La protesta No Tav arriva in Calabria. Le voci dei protagonisti a Villa San Giovanni

notav villasangiovannidi Alessia Stelitano - Si torna a combattere contro il Tav, il treno ad Alta velocità che promette di tagliare in due la Val di Susa. Mentre a Chiomonte, in provincia di Torino, gli attivisti tornano a tagliare le reti per fermare gli espropri dei terreni, che ieri avrebbero dovuto prendere il via in Valle, gli attivisti di tutta Italia hanno raccolto l'appello a estendere la mobilitazione dei Notav valligiani. Un'eco che è arrivata anche in Calabria, dove a Cosenza e nel reggino, gli attivisti hanno voluto sancire con  blocchi e  presìdi il legame tra le lotte territoriali calabresi e valsusine.

Alla stazione di Paola, nodo di scambio della rete ferroviaria cosentina, i militanti della Rete per la Difesa del Territorio "Franco Nisticò" hanno deciso di  bloccare i binari, causando un ritardo compreso tra i 20 e i 35 minuti a cinque treni. Due eurostar Reggio Calabria-Roma, un intercity Siracusa-Roma ed un altro intercity Reggio Calabria-Roma, oltre ad un regionale Paola-Sapri hanno atteso alle porte della stazione che il blocco fosse sciolto. Ma – dicono sorpresi e soddisfatti  i ragazzi della RDT – l'iniziativa non ha creato malumori tra i passeggeri. Al contrario, ha addirittura strappato degli applausi.

"La comprensione che abbiamo riscontrato tra i viaggiatori - racconta Francesco Noto, uno dei militanti RDT – non deve stupire. La gente si rende sempre più conto che i costi della Tav li pagherà tutta l'Italia, e che si tratta di un'opera che viene fatta contro la volontà della popolazione". Aggiunge un altro attivista del nodo cosentino RDT, Oreste Cozza, "La Rete Difesa del Territorio, in questi ultimi anni, ha dimostrato che un riscatto basato sulla lotta e la solidarietà, come in Valle, è possibile. La dignità che stanno dimostrando in Val di Susa - continua - è quella che, purtroppo, solo a tratti si è vista in Calabria, malgrado le speculazioni siano molto gravi anche nella nostra terra", sottolineando la necessità di maturare "un senso altro del vivere civile."

Anche nel reggino, a Villa San Giovanni, la Rete No Ponte, gli studenti universitari e i comitati per l'acqua bene comune, hanno voluto manifestare la propria solidarietà al movimento NoTav, con un presidio nei pressi della stazione ferroviaria. "Anche qui c'è un problema di espropri", ha dichiarato Peppe Marra, per la Rete No Ponte. "Abbiamo scelto Villa San Giovanni sia perchè è la città del ponte", continua Marra, sia perché qui agisce il Vincolo Preordinato per gli Espropri: "ci sono circa 600 proprietà che sono bloccate, in attesa dei famosi cantieri del ponte". Il ponte per Marra è un "fantasma", in attesa del quale i legittimi proprietari dei terreni sottoposti a vincolo non possono usufruirne come meglio credono.

Non è invece semplicemente una questione di solidarietà con i NoTav, per gli studenti universitari che hanno preso parte al presidio villese. "Tutti i tagli che si sono susseguiti in questi anni", spiega Gianmarco Cantafio, del Collettivo Unirc Ateneinrivolta, "le trasformazioni degli ordinamenti universitari, la cosiddetta riforma universitaria - prosegue - mirava semplicemente a ridurre il comparto pubblico che, nel bene e nel male, sanciva un diritto che veniva attuato". Si tratta quindi, per il Collettivo, di "smantellare diritti e dirottare fondi pubblici nel comparto privato", con sistemi identici per Tav e ponte, ma anche inceneritori e università, un meccanismo che Cantafio definisce "Italian style".

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Alle grandi opere si affiancano, di norma, pareri favorevoli o contrari degli esperti del settore: come accade per la Tav, anche per il ponte la comunità accademica calabrese ha sempre dimostrato una grande attenzione verso il tema. Da un lato i fermi oppositori, che portano avanti critiche sulla fattibilità strutturale, sul sistema di trasporti e sull'impatto ambientale della grande opera dello Stretto; dall'altro lato chi invece la vede come un'opportunità di sviluppo per l'area.

Ma il Ponte sullo stretto, per la comunità accademica dell'Università di Reggio Calabria, non è un semplice progetto di studio, ma un tema scottante.  Massimo Giovannini, il rettore "uscente" - il ministero dell'Istruzione ne sta vagliando la richiesta di dimissioni - aveva ratificato un protocollo d'intesa con la Stretto di Messina s.p.a. che agli studenti e a gran parte del corpo docente non è mai andato giù. "Per un piatto di lenticchie, l'università ha garantito uno studio sulle opere compensative – sottolineano gli studenti del collettivo - ma non è altro che il tentativo della Stretto di Messina s.p.a. di avere una certa legittimità sul territorio."

Lo stesso meccanismo secondo i ragazzi del collettivo UniRc  è stato portato avanti con la SEI, la società che dovrebbe costruire la centrale a carbone di Saline Joniche: "Il rettore – sostengono - svende il patrimonio scientifico a multinazionali e grandi lobby".
"L'ateneo reggino ha portato avanti per anni studi sulla Costa Viola e sui versanti jonico e tirrenico calabresi", dichiara Cantafio, "mirati al recupero ed alla salvaguardia dei beni paesaggistici, naturali e architettonici di queste zone. Prestare il fianco alla realizzazione di grandi opere come la Tav o il ponte - conclude - significa buttare a mare vent'anni di ricerca".