Tony Bennett, il leggendario cantante pop e jazz di New York, è morto all’età di 96 anni. Bennett era famoso per canzoni come (I Left My Heart) In San Francisco, The Way You Look Tonight, Body and Soul hanno abbellito una carriera decennale che gli ha portato ammiratori da Frank Sinatra a Lady Gaga, è morto venerdì. Tra due settimane sarebbe stato il suo compleanno. La pubblicista Sylvia Weiner ha confermato la morte di Bennett all’Associated Press, dicendo che è morto a New York, sua città natale. A Bennett era stato diagnosticato il morbo di Alzheimer nel 2016, anche se non ci sono cause specifiche sul motivo del decesso.
Bennett che ha pubblicato più di 70 album, vinto 19 Grammy, di cui due dopo aver raggiunto i 60 anni e un premio alla carriera, ha goduto sempre di un affetto profondo e duraturo da parte di fan e colleghi artisti, affermando che la sua ambizione per tutta la vita era quella di creare “un catalogo di hit piuttosto che dischi di successo”.
“Oltre 100 album realizzati e 50 milioni di dischi venduti in 70 anni di carriera. Con Tony Bennet scompare indubbiamente uno dei più grandi artisti che l’America abbia mai avuto, considerato non a caso l’ultimo grande crooner. Allo stesso tempo possiamo sostenere, con orgoglio, che oggi diciamo addio ad un autentico figlio della Magna Grecia”. E’ quanto dichiara in una nota Nino Foti, Presidente della Fondazione Magna Grecia. Lo stesso orgoglio, prosegue Foti, con cui Bennet – che ho avuto il piacere di incontrare più volte in occasione degli eventi organizzati dalla NIAF (National Italian America Foundation) di cui ho fatto parte per lunghi anni e dalla nostra Fondazione negli Stati Uniti – ha sempre ricordato le proprie origini mantenendo con la nostra terra un legame fortissimo”.
Figlio di Anna Suraci e John Benedetto, originario di Podargoni, frazione del Comune di Reggio Calabria, Anthony Dominick Benedetto, questo il suo nome originario, ha legato alla Calabria anche l’origine della sua passione per la musica.
“Amo la Calabria, l’ho visitata – dichiarò in una intervista RAI -. Mio padre usava cantare sulla cima di una montagna per farsi sentire da tutto il villaggio e, una volta arrivato negli Stati Uniti, ha insegnato il canto anche a me e a mio fratello. Questo ha creato in me una passione che non si è mai fermata”.
“Custodirò sempre i momenti dei nostri incontri – conclude Foti- i suoi racconti, la sua voglia di ripercorrere un giorno le strade da dove tutto ebbe inizio, e quel disappunto che a volte mostrava per come la Calabria e i calabresi fossero stati raccontati e di conseguenza percepiti oltre oceano. Sono certo che fra i segni indelebili che questo grande artista ha lasciato troverà il giusto posto anche la sua voglia di sentirsi sempre parte della nostra storia”.