Melito Porto Salvo (RC): ecco perché i giudici hanno “salvato” il sindaco Meduri

melitoportosalvodi Claudio Cordova - E' una boccata d'ossigeno quella che arriva dal Tribunale Civile di Reggio Calabria per il sindaco di Melito Porto Salvo, Giuseppe Meduri. Il Collegio presieduto da Giuseppe Campagna (Elena Luppino e Marco Saran a latere) ha infatti rigettato il ricorso proposto dal principale avversario, l'ingegnere Giovanni Marino, sconfitto per un centinaio di voti alle ultime consultazioni elettorali nel Comune dell'area grecanica, dopo l'ennesimo scioglimento per 'ndrangheta dell'Ente.

Meduri, da mesi politicamente assediato, viene "salvato" dai propri legali, gli avvocati Giovanna Cusumano e Carlo Morace, che, di fatto, tengono per adesso in vita l'Amministrazione Comunale insediatasi alcuni mesi fa. L'ingegner Marino – per il tramite del proprio legale, Maurizio Punturieri – chiedeva infatti l'incandidabilità di Meduri in base alla Legge Severino: Meduri, infatti, pregiudicato per il reato di intestazione fittizia nel cosiddetto caso Cofor, la ditta che sarebbe stata nella disponibilità dei fratelli Giovanni e Antonino Guarnaccia, ritenuti assai vicini alla 'ndrangheta cittadina. Alla fine degli anni '90, infatti, la Procura di Reggio Calabria metterà nel mirino i lavori pubblici appaltati grazie alle infinite somme del "Decreto Reggio". Un presunto meccanismo in cui un ruolo di rilievo l'avrebbero rivestito i fratelli Guarnaccia e la Co.For, appunto. Secondo gli inquirenti, Meduri avrebbe gestito fittiziamente come prestanome, mentre i reali proprietari sarebbero stati proprio i Guarnaccia. Meduri, dunque, arriverà alla condanna definitiva per il reato di 12 quinquies, che punisce l'intestazione fittizia di beni. Sostanzialmente, quindi, l'attuale sindaco melitese verrà accusato (e riconosciuto colpevole) di essere un prestanome dei Guarnaccia, ma anche di un altro soggetto, Sebastiano Nocera. I Guarnaccia, infatti, avevano necessità di schermarsi per eludere misure di prevenzione, essendo peraltro interdetti dalla possibilità di concludere contratti con la Pubblica Amministrazione. Nocera, invece, è un soggetto che in passato è stato anche coinvolto in indagini di 'ndrangheta, con la pesante accusa di omicidio. La pronuncia della Cassazione è del 29 aprile 2009, allorquando verranno frustrate le argomentazioni difensive di tutti gli imputati. Meduri avrebbe riportato una condanna sia in primo che in secondo grado (giudizi di merito) a un anno e sei mesi di reclusione. La Cassazione ratificherà tutto, sostenendo che "la società CO.FOR. era stata costituita per eludere, attraverso la intestazione fittizia delle quote societarie a parenti, amici o comunque fiduciari, il divieto di partecipazione ad appalti pubblici che gravava sulle società ICEM, GIENNE, SANT'AGATA CALCESTRUZZI, in ragione del decreto di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale emesso in data 20 giugno 1994 dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti dei fratelli Guarnaccia".

Una vicenda che sarà sollevata proprio dal Dispaccio, che si attirerà - privatamente e pubblicamente - le invettive del nuovo primo cittadino melitese.

Meduri resta quindi un pregiudicato, ma ciò che conta, resta alla guida del Comune di Melito Porto Salvo. Il Tribunale Civile di Reggio Calabria, infatti, dà ragione alle argomentazioni degli avvocati Cusumano e Morace, a cominciare dalla questione della nullità della procura sollevata dall'avvocato Punturieri, che sosteneva come Meduri si fosse costituito non come privato cittadino, ma come sindaco di Melito Porto Salvo. "Tesi suggestiva" scrivono i giudici, che però superano la questione nelle prime pagine della sentenza.

Ciò che più interessa, però, è che il Tribunale escluderà cause di incandidabilità nei confronti di Meduri. La sua condanna, poiché non aggravata dalle modalità mafiose, non fa scattare nei confronti di Meduri la Legge Severino, emanata con il chiaro obiettivo di abbattere il livello di corruzione della politica italiana. Di questo è convinto il Collegio presieduto da Pino Campagna: "Questo procedimento – scrivono i giudici – non costituisce un ulteriore grado di giudizio o un'appendice straordinaria del processo penale già celebratosi, dove sarebbe possibile rivisitare le valutazioni operate in sede penale e diversamente interpretare i fatti contestati al Meduri sui quali si è invece formato un giudicato che, piaccia o non piaccia, ha acclarato la sua responsabilità penale".

Pesa la condanna definitiva del sindaco Meduri, ma non rientra nelle fattispecie previste dalla "Severino", in quanto non aggravata dalle modalità mafiose: "Non può sottacersi – scrivono i giudici – che tale circostanza aggravante, sebbene sia stata inizialmente contestata dall'Ufficio di Procura all'odierno resistente, è stata successivamente esclusa dallo stesso organo inquirente in sede di richiesta di rinvio a giudizio; deve aggiungersi che dalle allegazioni di parte resistente emerge viepiù che il soggetto avvantaggiato dall'intestazione fittizia, tale Guarnaccia Giovanni, è stato assolto dal reato associativo per non aver commesso il fatto e che il coimputato, tale Nocera Sebastiano, è stato assolto dal reato di giudizio abbreviato in quanto estraneo alla compagine associativa della Cofor". Da qui, dunque, il giudizio che il Collegio fornisce sulla difesa portata avanti dagli avvocati Cusumano e Morace, che hanno smontato la ricostruzione giuridica prospettata secondo cui il concorso nel reato di intestazione fittizia, poiché finalizzato all'elusione delle misure di prevenzione, costituisca una fattispecie che avrebbe agevolato la 'ndrangheta.

Insomma, al netto della condanna, Peppe "Sardina" (così verrà appellato nelle intercettazioni agli atti del procedimento "ADA", dove è stato coinvolto e condannato in primo grado un suo parente quale referente della 'ndrangheta di Prunella) resta sindaco di Melito Porto Salvo. Su di lui, però, arriva la riflessione morale messa nero su bianco dai giudici: "Non spetta certamente a questo organo giudicante esprimere giudizi di valore di natura morale e/o etica in ordine all'opportunità di candidare a sindaco di un Comune già sciolto per infiltrazioni mafiose e che ha già registrato l'arresto di ben due primi cittadini, nonché un provvedimento di incandidabilità di gran parte dei componenti dell'ultimo consiglio comunale per contiguità mafiose, un soggetto che abbia riportato una condanna penale definitiva. Potrebbe anche ritenersi opportuno (ma ciò varrebbe non solo ovviamente per Melito Porto Salvo ma come criterio di carattere più generale, tenuto conto, senza andare troppo lontano, dei numerosissimi Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose nel solo territorio reggino e degli altrettanti numerosi provvedimenti emanati da questo Tribunale con i quali è stata dichiarata l'incandidabilità di numerosi amministratori e rappresentanti locali) che sia dichiarato "incandidabile" l'aspirante candidato alla carica elettiva che, sottoposto ad uno screening da parte di un organo interno del partito o del movimento politico appositamente istituito, pur possedendo i requisiti soggettivi richiesti dalla legge per proporre la propria candidatura, difetta di ulteriori e più stringenti requisiti soggettivi previsti da regolamenti interni ai movimenti o ai partiti politici, meglio conosciuti come Codici etici. Trattasi di requisiti che interessano anche la sfera morale e sociale dell'aspirante candidato, che però devono essere valutati con il metro della mera opportunità".

Parole dure, quelle del Collegio. Parole che pesano politicamente. E qui, piaccia o no, nemmeno gli avvocati Cusumano e Morace possono farci nulla...