“Subito al voto anticipato per scelta etica. Lo dobbiamo ai cittadini”. Cosa dicevano Pd e Italia Viva quando i condannati in primo grado erano gli altri

falcomata25ottdi Claudio Cordova - Oggi potrebbe anche accettare la condanna in primo grado per abuso d'ufficio di un proprio importante esponente. Nonché l'affronto della nomina di due vicesindaci non di area, ma, anzi, di partiti diversi. Paolo Brunetti di Italia Viva e Carmelo Versace, di Azione. Questa la posizione assai in bilico del Partito Democratico, dopo la condanna in primo grado a un anno e quattro mesi del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, nell'ambito del processo sul "Caso Miramare".

Quella di Falcomatà, tuttavia, non è una condanna isolata che, quindi, potrebbe, politicamente, permettere al Pd di uscirne facilmente. Perché insieme a lui sono stati condannati (e, quindi, conseguentemente, sospesi dal prefetto) altri due importanti esponenti locali. Armando Neri, per anni assessore e vicesindaco di Reggio Calabria e da qualche mese vicesindaco metropolitano. Ma anche Giovanni Muraca, ugualmente fido scudiero di Falcomatà. Assessore fin dalla prima elezione nel 2014 e candidato del sindaco, proprio nel Pd, alle ultime consultazioni regionali.

Insomma, il problema politico c'è. Problema anche etico, per riprendere quanto detto dall'ormai ex vicesindaco Tonino Perna, dimissionario.

Ma la posizione del Pd non è chiara. Perché, se da un lato, non si è levata neanche una voce importante, autorevole, nazionale, a sostegno del primo cittadino di Reggio Calabria. Dall'altro, i Democratici stanno valutando. A loro dire, espliciteranno nelle prossime ore quello che dovrà essere il percorso dell'Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. E, però, dopo la condanna di primo grado (e il conseguente terremoto politico) non vi è stata neanche una presa di posizione netta sul decoro delle Istituzioni.

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Cosa che, in passato, era avvenuta.

Ma, ovviamente, in quel caso il condannato in primo grado era un nemico. Anzi "il" nemico. "Ora bisogna andare subito al voto anticipato: lo dobbiamo ai Calabresi". A parlare è l'allora segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno. Fine marzo 2014. Giuseppe Scopelliti è presidente della Giunta Regionale della Calabria e poche ore prima è stato condannato in primo grado a sei anni nell'ambito del "Caso Fallara". Sentenza, negli anni, divenuta definitiva e irrevocabile, portando l'ex sindaco del "Modello Reggio" dietro le sbarre.

Magorno chiedeva le dimissioni di Scopelliti. Lo farà, con la sua, consueta, insostenibile pesantezza, per giorni e giorni: "La notizia di questa sera conferma, anche dal punto di visto etico, la necessità di ridare la parola a calabresi. La Calabria deve voltare pagina ritrovare fiducia nella politica e affidarsi ad un'esperienza di rinnovamento e buon governo, che ponga come priorità la questione morale e della lotta alla criminalità" diceva Magorno in una dichiarazione a caldo. Poi ribadita, più e più volte nei giorni successivi.

Casi non paragonabili, si dirà. All'epoca nessuno – all'interno del Pd - smentì mai la posizione del segretario regionale dell'epoca. Nemmeno Giuseppe Falcomatà: "Il Pd tutto è mobilitato per la legalità e per chiedere elezioni subito in Calabria" diceva ancora Magorno. Proprio quell'Ernesto Magorno, renziano della prima ora, e, quindi, oggi, esponente di Italia Viva.

Italia Viva che, per bocca di qualche esponente nazionale (su tutti, Davide Faraone) difende il percorso di Falcomatà che, quindi, dovrebbe andare avanti. Anche perché, reggente di una città metropolitana come Reggio Calabria è proprio un esponente di Italia Viva.