Francesco Storace a Claudio Barbaro ".

Nel 2013, Scopelliti aderì al Nuovo Centro Destra, creatura politica di Angelino Alfano nata dopo la scissione nel Pdl: "Che fine ha fatto Angelino Alfano? Non ne ho notizie. Credo che sia il politico pensionato più giovane della storia repubblicana. Quando lo abbiamo eletto Segretario nazionale del Popolo della Libertà, ero convinto che fosse iniziata una fase nuova per il centrodestra italiano e che Alfano sarebbe diventato effettivamente il successore di Berlusconi, così come lui stesso lo aveva indicato dopo l'estromissione di Gianfranco Fini. Mi ero fidato soprattutto dell'intuito di Silvio, che lo annoverava tra le persone a lui più vicine. Non soltanto - prosegue l'ex governatore della Calabria - la collaborazione attiva e concreta dentro al PdL, ma anche la nascita del Nuovo Centro Destra, mi aveva visto protagonista al suo fianco. Ricordo ancora gli articoli dei quotidiani nazionali quando, all'indomani del voto di fiducia al Governo Letta, avevano riportato che tra i ventitré senatori determinanti per garantire la continuità di quell'esperienza, sei erano siciliani, vicini ad Angelino Alfano, e cinque calabresi, legati a Scopelliti. Tuttavia, già dopo qualche mese dalla nascita di Ncd, erano cominciati i primi scricchiolii. Avevo intuito la debolezza della leadership di Alfano - spiega Scopelliti - quando, durante una riunione a Palazzo Chigi, avevo visto uscire dalla sua stanza l'allora Ministro dell'Agricoltura Nunzia De Girolamo alquanto turbata. Il neonato Ncd - aggiunge - non era in grado di difendere da ignobili accuse, soprattutto mediatiche, neanche i suoi fondatori. In quel caso, ad essere colpita era, appunto, la De Girolamo: fu lo stesso Alfano a chiederle le dimissioni per le vicende che la vedevano coinvolta nello scandalo delle nomine nella sanità in Campania, avvertendola che il partito non l'avrebbe sostenuta. La Di Girolamo fu la prima - scrive Scopelliti - Da lì a breve sarebbe toccato un po' a tutti, da Quagliariello a Lupi. E, prima ancora, sarei stato colpito anch'io. Avevo deciso di parlare con Alfano. Lo raggiunsi al Viminale per spiegargli a quale principio inamovibile avevo sempre ispirato la mia azione. Un leader, se crede nella lealtà e nella onestà dei suoi uomini, ha il dovere di difenderli fino alla morte. Così non fu. In quella circostanza mi resi conto che Berlusconi non aveva sbagliato parlando, poco dopo l'elezione di Alfano alla segreteria nazionale del PdL, del famoso quid che gli mancava per farne un vero leader", conclude.