La versione di Giuseppe Scopelliti: “Sono stato ucciso politicamente. Condanna costruita fuori dalle aule di giustizia”

scopellitigiuseppe pp"Io sono stato ucciso politicamente. A volte le condanne si costruiscono anche fuori dalle aule di giustizia. Dal 2011 in poi, ho dovuto far fronte a un vero e proprio accerchiamento".

Lo scrive l'ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, nel suo nuovo libro 'Io sono libero' pubblicato da Luigi Pellegrini editore. L'ex sindaco del "Modello Reggio" sta scontando in carcere una condanna definitiva a 4 anni e 7 mesi per falso ideologico, nell'ambito del "caso Fallara".

In un passaggio del suo libro-intervista, l'ex governatore punta il dito contro la stampa: "Basti pensare che qualche quotidiano locale, in pochi mesi, aveva dedicato quattordici prime pagine e oltre quaranta articoli al procedimento penale che avrebbe portato alla mia condanna. Ogni articolo – sostiene Scopelliti - aveva il sapore di uno scoop giornalistico e veniva diffuso sui social e sulle testate online, anche quando la notizia non c'era (ero pur sempre il presidente della Regione Calabria!). Anche le testate nazionali - si legge - evidentemente 'imbeccate' da referenti locali, contribuirono a creare quel clima di delegittimazione che rappresentò l'anticamera della condanna".

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Scopelliti è stato sindaco della città di Reggio Calabria dal 2002 al 2010, prima di diventare governatore. Quel Comune che nel 2012, sotto la sindacatura Arena, verrà sciolto per contiguità con la 'ndrangheta. Sulle organizzazioni criminali e, in particolare, sulla 'ndrangheta, Scopelliti scrive: "Sono la negazione della Civiltà, della Cultura, dell'Umanità; tradiscono il patto sociale, alterano le leggi dell'economia e del mercato, generano morte e distruzione. Al di là di questi aberranti effetti, a tutti noti, ho sempre creduto – sostiene l'ex sindaco – che la 'ndrangheta sia il principale fattore di limitazione dello sviluppo e del progresso del nostro territorio".

"Da sindaco - si legge ancora - mi sono fortemente battuto per l'adozione di un provvedimento che, mai prima di allora, Reggio Calabria aveva conosciuto: l'assegnazione alla collettività dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Infatti, nonostante lo Stato fosse riuscito a privare i mafiosi dei patrimoni illegalmente accumulati, l'azione restava spesso incompiuta a causa delle difficoltà o, meglio, delle reticenze che gli Amministratori mostravano all'atto della firma del 48 provvedimento di assegnazione. Firmai io, da sindaco - scrive Scopelliti - lo sgombero e l'attribuzione degli immobili occupati dai familiari delle principali cosche di 'ndrangheta del territorio di Reggio. Nessun altro prima di me l'aveva fatto. Posso certamente affermare che questi provvedimenti si sarebbero potuti adottare molto tempo prima, ma, evidentemente, la reticenza dei precedenti amministratori lo aveva impedito".

L'ex governatore, detenuto nel carcere di Arghillà, a Reggio Calabria, definisce la sua vicenda "drammaticamente singolare, che segna, tuttavia, un pericoloso precedente da cui nessun amministratore potrà dirsi al riparo, ora che è accaduto per la prima volta".